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Bpm-Banco a un passo dall’accordo

È in dirittura d’arrivo l’annuncio della fusione tra la Popolare di Milano e il Banco Popolare, la prima aggregazione a prendere forma a un anno esatto dal decreto Renzi che ha imposto la trasformazione in società per azioni per gli istituti cooperativi più grandi. Ancora ieri sera i consigli non erano stati convocati: gli amministratori sarebbero comunque pronti a una chiamata ad horas per questa domenica, anche se diverse fonti prendevano tempo e rinviavano i due board alla prossima settimana. «Di fatto l’operazione è pronta», hanno detto due fonti a conoscenza del dossier. Nascerebbe il terzo gruppo bancario, dietro Intesa Sanpaolo e Unicredit. Risolte sostanzialmente le questioni della governance e dei concambi — uno scambio azionario di fatto paritario (12 azioni della Bpm per i del Banco)—resterebbe aperto il nodo legale dell’assemblea, al quale lavorano i legali delle due parti (Giuseppe Lombardi e Carlo Pavesi). Due le ipotesi sul tavolo: una prevedrebbe un unico voto in assemblea che decida contemporaneamente fusione e trasformazione in spa; l’altra prevedrebbe due votazioni distinte, prima per la trasformazione in spa, poi per l’integrazione.

Il passaggio non è di poco conto: nel primo caso, a decidere sulla superbanca saranno i soci cooperativi secondo il principio «una testa, un voto»; nel secondo caso, saranno i soci di capitale, in base al possesso azionario. Agli azionisti verrebbe presentata l’operazione nel suo complesso, compresi anche l’indicazione dei nomi dei consiglieri di amministrazione. Ma sembra che la scelta si stia orientando per il voto unico.

I titoli ieri hanno beneficiato dei positivi sviluppi delle trattative, specialmente in una giornata di rimbalzo generale: Bpm +10% a 0,63 euro, Banco +15% a 7,02 euro. La giornata è stata cruciale. Il presidente dell’istituto veronese, Carlo Fratta Pasini, e i numeri uno della Bpm, Piero Giarda e Mario Anolli, sono stati ricevuti in Banca d’Italia, mentre gli amministratori delegati del Banco, Pier Francesco Saviotti, e della Milano, Giuseppe Castagna, sono volati a Francoforte per presentare alla Vigilanza unica guidata da Daniele Nouy l’operazione, cui hanno lavorato come advisor Mediobanca, Merrill Lynch e Colombo & associati (Banco) e Lazard e Citi (Bpm).

È la prima volta che si fondono due istituti sotto la vigilanza Bce. L’impianto di governance dovrebbe prevedere una holding con un board tradizionale di 19 amministratori (con 3 vicepresidenti di cui uno vicario) più 5 sindaci; Fratta Pasini sarebbe presidente, Saviotti presidente del comitato esecutivo di 7 membri. 9 amministratori saranno di provenienza Banco, 7 Bpm e 3 indipendenti tra i quali Castagna che sarà ceo, mentre Maurizio Faroni resta direttore generale con delega alla finanza. Per un triennio ci sarebbe una banca-rete controllata, la Bpm spa, con un suo board di 9 amministratori (6 di Bpm, 3 del Banco). Ma restano in allerta i sindacati, che in Bpm contano parecchio, per timori che i costi della fusione vengano fatti cadere sui lavoratori: «Bene se il governo introdurrà una migliore fiscalità per agevolare le fusioni fra banche, ma al primo accenno di licenziamento scendiamo in strada con scioperi», ha detto il segretario generale Fabi Lando Sileoni, che ha chiesto «una cabina di regia del governo» sulle fusioni.


Autore: Fabrizio Massaro
Fonte:

Il Corriere della Sera

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