La contingente fase ciclica recessiva sta contribuendo ad incrementare il livello di generale indebitamento delle famiglie italiane che sovente cercano di eliminare le passività finanziarie ricorrendo ad operazioni di consolidamento. Il registrato aumento degli impieghi bancari sembra quindi da attribuire anche a queste operazioni.
E proprio al fine di recuperare i crediti a rischio mediante tali interventi, le banche, nel valutare con le dovute precauzioni il merito creditizio della clientela in difficoltà, colgono l’occasione per acquisire nuove garanzie, reali e/o personali, ovvero propongono direttamente alcune tipologie di sovvenzioni e cessioni del quinto liquidate anche da società finanziarie esterne operanti in regime di partnership commerciale.
Gli ulteriori vantaggi derivanti per le aziende di credito oggi impegnate nel praticare tali forme di finanziamento sono molteplici: immediato recupero integrale del credito, eventuale azzeramento della previsione di perdita, totale traslazione del rischio di insolvenza se l’erogazione è effettuata direttamente da terzi intermediari non bancari. Al cliente-debitore, per converso, viene offerta la possibilità di riequilibrare la propria complessiva situazione finanziaria spostando i debiti dal breve al medio-lungo termine ed ottenendo, in alcuni casi, liquidità aggiuntiva: ciò si traduce, pertanto, in un innegabile beneficio per l’economia reale che può vedere finalmente la ripresa dallo sblocco di consumi e investimenti.
Ma l’autentica novità per il sistema bancario consiste nel concreto ampliamento del business realizzato attraverso l’incasso sia dei compensi legati alla vendita di polizze assicurative abbinate a mutui e prestiti concessi con finalità di consolidamento sia delle commissioni che le società di credito al consumo corrispondono per l’offerta dei propri servizi presso la rete degli sportelli bancari convenzionati. Non può, peraltro, sottacersi che le banche, nell’istruire dette pratiche, tendono a presidiare il rischio affiancando al debitore principale altri soggetti solvibili con la tipica funzione di garanzia che, di fatto, “entrano in Agenzia” diventando, così, i destinatari delle campagne di sviluppo commerciale organizzate per aumentare la raccolta con nuovi conti, depositi, prodotti di risparmio e investimento.
Appare alquanto singolare come, in un periodo di crisi economica, il consolidamento del debito si trasformi in una modalità di gestione del credito problematico – orientata al rientro in bonis del cliente moroso – idonea a generare, se pur in modo trasversale, interessanti e lucrative opportunità commerciali per gli istituti bancari i quali, in una sola mossa, nel gravoso compito di regolarizzare i crediti anomali riescono a salvaguardare la relazione con il debitore finendo altresì per “agganciare” nuovi clienti ed incrementando, conseguentemente, i ricavi.
Dalla disamina di questo modus operandi viene a delinearsi un’immagine certamente molto più benevola e solidale della Banca del nuovo millennio, capace di attuare una sana e prudente gestione dell’attività di intermediazione in giusta sintonia con irrinunciabili obiettivi di soddisfazione della clientela e di qualità del servizio fornito. A ben vedere, per gli Istituti di credito italiani è proprio questa peculiare strategia di recupero del credito e contestuale ripristino del rapporto fiduciario con il cliente che, pur potendo apparire contraddittoria, si rivela risolutiva e determinante nell’ottica di ambire a “fare banca” in modo socialmente responsabile in un contesto di mercato competitivo e di respiro ormai europeo.
Autore: Daniele Argentieri
Fonte: Milano Finanza
La contingente fase ciclica recessiva sta contribuendo ad incrementare il livello di generale indebitamento delle famiglie italiane che sovente cercano di eliminare le passività finanziarie ricorrendo ad operazioni di consolidamento. Il registrato aumento degli impieghi bancari sembra quindi da attribuire anche a queste operazioni.
E proprio al fine di recuperare i crediti a rischio mediante tali interventi, le banche, nel valutare con le dovute precauzioni il merito creditizio della clientela in difficoltà, colgono l’occasione per acquisire nuove garanzie, reali e/o personali, ovvero propongono direttamente alcune tipologie di sovvenzioni e cessioni del quinto liquidate anche da società finanziarie esterne operanti in regime di partnership commerciale.
Gli ulteriori vantaggi derivanti per le aziende di credito oggi impegnate nel praticare tali forme di finanziamento sono molteplici: immediato recupero integrale del credito, eventuale azzeramento della previsione di perdita, totale traslazione del rischio di insolvenza se l’erogazione è effettuata direttamente da terzi intermediari non bancari. Al cliente-debitore, per converso, viene offerta la possibilità di riequilibrare la propria complessiva situazione finanziaria spostando i debiti dal breve al medio-lungo termine ed ottenendo, in alcuni casi, liquidità aggiuntiva: ciò si traduce, pertanto, in un innegabile beneficio per l’economia reale che può vedere finalmente la ripresa dallo sblocco di consumi e investimenti.
Ma l’autentica novità per il sistema bancario consiste nel concreto ampliamento del business realizzato attraverso l’incasso sia dei compensi legati alla vendita di polizze assicurative abbinate a mutui e prestiti concessi con finalità di consolidamento sia delle commissioni che le società di credito al consumo corrispondono per l’offerta dei propri servizi presso la rete degli sportelli bancari convenzionati. Non può, peraltro, sottacersi che le banche, nell’istruire dette pratiche, tendono a presidiare il rischio affiancando al debitore principale altri soggetti solvibili con la tipica funzione di garanzia che, di fatto, “entrano in Agenzia” diventando, così, i destinatari delle campagne di sviluppo commerciale organizzate per aumentare la raccolta con nuovi conti, depositi, prodotti di risparmio e investimento.
Appare alquanto singolare come, in un periodo di crisi economica, il consolidamento del debito si trasformi in una modalità di gestione del credito problematico – orientata al rientro in bonis del cliente moroso – idonea a generare, se pur in modo trasversale, interessanti e lucrative opportunità commerciali per gli istituti bancari i quali, in una sola mossa, nel gravoso compito di regolarizzare i crediti anomali riescono a salvaguardare la relazione con il debitore finendo altresì per “agganciare” nuovi clienti ed incrementando, conseguentemente, i ricavi.
Dalla disamina di questo modus operandi viene a delinearsi un’immagine certamente molto più benevola e solidale della Banca del nuovo millennio, capace di attuare una sana e prudente gestione dell’attività di intermediazione in giusta sintonia con irrinunciabili obiettivi di soddisfazione della clientela e di qualità del servizio fornito. A ben vedere, per gli Istituti di credito italiani è proprio questa peculiare strategia di recupero del credito e contestuale ripristino del rapporto fiduciario con il cliente che, pur potendo apparire contraddittoria, si rivela risolutiva e determinante nell’ottica di ambire a “fare banca” in modo socialmente responsabile in un contesto di mercato competitivo e di respiro ormai europeo.
Autore: Daniele Argentieri
Fonte: Milano Finanza