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Banche, torna l’interesse per i titoli italiani

Probabilmente potrà apparire un azzardo, ma per il mondo finanziario che è necessariamente proiettato al futuro, non è detto che lo sia. Tra i gestori professionali sta tornando l’interesse verso i titoli delle banche italiane, alla luce delle valutazioni depresse rispetto agli altri Paesi e dei passi in avanti compiuti in tema di solidità di bilancio. Anche se restano diffuse riserve sul contesto di mercato e sulla capacità di generare redditività.

Calano gli utili, ma il patrimonio è al sicuro. Partendo dai dati semestrali va detto che il periodo gennaio-giugno è stato positivo, ma non entusiasmante per il settore. I primi otto istituti italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Ubi, Banco Popolare, Bper, Bpm e Carige) hanno totalizzato utili per 2,2 miliardi di euro, poco più della metà rispetto a un anno fa. Sul dato complessivo hanno pesato soprattutto le correzioni del Banco Popolare e di Ubi (le rettifiche totali sono ammontate a 1,1 miliardi, il 20% in più del primo semestre 2015), mentre le altre banche si sono difese. Un’analisi condotta da Value Partners segnala che nel frattempo migliora la qualità del credito, con lo stock di non performing loan lordi sceso del 2,5% a 241,9 miliardi di euro. Di pari passo sale la copertura dei crediti deteriorati, dal 46 al 47%. Intanto aumentano i prestiti (+1,8% rispetto al primo semestre del 2015) e migliora la solidità patrimoniale, per tutte le banche considerate ben oltre i minimi richiesti dalla Bce.

I nodi da sciogliere. Allora non è un caso se il mese di agosto e la prima metà di settembre sono scivolati via senza scossoni, a differenza degli scorsi anni, quando il calo della liquidità del periodo estivo coincideva con forti escursioni dei prezzi. E, a sentire un esperto come lo strategist di Kairos Alessandro Fugnoli, ci aspetta la calma piatta almeno per tutto ottobre, in mancanza di fattori potenzialmente dirompenti in un senso o nell’altro.

Certo, per assistere a una risalita dei titoli bancari, che dall’inizio dell’anno cedono mediamente oltre il 30% e valgono la metà rispetto a 12 mesi fa, occorrerà attendere parecchio tempo, ma la soluzione dei principali nodi del settore potrebbe aiutare a invertire la rotta.

L’urgenza numero uno è senza dubbio Mps, alle prese con il piano per liberarsi di tutte le sofferenze in portafoglio. L’intero pacchetto da 27 miliardi di euro finirebbe in un veicolo dedicato, ripianando le perdite che a quel punto emergerebbero in bilancio attraverso un aumento di capitale da 5 miliardi. Usiamo il condizionale perché i primi sondaggi condotti dal management e dai suoi advisor presso gli investitori istituzionali hanno evidenziato diverse riserve da parte di questi ultimi in merito alla possibilità di investire nel rafforzamento patrimoniale.

L’altra questione delicata concerne Unicredit, a sua volta al lavoro per alleggerire il portafoglio dai crediti non performanti, con la consapevolezza che questo la costringerà a un rafforzamento patrimoniale oggi stimato tra 6 e 8 miliardi di euro. Pare irrealistico immaginare un aumento di capitale di questa portata, per cui il management della banca di Piazza Gae Aulenti sta lavorando a un piano di cessioni per ridurne l’importo. La soluzione di questi due nodi promette di generare fiducia a cascata su tutto il settore italiano del credito, che negli ultimi mesi è stato colpito duramente dallo scetticismo degli investitori internazionali, senza distinzioni tra società più o meno solide.

Npl, mercato al decollo. Intanto si va rischiarando anche l’orizzonte relativo ai non performing loans. Per l’operazione Mps è stata fissata una valorizzazione degli asset al 32% del valore nominale, mentre nella cessione di crediti deteriorati da parte della Popolare di Bari la valorizzazione è stata fatta al 30%. A questo punto il mercato ha dei benchmark con i quali fare i conti per future operazioni, per cui sarà più facile condurle in porto. In questa direzione vanno anche le misure di recente approvazione da parte del Parlamento, come il patto marciano, che consente alle parti di un finanziamento di pattuire l’escussione stragiudiziale della garanzia immobiliare associata. Un provvedimento che promette tempi più rapidi nel recupero dei crediti incagliati rispetto alla tradizionale pronuncia dei Tribunali. Lo stesso vale per il pegno non possessorio, una forma di garanzia di recente introduzione che consente al debitore-imprenditore di stanziare in garanzia beni senza doversene privare. Due interventi, segnala uno studio della Banca d’Italia, che avvicinano il valore dei npl a quelli iscritti a bilancio dai principali istituti bancari italiani, che pertanto potrebbero essere più ben disposti a cederli, senza dover registrare eccessivi buchi in bilancio.

Le stime degli analisti. Nei giorni scorsi Morgan Stanley ha pubblicato un report sui titoli bancari italiani, sottolineando che in genere presentano valutazioni convenienti («scambiano a 0,4 volte rispetto al patrimonio netto tangibile contro 0,9 volte degli istituti di credito europei nel loro insieme»), ma anche che in molti casi è ancora presto per comprare, suggerendo di aspettare la soluzione della vicenda Mps. «Il nostro unico overweight (cioè previsione che il titolo farà meglio della media, ndr) è Intesa Sanpaolo (target price a 2,6 euro)».

Gli analisti di Morgan Stanley suggeriscono inoltre di attendere l’esito referendario, attribuendo alla vittoria del «No» una possibilità del 65%. In questo caso, sottolineano, «potrebbero prendere il via un periodo di incertezza, intaccando la fiducia del sistema e la crescita del pil. Inoltre «la vittoria del No potrebbe condizionare le banche italiane aggiungendo ulteriori difficoltà alle modalità di ricapitalizzazione di Banca Mps e creare un certo rischio contagio per il settore bancario europeo nel suo complesso». Gli analisti vedono «un potenziale di rialzo fondamentale per Unicredit (equalweight, target price 2,75 euro), ma sulla base del prezzo del suo ultimo aumento di capitale vogliono aspettare che il business plan sia annunciato prima di riconsiderare l’assunzione del rischio.


Autore: Luigi dell’Olio
Fonte:

Italia Oggi

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