La metamorfosi è in atto dal 2008 ed è ormai senza ritorno. Secondo Gennaro Casale (Bcg), la raccolta diretta sarà sempre più rilevante .
L’OPINIONE
La crisi del debito sovrano trasformerà anche le banche italiane sotto almeno quattro profili: gli istituti di credito del prossimo futuro saranno meno redditizi rispetto ai fasti pre-2008 e più concentrati sulla raccolta diretta; ci saranno meno filiali sul territorio e con formati diversi; la multicanalità acquisirà un ruolo sempre più centrale e infine sarà necessario abbassare strutturalmente la posizione di costo a caccia della migliore efficienza possibile, anche attraverso la possibilità di destinare in outsourcing parti di attività a minor valore. È questa la tesi di Gennaro Casale, partner & managing director presso Boston Consulting Group, comunque prosegua l’emergenza finanziaria evidenziatasi negli ultimi due mesi. Ovvero sia che il rischio di default per i cosiddetti Paesi Piigs si riveli una parentesi all’interno del ciclo avviato con la crisi di fine 2007-2008 o se dia di per sé avvio a una nuova recessione e in definitiva a un nuovo ciclo. Una metamorfosi che, mi sembra di capire, parte dal 2008…
L’evoluzione delle banche in effetti si inserisce in uno scenario già di per sé difficile ben prima di quest’ultima emergenza finanziaria. A mettere in discussione i business model esistenti infatti aveva già concorso, in modo significativo, la crisi di fine 2007. E in effeti il nodo dei subprime e l’aumento vertiginoso di sofferenze e non performing loans aveva già messo sotto pressione il conto economico degli istituti di credito. La redditività si era già ridotta a causa dell’aumento del costo del rischio, dei tassi di interesse ai minimi e ovviamente della recessione. Si consideri, ad esempio, che l’utile netto del sistema bancario italiano nel 2010 si è attestato a 7 miliardi di euro circa, poco più di un terzo rispetto ai circa 20 miliardi di fine 2007.
Non solo. Anche lo stato patrimoniale è stato oggetto di profonde revisioni: deleveraging degli asset più rischiosi, forme alternative di raccolta e i più stringenti criteri di patrimonializzazione previsti da Basilea 3 richiedono nuovo capitale per 40 miliardi circa. In questo clima si è innescata poi l’emergenza del funding. La svalutazione dei titoli di Stato in portafoglio alle banche ha infatti causato un serio problema di funding sui mercati istituzionali e ha riportato in auge la raccolta diretta della clientela retail, peraltro piuttosto costosa e meno redditizia a confronto di altri prodotti come risparmio gestito e assicurazioni vita. Non rivedremo più la redditività di un tempo? Lo escluderei.
I confini di redditività sul capitale entro cui si muoveranno le banche nei prossimi anni saranno sensibilmente più ridotti rispetto a quelli del passato anche recente. Si consideri che, fino al 2007, il rendimento free risk si attestava intorno al 3-4% a fronte di un roe bancario intorno al 15-20% e con punte fino al 25%. In effetti, visto il divario, i rischi evidentemente c’erano e sono esplosi successivamente. Attualmente il rendimento free risk è intorno al 2,5% rispetto a un roe del settore bancario del 4-5%. In parte è la crisi. Nel 2009-2010 il sistema bancario ha registrato un roe intorno al 3-4%, legato al manifestarsi della fase più acuta della crisi. Ma i cambiamenti strutturali sono senza ritorno, anche una volta superata la fase più critica. Il roe del sistema nel suo complesso difficilmente potrà supererà il 7-10%. Quanto invece al costo del rischio? Il costo del rischio è legato al ciclo economico. Il picco storicamente si tocca al terzo anno dall’avvio della crisi. E infatti tra il 2009 e il 2010 aveva oltrepassato i 100 basis point rispetto ai 50 del 2007.
