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La notifica delle cartelle non si prova in appello

Il deposito delle relate di notifica, volte a comprovare l’effettiva notificazione delle cartelle di pagamento, non può avvenire per la prima volta nel grado d’appello. Tali documenti, se non prodotti nel primo grado del giudizio, non possono essere introdotti in secondo grado, risultando altrimenti violato il divieto di nuove prove in appello sancito dall’articolo 58, comma 1, del dlgs 546/92; né tantomeno, la disposizione può essere aggirata facendo leva sul comma 2 del medesimo articolo 58, che consente la produzione in appello di nuovi documenti, dovendo riferirsi tale eventualità alla sola allegazione di documenti che non abbiano un valore decisivo di prova.

I principi di cui sopra si leggono nella sentenza n. 9755/33/15 della Ctr di Napoli, depositata in segreteria lo scorso 5 novembre.

Il collegio partenopeo ha rigettato l’appello proposto da Equitalia, contro la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente, rilevando la mancata notificazione delle cartelle di pagamento presupposte all’intimazione di pagamento impugnata; nel giudizio provinciale, l’agente della riscossione era rimasto contumace, per poi fondare l’impugnazione della sentenza proprio sulle relate di notifica, ritenendo di poter produrre tali documenti anche per la prima volta in appello.

La Ctr ritiene che «vada fatta distinzione tra documenti nuovi e prove omesse per inattività di una delle parti processuali» e che «l’apparente contraddizione all’interno del citato art. 58 del dlgs 546/92 deve essere risolta ritenendo ammissibile in appello soltanto la produzione di documenti nuovi che non abbiano una valenza probatoria, in quanto l’indiscriminata possibilità di produzione documentale si collocherebbe in palese violazione con il divieto di nuove prove di cui al primo comma».

Interessante anche l’ulteriore argomentazione resa nella sentenza in commento, secondo cui una diversa prospettazione del caso violerebbe il principio di «lealtà processuale» e comprimerebbe il diritto di difesa, poiché il contribuente «perderebbe un grado di giudizio per negligenza della controparte». In definitiva, conclude il collegio, «l’ente impositore e/o il concessionario non possono fornire per la prima volta in appello la prova documentale della notifica della cartella di pagamento». L’appellante agente della riscossione è stato anche condannato al pagamento delle spese di giudizio.


Autore: Nicola Fuoco
Fonte:

Italia Oggi

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