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«Gli Npl frenano banche, impresa e crescita»

Per il Co-head dell’investment banking di Goldman Sachs l’Italia deve fare in fretta le riforme strutturali
Il problema dei crediti deteriorati e dei non-performing loans delle banche italiane «va risolto. Una soluzione va trovata in fretta». Per due motivi: perché ingessa i bilanci delle banche e riduce la loro capacità di erogare credito all’economia, alle aziende che hanno bisogno di finanziare nuovi investimenti. «E soprattutto perché blocca migliaia di piccole e medie imprese, immobilizzate dalle procedure di recupero crediti. È un problema serio e grave perché frena la crescita». L’Italia non può permettersi i tempi lunghi dello smaltimento delle sofferenze bancarie, quei cinque, dieci anni di cui si parla. «E il governo Renzi può fare di più per aumentare la flessibilità e migliorare l’habitat in cui operano gli imprenditori: serve una maggiore deregolamentazione, un mercato dei capitali efficiente e cambiamenti retroattivi sulla legge fallimentare e del recupero crediti», per chiudere rapidamente il contenzioso in essere sui NPLs.
Richard Gnodde, co-head dell’investment banking di Goldman Sachs, si trova a Milano per incontrare i clienti della banca . L’Italia «è un Paese importante per noi, lo vediamo come un’opportunità», come testimonia il fatto che Goldman Sachs ha occupato la prima posizione nelle classifiche delle operazioni di M&A negli ultimi cinque anni di fila. Ma l’Italia può e deve fare di più. Per questo, Gnodde sollecita soluzioni rapide su NPLs e un passo più spedito nelle riforme strutturali: «Abbiamo imparato una lezione dalle crisi finanziarie dei decenni passati, ed è questa – dice con enfasi -: il sistema bancario va rimesso rapidamente in piedi», altrimenti, addio crescita.
L’Italia è uscita dalla recessione ma la crescita è debole: cresce sotto la media europea da due decenni. È il terzo Pil europeo ma si muove a rilento. La deregolamentazione si trasforma in nuove regole che si aggiungono alle vecchie. E per le banche, le nuove regole europee sugli aiuti di Stato rendono difficile una soluzione veloce e in blocco dei NPLs.
Il fatto che l’Italia sia cresciuta sotto la media europea a lungo non significa che non possa cambiare in fretta. E che non riesca ad aumentare la flessibilità, che è la vera chiave di volta per rafforzare la crescita. L’Italia deve sfruttare il tempo che la politica monetaria molto accomodante della Bce sta mettendo a sua disposizione. I tassi bassi, la minore spesa per il rifinanziamento del debito pubblico, sono opportunità che vanno colte senza indugio. La flessibilità non è soltanto quella del mercato del lavoro: bisogna introdurre una nuova regola più semplice e al tempo stesso cancellarne due. E sulle banche, non c’è tempo da perdere: i NPLs riducono il flusso del credito all’economia e frenano la ripresa, bloccano le imprese che vorrebbero investire. Non serve a nulla prendersela con Bruxelles: il problema deve essere risolto, in un modo o nell’altro, per il bene della vostra economia.
Qual è il problema principale e più urgente dell’Italia in questo momento?
Il problema delle banche e dei NPLs è a mio avviso il problema principale in questo momento in Italia, perché frena la crescita, tiene bloccate migliaia di imprese e Pmi e ingessa i bilanci delle banche, riducendo il flusso del credito all’economia. Più aspettate a risolvere questo problema e più i crediti deteriorati aumenteranno. Capisco che i bilanci delle banche non sono peggiorati all’improvviso e in maniera violenta, come è accaduto in altri Paesi europei per colpa del mercato immobiliare e delle bolle sul real estate. I bilanci delle banche italiane si sono deteriorati gradualmente, ma alla fine i crediti deteriorati si sono comunque accumulati anche nel settore bancario italiano. E vanno smaltiti, i NPLs: il mercato farà il prezzo che riterrà essere corretto, inevitabilmente prezzerà i tempi del recupero dei crediti che sono molto lunghi in Italia. Sono consapevole del fatto che dopo la crisi gli aiuti di Stato per salvare le banche sono stati banditi in Europa, ma il problema dei NPLs resta. Il fondo Atlante serve, è positivo, ma non è sufficiente. Va fatto dell’altro, i bilanci delle banche vanno puliti e rafforzati per consentire l’erogazione di nuovo credito. Il Governo Renzi ha fatto passi positivi, i cambiamenti fatti finora vanno bene; la riforma della legge fallimentare, i tempi del recupero dei crediti, i miglioramenti apportati alle norme vigenti vanno tuttavia bene per i crediti futuri ma non aiutano a smaltire velocemente quelli deteriorati in essere. Per questo i regolamenti della legge fallimentare devono essere cambiate in modo che abbiano un impatto retroattivo, sul pregresso.