La prima parte del 2011, con i primi segnali di ripresa del ciclo economico, ha fatto registrare una riduzione del 10-15% e le proiezioni sul 2011 lo vedono intorno ai 70-80 punti base. Ma molto, ovvio, dipenderà dall’andamento del secondo semestre e dall’evoluzione della crisi del debito sovrano; se quest’ultima dovesse dare avvio a una nuova recessione, ripartirà il ciclo al rialzo delle rettifiche su crediti. In questo contesto come verranno ripensate le banche sul territorio nel prossimo futuro? Occorrerà rivedere l’assetto distributivo degli istituti di credito sul territorio: ci saranno meno filiali, più piccole e concentrate sui servizi commerciali e di consulenza per i clienti e le imprese. Saranno poi esplorate tutte le opportunità legate alle nuove piattaforme tecnologiche e multicanali che aumentano le occasioni di vendita e ottimizzano il costo cliente. Sul mercato aleggia il timore che si vada incontro a un nuovo round di aumenti di capitale. Cosa ne pensa? Nella prima parte del 2011 si è assistito, con l’emergere dei nuovi requisiti previsti da Basilea 3, a una serie di ricapitalizzazioni non ancora conclusa. Premesso che non è detto che gli istituti di credito già passati da uno o più aumenti di capitale abbiano raggiunto i livelli ottimali fissati dalla nuova regolamentazione, non ritengo che la crisi del debito sovrano possa di per sé originare una nuova ondata di operazioni. In questo l’opinione di Boston Consulting diverge da quella del Fondo monetario internazionale, secondo cui sarebbero necessari sul territorio del Vecchio Continente mezzi freschi per altri 200 miliardi di euro. Al momento tuttavia la situazione dei titoli di Italia, Spagna e Irlanda è ben lontana dai livelli della Grecia. E comunque, anche se si arrivasse al default, non basterebbero nuove ricapitalizzazioni a salvare il sistema bancario.
Autore: Cinzia Meoni
Fonte: Borsa Finanza
La metamorfosi è in atto dal 2008 ed è ormai senza ritorno. Secondo Gennaro Casale (Bcg), la raccolta diretta sarà sempre più rilevante .
L’OPINIONE
La crisi del debito sovrano trasformerà anche le banche italiane sotto almeno quattro profili: gli istituti di credito del prossimo futuro saranno meno redditizi rispetto ai fasti pre-2008 e più concentrati sulla raccolta diretta; ci saranno meno filiali sul territorio e con formati diversi; la multicanalità acquisirà un ruolo sempre più centrale e infine sarà necessario abbassare strutturalmente la posizione di costo a caccia della migliore efficienza possibile, anche attraverso la possibilità di destinare in outsourcing parti di attività a minor valore. È questa la tesi di Gennaro Casale, partner & managing director presso Boston Consulting Group, comunque prosegua l’emergenza finanziaria evidenziatasi negli ultimi due mesi. Ovvero sia che il rischio di default per i cosiddetti Paesi Piigs si riveli una parentesi all’interno del ciclo avviato con la crisi di fine 2007-2008 o se dia di per sé avvio a una nuova recessione e in definitiva a un nuovo ciclo. Una metamorfosi che, mi sembra di capire, parte dal 2008…
L’evoluzione delle banche in effetti si inserisce in uno scenario già di per sé difficile ben prima di quest’ultima emergenza finanziaria. A mettere in discussione i business model esistenti infatti aveva già concorso, in modo significativo, la crisi di fine 2007. E in effeti il nodo dei subprime e l’aumento vertiginoso di sofferenze e non performing loans aveva già messo sotto pressione il conto economico degli istituti di credito. La redditività si era già ridotta a causa dell’aumento del costo del rischio, dei tassi di interesse ai minimi e ovviamente della recessione. Si consideri, ad esempio, che l’utile netto del sistema bancario italiano nel 2010 si è attestato a 7 miliardi di euro circa, poco più di un terzo rispetto ai circa 20 miliardi di fine 2007.
