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L’Abi non vede merger tra le banche ma segnali positivi sul credito

Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, in occasione del consueto meeting annuale dell’associazione bancaria a Ravenna, ha dichiarato di non vedere tante possibilità per un ulteriore risiko bancario. “Se c’è qualcuno con le spalle forti e con la possibilità di allargarsi lo può fare. Però oggi, a differenza di 10 anni fa, in cui gli indici patrimoniali pesavano molto poco e pesava il free capital, il problema nel mercato delle banche in vendita o in potenziale vendita non è la mancanza di offerta ma di domanda”, ha osservato.

Le difficoltà per Patuelli nascono dal fatto che oggi, se una banca debole di indici patrimoniali viene assorbita da un’altra banca, “quell’altra banca ha un risucchio di indici. Gli si riducono”. In secondo luogo ci sono problemi di Antitrust perché “valuta indici nazionali e provinciali e in una fase nella quale gli sportelli non si vendono più è chiaro che se uno acquisisce sportelli che poi deve chiudere, ci pensa un minuto in più”.

In terzo luogo Patuelli ha notato che, in una fase di tranquillità, l’incidenza delle partite dei crediti deteriorati si conosce, invece in una fase di crisi lunga acquisire una banca significa valutare innanzitutto lo stock dei crediti deteriorati e assumersi un rischio inusuale. “Ogni due diligence che è stata fatta negli ultimi mesi non è stata sufficiente a reggere la prova dei fatti. C’è molta prudenza di mercato nella fase di aggregazione”, ha aggiunto.

Invece c’è più ottimismo sulla ripresa del credito in Italia grazie alla congiuntura sostenuta dal calo dello spread, dei prezzi del petrolio e dell’euro. “Ci sono fattori positivi. Il deprezzamento dell’euro favorirà le esportazioni, il calo del petrolio è un elemento di competitività per i prodotti italiani così come il calo dello spread”, ha detto il numero uno dell’Abi.

Due i dati incoraggianti citati: nei primi dieci mesi dell’anno i prestiti erogati per l’acquisto di abitazioni in Italia sono cresciuti del 30,5% rispetto allo stesso periodo del 2013 a 20,2 miliardi, superando l’intero ammontare dello scorso anno. Sempre nel periodo gennaio-ottobre le erogazioni fino a un milione di euro alle società non finanziarie sono risultate superiori alle erogazioni dei primi 10 mesi del 2013 anche se di appena lo 0,2%. “Siamo in controtendenza rispetto agli ultimi 36 mesi. Che non ci sia un meno ma un più è una notizia”, ha precisato Patuelli.

Inoltre si assiste a un rallentamento della crescita delle sofferenze delle banche che, comunque, si sommano alle pre-esistenti. “L’ingresso delle nuove sofferenze sta calando però si assommano comunque alle sofferenze già in essere, quindi c’è un minor flusso ma vi è un ammontare totale ulteriormente e sempre in crescita e questo appesantisce tutto il quadro di riferimento”, ha proseguito il presidente.

In ogni caso è un dato di fatto che la conclusione a ottobre dell’esercizio della Bce sui bilanci delle maggiori banche europee ha rimesso in moto il sistema del credito. “Dopo anni in cui erano le imprese a inseguire le banche, ora, in queste settimane di novembre successive all’Aqr e agli stress test, sono tornati a essere i direttori di filiali a bussare e a sollecitare i finanziamenti”. E Patuelli ha una sua congettura, ovvero che c’è un’influenza tra l’Unione bancaria e lo spread. “I mercati si sentono rassicurati dal fatto che le banche italiane siano vigilate da un soggetto terzo”.

Detto questo Patuelli non si è lasciato scappare l’occasione di denunciare che negli stress test della Bce non sono stati usati principi di uguaglianza. “Noi abbiamo bisogno che negli stress test, che saranno fatti una volta l’anno da parte della Bce, ci sia una maggiore uguaglianza dei punti di partenza, ovvero che innanzitutto non sia pesato troppo il credito alle imprese e famiglie e pesato troppo poco invece tutto ciò che è speculativo e di carattere finanziario non produttivo”.

Bisogna in pratica mettere in ordine la rischiosità perché le famiglie e le imprese non debbano essere penalizzate e con esse le banche che le assistono. Ma questo non è il solo problema. Le banche italiane non sono state adeguatamente considerate anche per un altro fattore: “bisogna anche far pesare per ciò che debbono le multe inflitte alle banche che le subiscono perché le banche sono tutte diverse fra di loro”.

E le banche italiane non hanno subito alcuna multa per le manipolazioni degli indici: ebbene “chi non è stato multato e quindi non ha posto in essere atti illeciti questo non significa nulla nelle valutazioni? è un elemento irrilevante? Penso che questo dovrebbe essere un altro elemento da non trascurare”, ha incalzato il presidente dell’Abi, pronto a perseguire un altro obiettivo: un testo unico bancario europeo oltre a un diritto unico penale in economia.

La nascita dell’Unione Bancaria pone infatti degli interrogativi molto stringenti nel senso che oggi c’è una vigilanza unica “ma la moneta unica, l’unione doganale e la vigilanza unica da sole sono zoppe e se rimanessero a lungo così, si passerebbe da una fase di stato nascente, e quindi costruttiva, a una fase di esplosione delle contraddizioni. Questo è il problema vero, non è la nascita dell’euro o la natura dell’euro”.

Secondo Patuelli il problema è un’unione incompleta e quindi contraddittoria perché una vigilanza unica con norme diverse legislative degli stati nazionali quanto potrà svilupparsi? Per il presidente, quindi, è assolutamente urgente costruire un testo unico bancario europeo senza il quale una vigilanza unica avrebbe poco senso. “Occorre un Tuf europeo, un testo unico della finanza perché avere vigilanza unica in mercato unico, nessun confine interno e avere tante legislazioni dei mercati nazionali diverse è qualcosa che non può avere una prospettiva. Sono due riforme che non costano, bisogna solo far lavorare gli organismi legiferanti”.


Autore: Francesca Gerosa
Fonte:

Milano Finanza

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