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Impresa fallita, no ai pagamenti del debitore al terzo creditore

È inefficace nei confronti della curatela fallimentare il pagamento effettuato dal debitore dell’impresa fallita in favore di un creditore della stessa impresa. E questo anche se il versamento controverso sia eseguito in base al provvedimento di assegnazione che conclude un’azione esecutiva presso terzi. Lo afferma il tribunale di Bari (giudice Cassano) nella sentenza 2821 del 9 giugno scorso.
La vicenda riguarda una Srl che, nel settembre 2010, era stata dichiarata fallita. Il mese successivo il giudice dell’esecuzione aveva assegnato a una Spa, creditrice della Srl, la somma di 60mila euro di cui un’impresa di assicurazioni era a sua volta debitrice nei confronti della Srl. Nonostante fosse stata informata che quest’ultima era già stata dichiarata fallita e quindi invitata ad astenersi dall’effettuare il pagamento, la compagnia assicuratrice (debitor debitoris) aveva invece versato l’importo alla Spa. Così la curatela ha chiamato in giudizio la stessa Spa, sua creditrice, affinché la disposizione fosse ritenuta inefficace nei suoi confronti.


Nell’accogliere la domanda, il tribunale richiama l’articolo 44 della legge fallimentare, che dichiara inefficaci, rispetto ai creditori, «tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento»: una norma che costituisce la logica conseguenza della perdita della disponibilità dei beni acquisiti alla procedura e mira a garantire l’integrità dell’attivo fallimentare. La motivazione ricorda quindi che, secondo la Cassazione (sentenza 1611/2000), tale inefficacia riguarda «ogni atto satisfattivo comunque e pur indirettamente riferibile al debitore fallito, perché eseguito con suo denaro o per incarico di lui»: e dunque non solo i pagamenti effettuati direttamente dal soggetto fallito, ma anche i versamenti operati dal terzo debitore del fallito (in base all’assegnazione coattiva prevista dall’articolo 553 del Codice di procedura civile) in favore del creditore che ha promosso l’azione presso quel terzo. In entrambe le situazioni, infatti, l’uscita del bene dalla massa in conseguenza dell’atto di disposizione altera la “par condicio” dei creditori.


Nel caso in esame, peraltro, la Spa convenuta non si era neppure costituita e dunque aveva tenuto «un atteggiamento del tutto inerte rispetto all’iniziativa giudiziaria contro di lei assunta, tale da confermare – secondo il tribunale – la fondatezza della domanda». Ragioni che inducono dunque il giudice a dichiarare inefficace, nei confronti della curatela, il pagamento effettuato dalla compagnia di assicurazioni in favore della Spa e quindi a condannare quest’ultima a restituire al fallimento l’importo di 60mila euro e a pagare le spese del giudizio.


Fonte:

Il Sole 24 Ore

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