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Sofferenze, in cerca di un mercato

II governo sta lavorando su due binari che procedono in parallelo, con l’obiettivo di risolvere un unico problema: l’enorme ammontare di crediti deteriorati nei bilanci delle banche che si è accumulato dopo anni di recessione. Senza questo fardello che blocca capitale e liquidità degli istituti ci sarebbero condizioni più favorevoli per uno sviluppo dei prestiti e per sfruttare le manovre espansive della Bce (il Quantitative easing e le T-Ltro). Il primo binario è quello di cui si parla da più tempo: la costituzione di un veicolo per smobilizzare le sofferenze dai bilanci (la cosiddetta «bad bank»), che però si scontra con difficoltà tecniche e con le norme di Bruxelles sugli aiuti di Stato. Le regole Ue sono state inasprite rispetto al passato, quando molti Paesi europei, a cominciare dalla Germania, hanno ricapitalizzato i sistemi bancari domestici. Oggi è molto più facile incorrere nell’obbligo di svalutazioni per creditori e azionisti.

I tempi per la nascita di un simile veicolo in Italia dunque non sono brevi. Perciò il governo lavora anche ad altre misure, più «leggere» (come ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan) e potenzialmente più semplici da introdurre, se non altro perché non se ne deve discutere con Bruxelles. In questo ambito si collocano gli interventi di tipo fiscale (come la deducibilità delle perdite sul credito in un anno invece che in cinque) e concorsuale. In particolare, alcune novità sulle procedure fallimentari, intraducibili in poco tempo e a costo zero, potrebbero consentire un recupero più rapido dei crediti, come ha sottolineato il direttore generale di Unicredit Roberto Nicastro in un’intervista a MF-Milano Finanza.

L’Italia è al 35° posto su 36 Paesi censiti dal Fmi riguardo all’efficacia regolamentare nel recupero crediti. Che cosa vuoi dire in pratica? Che una banca italiana ha bisogno in media di 7 anni per concludere una procedura concorsuale. In questo periodo le sofferenze restano nei bilanci impiegando liquidità e assorbendo capitale che potrebbero essere impiegati in altre imprese. A livello nazionale si tratta di cifre rilevanti: i crediti deteriorati occupano un quinto dei depositi delle famiglie e oltre 40 miliardi di patrimonio delle banche. Inoltre l’incertezza sui tempi impedisce di fissare i prezzi di una sofferenza e quindi di creare un mercato privato per lo smobilizzo (senza sostegno di un veicolo pubblico). I fondi internazionali spesso offrono prezzi troppo bassi, ai quali le banche non sono disposte a vendere.  Le transazioni di sofferenze in Italia negli ultimi anni sono state inferiori a 9 miliardi, mentre in Spagna sono arrivate a 30 miliardi (nonostante lo stock complessivo di crediti deteriorati sia molto inferiore nel Paese iberico).

Questi dati segnalano la presenza di un potenziale di credito che rimane bloccato nei bilanci delle banche. Da qui la necessità di misure come quelle che il governo sta valutando. Nicastro ha indicato alcune proposte, per esempio in materia di abuso del credito e concordati. Dai dati Cerved presentati in un’audizione emerge che in circa il 30% dei casi i debitori, prima di presentare la richiesta di concordato preventivo, affittano l’azienda a terze parti collegate mettendola al riparo da pretese creditorie; solo un’azienda su tre che presenta istanza di concordato riesce poi a proporre un piano che risulti adeguato per il tribunale e per i creditori; e di quelle che accedono al concordato, entro tre anni il 90% sono in liquidazione e in fallimento. Banche e creditori inoltre lamentano un utilizzo strumentale del concordato in bianco, utilizzato in alcuni casi con scopi dilatori. Nicastro ha suggerito correzioni all’attuale modello del concordato in bianco, per esempio prevedendo una percentuale minima di soddisfacimento per i creditori chirografari; ha poi ventilato la possibilità per terzi, come ad esempio altre imprese o banche creditrici, di presentare offerte concorrenti nell’ambito dei concordati. Inoltre ha proposto modi per accelerare l’escussione del pegno su partecipazioni non quotate. Un tema delicato è poi quello dell’abuso del credito, ovvero della punibilità penale per chi fa credito a un’impresa in difficoltà: il dg Unicredit ha proposto di mantenere questa disciplina per gli episodi gravi e conclamati e di sostituirla negli altri casi con sanzioni amministrative per le banche. Misure come queste, osservano i banchieri, favorirebbero un più rapido recupero dei crediti, ma anche lo sviluppo di un mercato delle sofferenze e la creazione di un veicolo pubblico di smobilizzo. Il governo ora valuta se una riforma del diritto concorsuale può essere utile per far ripartire i prestiti in modo più deciso.


Autore: Francesco Ninfole
Fonte:

Milano Finanza

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