Il 2016 è stato un anno straordinario per le banche italiane, e buona parte di esse ne ha approfittato per unondata straordinaria di svalutazioni dei crediti avariati: le rettifiche sono pressoché raddoppiate rispetto al 2015, toccando i 26,8 miliardi. Facendo precipitare il risultato netto complessivo a quota -14,8 miliardi.
Certo, dietro la classica media del pollo cè di tutto. In media, però, le svalutazioni si sono fatte pesantemente sentire: UniCredit su tutte (da 3,9 a 12,2 miliardi), ma anche Mps (+125% a quota 4,5 miliardi), Ubi (pressoché raddoppiate oltre il miliardo e mezzo) e BancoBpm: i conti pro-forma post aggregazione presentati ieri parlano di un intervento da 2,95 miliardi, e si confrontano con gli 800 milioni di accantonamenti del Banco del 2015 e i 342 della Popolare di Milano.
La ragione di tanto rigore sta nella straordinarietà della fase che queste banche si trovano a vivere, ma anche nellattenzione da parte della Bce. Che ha chiesto a tutti gli istituti di predisporre la propria road map sugli Npl. Per poter dismettere prima occorre svalutare (almeno per evitare ulteriori sorprese), e così si spiegano i 26,8 miliardi di rettifiche contabilizzati dalle prime dieci banche italiane nel 2016. Che per certi aspetti ricorda il 2013, anno – lultimo non a caso prima del debutto della vigilanza unica Bce – in cui si era assistito a unondata straordinaria di pulizie. Rispetto ad allora, però, stavolta cè un dato vagamente più positivo: la marea degli Npl ha smesso di crescere, dunque lauspicio è che di altre manovre simili in futuro non ci sia più bisogno.
Cè da sperarlo. Perché il costo del rischio sarà una variabile fondamentale per la redditività prospettica delle banche. Che resta assai modesta.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
banche – bce – npl
Il 2016 è stato un anno straordinario per le banche italiane, e buona parte di esse ne ha approfittato per unondata straordinaria di svalutazioni dei crediti avariati: le rettifiche sono pressoché raddoppiate rispetto al 2015, toccando i 26,8 miliardi. Facendo precipitare il risultato netto complessivo a quota -14,8 miliardi.
Certo, dietro la classica media del pollo cè di tutto. In media, però, le svalutazioni si sono fatte pesantemente sentire: UniCredit su tutte (da 3,9 a 12,2 miliardi), ma anche Mps (+125% a quota 4,5 miliardi), Ubi (pressoché raddoppiate oltre il miliardo e mezzo) e BancoBpm: i conti pro-forma post aggregazione presentati ieri parlano di un intervento da 2,95 miliardi, e si confrontano con gli 800 milioni di accantonamenti del Banco del 2015 e i 342 della Popolare di Milano.
La ragione di tanto rigore sta nella straordinarietà della fase che queste banche si trovano a vivere, ma anche nellattenzione da parte della Bce. Che ha chiesto a tutti gli istituti di predisporre la propria road map sugli Npl. Per poter dismettere prima occorre svalutare (almeno per evitare ulteriori sorprese), e così si spiegano i 26,8 miliardi di rettifiche contabilizzati dalle prime dieci banche italiane nel 2016. Che per certi aspetti ricorda il 2013, anno – lultimo non a caso prima del debutto della vigilanza unica Bce – in cui si era assistito a unondata straordinaria di pulizie. Rispetto ad allora, però, stavolta cè un dato vagamente più positivo: la marea degli Npl ha smesso di crescere, dunque lauspicio è che di altre manovre simili in futuro non ci sia più bisogno.
Cè da sperarlo. Perché il costo del rischio sarà una variabile fondamentale per la redditività prospettica delle banche. Che resta assai modesta.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
banche – bce – npl