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Crediti in sofferenza più leggeri

Diventerà più rapido il recupero dell’Iva sui crediti in sofferenza: la nota di variazione in diminuzione per l’imposta addebitata e non riscossa potrà essere emessa a partire dalla sentenza dichiarativa del fallimento o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, senza dover attendere l’esito del procedimento. Qualora poi il credito dovesse essere soddisfatto, si provvederà alla rettifica dell’imposta in aumento. La novità è prevista nel disegno di legge di «Stabilità 2016», che riscrive completamente l’articolo 26 del dpr n. 633/72, concernente la disciplina delle variazioni dell’imponibile o dell’imposta.

Mancato incasso del corrispettivo. Va ricordato che l’art. 90 della direttiva 2006/112/Ce ammette, in via di principio, la riduzione della base imponibile dell’Iva anche in caso di mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo, prevedendo tuttavia che gli stati membri possano derogare a tale principio. L’Italia si è avvalsa parzialmente di questa deroga, consentendo la riduzione dell’Iva solo quando il mancato pagamento dipende da situazioni particolari (procedure concorsuali od esecutive infruttuose). La deroga viene confermata anche nell’ambito delle disposizioni del riformulato articolo 26, essendo previsto che il recupero dell’imposta possa effettuarsi soltanto quando il mancato pagamento si ricollega ad una procedura concorsuale, oppure di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis della legge fallimentare, oppure di piano attestato ex art. 67, terzo comma, lett. d), stessa legge, oppure a causa di procedure esecutive rimaste infruttuose. Si prevede però che il recupero dell’Iva addebitata e non riscossa possa effettuarsi già a partire dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di ammissione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Verrebbe così superata l’interpretazione dell’amministrazione finanziaria, che sulla base delle modifiche apportate alla disposizione di riferimento, ha sostenuto che il presupposto per il recupero dell’imposta si realizza quando «il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo» (circolare n. 77 del 17 aprile 2000). Di conseguenza, il creditore potrà emettere la nota di variazione in diminuzione e recuperare la corrispondente imposta nel conto Iva, per l’intero ammontare del credito, già alla data di apertura della procedura. Qualora il credito dovesse essere successivamente soddisfatto, in tutto o in parte, il creditore provvederà ad emettere una fattura integrativa (o una nota di variazione in aumento), come espressamente previsto dal nuovo testo dell’art. 26; in tale ipotesi non si applicheranno né sanzioni né interessi. Stando alla bozza in circolazione, le suddette novità si applicherebbero però a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2016 (mentre le altre modifiche sono qualificate di natura interpretativa). Riguardo alle procedure esecutive individuali, vengono introdotte disposizioni atte a chiarire quando si intende realizzata la condizione della infruttuosità: in particolare, oltre che in caso di pignoramento negativo, in caso di irreperibilità del debitore o di impossibilità di accesso al suo domicilio, nonché nel caso di interruzione della procedura dopo la terza asta deserta.

Risoluzione dei rapporti continuativi. Un’altra modifica consiste nella previsione secondo cui, in caso di risoluzione per inadempimento di contratti ad esecuzione continuata o periodica, la facoltà per il cedente/prestatore di procedere al recupero dell’Iva mediante emissione della nota di variazione in diminuzione «non si estende a quelle cessioni e a quelle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni». La nuova disposizione sembra valorizzare l’effettiva esistenza dell’operazione rispetto alla avvenuta «effettuazione» della medesima in applicazione dei principi della fatturazione o del pagamento. Leggendo «al contrario» la previsione normativa, parrebbe derivarne la legittimazione del ricorso alla variazione in diminuzione (senza il limite temporale di un anno).

Inversione contabile. Infine, codificando la soluzione interpretativa fornita dalle entrate, si prevede che, nel caso di applicazione dell’Iva con il meccanismo dell’inversione contabile, la facoltà di azionare la variazione in diminuzione spetta ai cessionari/committenti.


Autore: Franco Ricca
Fonte:

Italia Oggi

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