Le banche italiane, e non solo italiane, sono in difficoltà anche per la politica monetaria dei tassi a zero e depositi negativi. Erano già alle prese con l’aumento della regolamentazione e dei requisiti prudenziali, devono abbattere gli alti costi fissi alti ed è in corso un deleveraging senza precedenti. Troppo tutto insieme?
Sì, per una banca commerciale questi tassi molto bassi sono una sfida enorme perché riducono molto la possibilità di guadagnare prestando denaro. Questa è una politica monetaria che non potrà durare a lungo, perché penalizza anche risparmiatori e pensionati. Per questo è importante, secondo me, che la Federal Reserve inizi a rialzare i tassi negli Usa: il tasso di disoccupazione è sotto il 5%, ci sono segnali di inflazione salariale e la crescita è ragionevolmente forte. Avrebbe dovuto farlo prima, ma non lo ha fatto guardando allo scenario mondiale. Ora il momento è arrivato. L’impatto sul valore degli asset ci sarà con i prossimi rialzi Usa, i prezzi di immobili, azioni, obbligazioni sono molto alti ora e scenderanno. Ma questo non è un problema, è un passo verso la normalizzazione. E i rialzi dei tassi negli Usa serviranno anche ad accelerare la normalizzazione in Europa. In quanto al deleveraging, un fatto è certo: l’Europa non può più pensare di finanziare la crescita solo attraverso il sistema bancario. I bilanci delle banche si stanno restringendo: per questo serve un mercato dei capitali che dia alle imprese un’alternativa al prestito bancario, anche quello mezzanino. Questa è una flessibilità che serve, e serve in fretta per sostenere la crescita in Europa.
Non si può creare un mercato dei capitali dall’oggi al domani…
Ritengo che Bruxelles stia andando nella giusta direzione. L’Unione bancaria serve perché rafforza il sistema bancario. Il progetto del mercato dei capitali unico è essenziale perché consentirà alle imprese che hanno bisogno di capitale di finanziarsi tramite le banche o altri strumenti e mercati. E questi due progetti porteranno all’armonizzazione delle regole sui mercati finanziari europei, un altro importante passo in avanti. Vedo bene anche l’agenda digitale e la politica energetica unica.
La Bce ha fatto abbastanza?
Le banche centrali hanno fatto molto, hanno comprato tempo per i governi, affinchè la politica implementi le riforme strutturali per irrobustire la crescita. Le banche centrali non possono fare tutto. I tassi bassi hanno ridotto il costo del rifinanziamento del debito pubblico e questo è un altro fattore che ha favorito gli Stati, la politica: questa finestra temporale va sfruttata, l’Europa e l’Italia devono fare più riforme strutturali. Aumentare la crescita significa aumentare la fiducia dei mercati, delle imprese: è dalla crescita o dalla mancanza di crescita che deriva la stabilità o l’instabilità dei mercati e lo stimolo a investire di più o di meno degli imprenditori.
La ripresa economica in Europa c’è ma non è robusta come quella statunitense. Il rallentamento della Cina, Brexit, il rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, la volatilità dei mercati e il nodo delle banche, sono tutte fonti di incertezza che minano la crescita e la fiducia nel futuro di imprenditori e consumatori. Come vede l’Europa, l’Italia: siamo divenuti luoghi poco attraenti, nel contesto globale?
Il rallentamento della Cina è dovuto alla trasformazione di un modello trainato dall’export in un’economia basata sui consumi. Sono fiducioso che avranno successo in questo processo che richiede tempo, è un’evoluzione. L’Europa però può tranquillamente gestire queste incertezze, purchè prenda saldamente il controllo di quanto va fatto per rispondere alla sfida della competitività. L’Europa cresce meno dei mercati emergenti ma parte da una base migliore di quella dei paesi emergenti: ha una popolazione con un alto livello di istruzione e di formazione; ha infrastrutture buone. L’Europa è ricca, il tasso di risparmio è molto alto. E ha aziende che sono dei campioni mondiali, come Skype, Zalando, Yoox, che hanno saputo rispondere alle sfide della tecnologia e della globalizzazione. L’Italia ha l’Eni che è una storia di successo, migliore di molte altre nel mondo nel settore dell’energia. Ma l’Italia deve andare avanti con il programma delle riforme strutturali: l’Europa deve abbracciare la sfida della competitività aumentando la flessibilità e portandola ai livelli degli Usa.


Autore: Isabella Bufacchi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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