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Lo «scudo» è legge, ora banche in campo

Lo scudo salva-risparmio va in Gazzetta ufficiale e ora la parola passa alle banche che vorranno, o dovranno, chiedere garanzie pubbliche sulle operazioni straordinarie di liquidità o un intervento dello Stato per le ricapitalizzazioni precauzionali. L’attenzione a questo punto è tutta sul Monte del Paschi, per il quale è previsto un intervento del Tesoro con 6,6 miliardi, mentre in seconda battuta potrebbe toccare alle banche venete per le quali l’ad di Popolare Vicenza, Fabrizio Viola, ha spiegato al nostro giornale che l’ipotesi di un intervento pubblico è al vaglio.

Dopo il voto finale di ieri alla Camera sul decreto (246 i sì che arrivano dopo una doppia fiducia) il presidente del Consiglio ha salutato il provvedimento come «un passo avanti per garantire più sicurezza economica a famiglie e imprese». In campo c’è una dote da 20 miliardi che Bankitalia in sede di audizione parlamentare, un mese fa, ha giudicato «ampiamente sufficiente» per la soluzione dei problemi ancora aperti. Mentre ancora negli ultimi giorni il ministro Pier Carlo Padoan ha mandato più di un invito agli istituti a muoversi «ora che tutti gli strumenti sono in campo» per poi procedere al progressivo smaltimento degli 80 miliardi di sofferenze nette che pesano sui bilanci.

Durante l’iter parlamentare per la conversione in legge, via Nazionale ha nel frattempo chiuso il lungo percorso di salvataggio di tre delle quattro banche in dissesto che erano state poste in risoluzione il 22 novembre del 2015 dopo diversi mesi di commissariamento. Nuova Banca Marche, Nuova Banca Etruria e Nuova Cassa di Risparmio di Chieti sono state formalmente cedute a Ubi Banca, mentre la trattativa per il passaggio della Nuova CariFerrara a Bper va avanti. Operazioni che rendono necessario per il Fondo nazionale di risoluzione sostenere ulteriori oneri, il cui valore residuo ammonta a 1,5 miliardi. Per questo Bankitalia ha disposto il richiamo di due quote contributive di pari ammontare, quote che le banche, grazie alle nuove norme approvate, potranno versare entro i prossimi 5 anni.

Tornando alla conversione in legge, sono poche le modifiche apportate in Parlamento su un testo a elevata complessità tecnica e i cui contenuti erano stati in buona parte concordati con le autorità europee. Il compromesso che ha suscitato le polemiche maggiori è quello sulla cosiddetta “black list” dei debitori delle banche in crisi: non saranno resi noti i nomi ma i «profili di rischio e meriti di credito» di chi ha ricevuto prestiti sopra l’1% del patrimonio netto delle banche che chiedono il sostegno pubblico.

L’altra novità importante riguarda l’applicazione del burden sharing: sarà attenuato attraverso il riacquisto delle azioni in cambio di bond senior solo per le obbligazioni subordinate acquistate prima dell’entrata in vigore del bail in, ovvero il 1° gennaio 2016. Prevista anche una misura anti-speculatori, con un limite al riacquisto delle azioni che il risparmiatore ottiene con l’applicazione del burden sharing fissato al prezzo di acquisto dei bond subordinati, non al loro valore nominale. Definiti poi i criteri di valorizzazione delle azioni delle banche che chiedono la ricapitalizzazione a seconda che siano quotate o meno e definiti anche i possibili tetti alle remunerazioni dei manager degli istituti che vanno in ricapitalizzazione pubblica. Il richiamo, ha sottolineato il sottosegretario Pier Paolo Baretta, è alle norme Ue che prevedono «una retribuzione al massimo di quindici volte il salario medio nazionale dello Stato membro (o di dieci volte il salario medio della banca). Il salario medio italiano corrisponde a circa 28mila euro, moltiplichiamo per 15 dà circa 450 mila euro».

Per gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche poste in risoluzione si riaprono fino a fine maggio i termini per accedere al meccanismo forfettario di ristoro all’80%, possibilità estesa anche a chi ha ricevuto i bond da coniugi, conviventi more uxorio o parenti fino al secondo grado. E il prezzo pagato per i bond non sarà più conteggiato nel tetto a 100mila euro per il patrimonio mobiliare. Infine: cambiano i termini per il versamento del canone in capo a tutte le banche che trasformano le Dta, le imposte anticipate qualificate, in crediti d’imposta. La modifica consente di far valere per l’esercizio 2016 quanto versato a luglio scorso. Il canone è dovuto fino al 2030. Prevista anche per le Bcc la piena trasformabilità delle Dta fino al 2015 in credito d’imposta.


Autore: Davide Colombo
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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