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Mps, la Borsa punta sulla conversione dei bond

L’ipotesi di una conversione volontaria in azioni dei bond subordinati (in mano agli investitori istituzionali) di Mps piace alla Borsa. Ieri il titolo della banca senese ha guadagnato l’1,27% a 0,24 euro, in netta controtendenza rispetto a un indice italiano che ha perso l’1,12%.

A stuzzicare, l’appetito degli investitori è l’idea che, grazie alla trasformazione (anche parziale) dei 3 milioni di titoli subordinati in circolazione, l’ammontare da 5 miliardi dell’atteso aumento di capitale possa ridimensionarsi. “Crediamo che questo piano avrebbe il vantaggio di limitare l’ammontare dell’aumento di capitale da eseguire sul mercato, incrementando la fattibilità del piano nel suo complesso”, spiegano gli analisti di Banca Imi.

L’operazione di conversione volontaria, anticipata dal Sole 24 Ore lo scorso sabato, arriverà entro metà settembre sul tavolo del Single Supervisory Mechanism, che dovrà esprimersi sulle sua legittimità.

Avendo come funzione quella di ridurre la dimensione dell’aumento, la conversione dei bond in azioni (esclusi dal meccanismo sarebbero comunque i 2 miliardi di subordinati in mano alla clientela retail) diventa un elemento fondamentale del capital plan di Siena per riportare i ratio patrimoniali oltre i requisiti minimi regolamentari.

Va detto che il tema era già stato in qualche modo trattato in occasione delle riflessioni di advisor, banche e Authority lo scorso luglio, quanto meno come soluzione per coprire parte dell’inoptato, ma non se ne fece nulla.

Oggi invece la soluzione torna d’attualità.  Certo è che le problematicità non mancano. Anzitutto va capita la convenienza ad aderire all’offerta della banca. Perché possa avere successo, sottolinea ad esempio l’analista di Equita Matteo Ghilotti, si dovrebbe “presentare al bond holder o uno scenario molto favorevole in caso di conversione o uno scenario molto negativo in caso di mancata conversione (o un mix dei due)”.

Tecnicamente, nel primo caso, chi sottoscrive l’aumento di capitale “sarebbe svantaggiato, ad esempio perché il bond holder si vedrebbe assegnate azioni in base al valore nominale del bond, che invece tratta sotto la pari” mentre nel secondo caso “ c’è il rischio di creare un effetto contagio sui bond subordinati delle altre banche italiani deboli”, scrive Equita.

All’orizzonte inoltre si profila una fase di maggiori attendismo da parte degli investitori, complice le incertezze sull’esito positivo del referendum sulla riforma costituzionale previsto in autunno. Difficile dunque prevedere oggi quale parte degli investitori possa essere disponibile a convertire volontariamente in azioni il suo debito.

Mentre da una parte la banca guarda alla Bce, dall’altra è al lavoro sui diversi cantieri interni. In cima all’agenda c’è la stesura del piano industriale, a cui sta lavorando l’advisor Mc Kinsey. Ieri il Cda della banca avrebbe analizzato le prime risultanze del dossier analizzato le prossime tappe in agenda.

Il business plan sarà pronto per metà settembre e dovrà essere approvato in maniera definitiva dal board del 26-27 settembre. Una volta dato l’ok si potrà iniziare a ragionare sull’aumento. Ad oggi nulla è stato formalmente definito, ma se tutto filerà liscio, la ricapitalizzazione dovrebbe tenersi tra metà novembre e la prima parte di dicembre.

Nel contempo, tuttavia la banca è al lavoro sul dossier relativo alla cartolarizzazione dei 27 miliardi di crediti in sofferenza. Gli advisor Fonspa e Italfondiario, rispettivamente per conto del fondo Atlante e di Jp Morgan, stanno effettuando la due diligence dei portafogli di crediti. Entro la fine del mese dovrebbe essere varata la società veicolo, cui toccherà emettere titoli senior, mezzanini e junior che permetteranno di deconsolidare i crediti dal bilancio. Mps, assistita da Lazard, in qualità di consulente finanziario indipendente, ha già firmato con il fondo Atlante il pre-accordo per l’acquisizione della tranche mezzanina da 1,6 miliardi.


Autore: Luca Davi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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