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Debiti, partecipate in affanno

I primi effetti del pagamento dei debiti Pa arretrati fanno capolino dalla montagna di insoluto dei fornitori e anche nei rapporti tra privati.

Per la prima volta l’Osservatorio di Cerved Group sulle abitudini di pagamento delle imprese ha registrato a settembre 2013 una flessione di sette punti nello stock di fatture Pa non pagate, rispetto all’anno precedente, sceso dal 51,5% del 2012 al 44,6 per cento.

E allo stesso tempo, anche le imprese fornitrici della Pa nel terzo trimestre 2013 hanno ridotto i mancati pagamenti verso i propri partner commerciali dal 37,2% al 33,8% come numero di fatture e del 4,4% come importo.

Ma la pubblica amministrazione sta pagando a due velocità: in modo più spedito nei Comuni e negli enti del Servizio sanitario nazionale; più lentamente nelle società partecipate dagli enti locali. Se infatti tutta la pubblica amministrazione è riuscita nel solo terzo trimestre a ridurre del 12% l’arretrato, nello stesso periodo le partecipate hanno guadagnato solo 3,5 punti percentuali: dal 36,8% del 2012 ora “solo” il 33,3% delle fatture rivolte verso le spa degli enti locali resta parcheggiato sulle scrivanie.

L’analisi di Cerved si basa su un campione molto vasto di fatture: 336mila emesse dagli operatori sia verso soggetti pubblici che privati. E monitora gli effetti dei primi pagamenti di debiti Pa che a settembre scorso ammontavano a circa 11 miliardi (cifra oggi raddoppiata a 22 miliardi).Per l’amministratore delegato di Cerved Group, Gianandrea De Bernardis, «il ministero dell’Economia ha immesso nel mercato un’iniezione di liquidità importante e se ne cominciano a intravedere i primi effetti positivi».

Soltanto un anno fa, infatti, a dicembre 2012 ben il 67% dei conti presentati alle amministrazioni non si trasformava in assegni, contro il 48,2% di settembre 2013. Segnale incoraggiante, anche se una fattura resta pur sempre inevasa.Infatti l’allarme resta: «Nulla è cambiato sul fronte dei tempi di pagamento» aggiunge De Bernardis. Anzi, la quota di enti che pagano con maggiore ritardo – oltre i 60 giorni – è persino aumentata, passando dal 17,6% del terzo trimestre 2012 al 18,5 dello stesso periodo 2013. E anche in questo caso le partecipate della Pubblica amministrazione conquistano la maglia nera: negli stessi periodi hanno visto ridursi di due punti i buoni pagatori e crescere di tre i ritardari nei 60 giorni.«Si è intervenuti soprattutto sullo stock di arretrato, magari saldando le fatture più vecchie, e molto meno sui flussi» precisa l’amministratore delegato di Cerved. Con il rischio, quindi, che una volta chiusa la fase straordinaria, i ritardi tornino ai livelli precedenti.Che si tratti di una fase veramente eccezionale lo dimostrano anche i singoli casi concreti. Come l’esperienza della Tbs Group, società leader nei servizi di ingegneria clinica, attiva in Italia e all’estero. Dei circa 160 milioni di crediti con le Asl, comprese alcune cessioni – alcuni risalenti anche al 2009 – la società è riuscita a ottenere circa il 65%, tagliando circa due mesi di attesa.«Ma per il saldo attendiamo in media ancora 205 giorni» precisa Fabio Fantoni, direttore divisione dispositivi medici. Una distanza che resta abissale guardando all’Europa. «In Inghilterra bastano 45 giorni, appena 30 in Germania».L’iniezione di liquidità ha sbloccato anche a cascata alcuni crediti dei fornitori della Pubblica amministrazione con altri operatori commerciali. Nel terzo trimestre 2013 si sono ridotti i mancati pagamenti rispetto all’anno precedente sia in termini di fatture non liquidate (dal 37,2 al 33,8%) sia in termini di valore dello scaduto (-4,4%). I piu virtuosi? I big con fatturati oltre i 50 milioni (-5%).

«Probabilmente c’è stato un effetto selezione – commentano ancora dal Cerved -: i più piccoli sono già usciti dal mercato». Allo stesso modo chi è riuscito a sopravvivere cerca di tutelarsi. Come segnala il Cerved, «sono sempre di più i fornitori che pretendono il pagamento alla consegna».

 


Autore: Valeria Uva
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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