Non solo. Anche lo stato patrimoniale è stato oggetto di profonde revisioni: deleveraging degli asset più rischiosi, forme alternative di raccolta e i più stringenti criteri di patrimonializzazione previsti da Basilea 3 richiedono nuovo capitale per 40 miliardi circa. In questo clima si è innescata poi l’emergenza del funding. La svalutazione dei titoli di Stato in portafoglio alle banche ha infatti causato un serio problema di funding sui mercati istituzionali e ha riportato in auge la raccolta diretta della clientela retail, peraltro piuttosto costosa e meno redditizia a confronto di altri prodotti come risparmio gestito e assicurazioni vita. Non rivedremo più la redditività di un tempo? Lo escluderei.
I confini di redditività sul capitale entro cui si muoveranno le banche nei prossimi anni saranno sensibilmente più ridotti rispetto a quelli del passato anche recente. Si consideri che, fino al 2007, il rendimento free risk si attestava intorno al 3-4% a fronte di un roe bancario intorno al 15-20% e con punte fino al 25%. In effetti, visto il divario, i rischi evidentemente c’erano e sono esplosi successivamente. Attualmente il rendimento free risk è intorno al 2,5% rispetto a un roe del settore bancario del 4-5%. In parte è la crisi. Nel 2009-2010 il sistema bancario ha registrato un roe intorno al 3-4%, legato al manifestarsi della fase più acuta della crisi. Ma i cambiamenti strutturali sono senza ritorno, anche una volta superata la fase più critica. Il roe del sistema nel suo complesso difficilmente potrà supererà il 7-10%. Quanto invece al costo del rischio? Il costo del rischio è legato al ciclo economico. Il picco storicamente si tocca al terzo anno dall’avvio della crisi. E infatti tra il 2009 e il 2010 aveva oltrepassato i 100 basis point rispetto ai 50 del 2007.
La prima parte del 2011, con i primi segnali di ripresa del ciclo economico, ha fatto registrare una riduzione del 10-15% e le proiezioni sul 2011 lo vedono intorno ai 70-80 punti base. Ma molto, ovvio, dipenderà dall’andamento del secondo semestre e dall’evoluzione della crisi del debito sovrano; se quest’ultima dovesse dare avvio a una nuova recessione, ripartirà il ciclo al rialzo delle rettifiche su crediti. In questo contesto come verranno ripensate le banche sul territorio nel prossimo futuro? Occorrerà rivedere l’assetto distributivo degli istituti di credito sul territorio: ci saranno meno filiali, più piccole e concentrate sui servizi commerciali e di consulenza per i clienti e le imprese. Saranno poi esplorate tutte le opportunità legate alle nuove piattaforme tecnologiche e multicanali che aumentano le occasioni di vendita e ottimizzano il costo cliente. Sul mercato aleggia il timore che si vada incontro a un nuovo round di aumenti di capitale. Cosa ne pensa? Nella prima parte del 2011 si è assistito, con l’emergere dei nuovi requisiti previsti da Basilea 3, a una serie di ricapitalizzazioni non ancora conclusa. Premesso che non è detto che gli istituti di credito già passati da uno o più aumenti di capitale abbiano raggiunto i livelli ottimali fissati dalla nuova regolamentazione, non ritengo che la crisi del debito sovrano possa di per sé originare una nuova ondata di operazioni. In questo l’opinione di Boston Consulting diverge da quella del Fondo monetario internazionale, secondo cui sarebbero necessari sul territorio del Vecchio Continente mezzi freschi per altri 200 miliardi di euro. Al momento tuttavia la situazione dei titoli di Italia, Spagna e Irlanda è ben lontana dai livelli della Grecia. E comunque, anche se si arrivasse al default, non basterebbero nuove ricapitalizzazioni a salvare il sistema bancario.
Autore: Cinzia Meoni
Fonte: Borsa Finanza