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Equitalia chiede 86 mila euro. Il giudice: ne avrete solo 11mila

Si può fare, può succedere. Una cartella di Equitalia da 86 mila euro è stata ridotta a 11 mila da un giudice per il semplice motivo che il debitore non era in grado di pagare di più. La decisione del Tribunale di Busto Arsizio (provincia di Varese) è la prima in Italia che applica la legge sul sovraindebitamento del 2012, quella che ha introdotto una sorta di fallimento personale e il diritto di soprawivergli. Un’azienda può chiudere, una vita no. Il giudice ha così messo l’ultima parola a una storia durata quasi vent’anni tra ingiunzioni, pignoramenti, blocco dei conti correnti bancari e tentativi inutili di appianare una situazione che ha trasformato la vita di Rossella Stucchi, che oggi ha 53 anni, in un incubo.

Il calcolo del Tribunale II giudice ha messo in fila i redditi della signora Stucchi e valutato quanto le serve per vivere. Poi ha calcolato fino a che punto potrà ragionevolmente onorare il debito e ha messo una riga – invalicabile anche per le temibilissime truppe di Equitalia – a 11 mila euro. Una riduzione dell’87% circa, una sentenza che farà storia per l’esercito degli italiani travolti dai debiti. Tanto per farsi un’idea: ad agosto 2014 le cartelle sulle quali Equitalia ha accettato la rateazione (il primo segnale che il debitore non riesce a pagare) ammontavano a un valore di 26 miliardi, per un totale di due milioni e quattrocentomila debitori. A queste cifre, per chi non dovesse considerarle abbastanza da capogiro, si possono aggiungere altri 35 miliardi, prestiti concessi da banche e società finanziarie alle famiglie e altri 14 miliardi dovuti invece da microimprese: professionisti e ditte individuali non rientrano nei concordati previsti dalla legge fallimentare e, prima del 2012, non avevano strumenti per affrontare situazioni di questo genere. Anche loro possono rivolgersi al giudice per chiedere una riduzione di questi debiti, che Bankitalia registra mettendo fine alla sofferenza dei debitori. Se il credito è esagerato «L’obiettivo della legge – spiega l’avvocato milanese Giuseppe Lacalandra, il legale che ha ottenuto la sentenza a Busto Arsizio – è di permettere ai debitori in situazioni critiche di riacquistare un ruolo attivo La portata di questo meccanismo è enorme perché per ottenere il taglio non è necessario l’accordo dei creditori stessi, come invece avviene nei piani di rientro concordati con banche e finanziarie e come avviene quando Equitalia concede le rateizzazioni. «C’è di più – aggiunge Lacalandra -. Il giudice valuta il merito creditizio.

Da una parte c’è il dolo di chi non paga perché fa il furbo, dall’altra ci sono i casi nei quali è evidente che se un debitore ha sottoscritto prestiti per una cifra esagerata rispetto alle sue possibilità, parte della responsabilità è di sulla base del principio per cui l’ufficio affidamenti di una banca ha senz’altro più strumenti di un consumatore per capire se quella carta di credito rimborsabile a rate (le revolving) o l’acquisto di una vacanza a rate è o meno alla portata di chi lo chiede. E dopo Equitalia ci sono altri procedimenti in corso contro banche. La musica sta cambiando.


Autore: Marco Sodano
Fonte:

La Stampa

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