E se, in vista di Basilea 3, il coefficiente di patrimonializzazione core tier 1 per gli istituti di credito fosse fissato al 10%? L’ipotesi ha preso forma in via ufficiosa dopo che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti sembra l’abbia prospettata due giorni fa in occasione di un incontro con alcuni imprenditori e banchieri italiani presso l’Aspen Institute.
Posto che al momento la Banca d’Italia non si è espressa ufficialmente in questi termini, secondo la lettura di alcuni analisti tale eventuale target dovrebbe essere inteso per le banche sistemiche – e dunque nel caso italiano per Unicredit e Intesa Sanpaolo – alle quali proprio Basilea 3 potrebbe richiedere un cuscinetto di capitale aggiuntivo. Sempre a parere di tali analisti, il gap di capitale potrebbe essere in gran parte colmato attraverso l’emissione di bond ibridi e/o convertibili.
Resta il fatto che, in aggiunta a tali operazioni, alcune banche, Monte dei Paschi di Siena e Popolare di Milano in primis (qualora il limite del 10% dovesse essere esteso anche agli istituti meno grandi), potrebbero vedersi costrette a chiedere denaro ai propri soci tramite aumenti di capitale. E a riguardo, nonostante le continue smentite del management, val la pena sottolineare come la Fondazione Mps, primo azionista della banca di Rocca Salimbeni con oltre il 50%, per voce del proprio presidente Gabriello Mancini, continui a dirsi non disposta a diluirsi nell’azionariato.
Ovviamente, si sottintende, in caso di aumento di capitale. «Non c’è dubbio, noi non scendiamo sotto il 50%», ha ribadito ieri Mancini. Mentre nel pomeriggio il presidente di Bpm, Massimo Ponzellini, ha negato la possibilità di ricapitalizzazione nel 2011. A prescindere dal mezzo con cui gli istituti decideranno di sopperire al gap di patrimonializzazione necessario per raggiungere un core tier 1 del 10%, val la pena sottolineare come tutte le principali banche italiane, stando agli ultimi dati annunciati, risultino deficitarie.
Basti pensare che per Unicredit il dato al 30 settembre 2010 si attestava all’8,61%, mentre per Intesa Sanpaolo, sempre alla stessa data, il core tier 1 era pari al 7,7% (9,4% il dato proforma tenendo conto di alcune operazioni come la cessione dei 96 sportelli al Crédit Agricole).
Sebbene Mps non sia solita comunicare il dato sul core tier 1, lo si può ottenere a livello spannometrico sottraendo lo 0,5% al dato sul tier 1, al 30 settembre pari all’8,4 per cento. Si arriverebbe in questo modo al 7,9 per cento. Ieri, in Borsa, Unicredit ha ceduto l’1,82%, Intesa Sanpaolo l’1,67%, Mps lo 0,36% e Popolare di Milano lo 0,47 per cento.
Autore: Carlotta Scozzari
Fonte: Finanza&Mercati
E se, in vista di Basilea 3, il coefficiente di patrimonializzazione core tier 1 per gli istituti di credito fosse fissato al 10%? L’ipotesi ha preso forma in via ufficiosa dopo che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti sembra l’abbia prospettata due giorni fa in occasione di un incontro con alcuni imprenditori e banchieri italiani presso l’Aspen Institute.
Posto che al momento la Banca d’Italia non si è espressa ufficialmente in questi termini, secondo la lettura di alcuni analisti tale eventuale target dovrebbe essere inteso per le banche sistemiche – e dunque nel caso italiano per Unicredit e Intesa Sanpaolo – alle quali proprio Basilea 3 potrebbe richiedere un cuscinetto di capitale aggiuntivo. Sempre a parere di tali analisti, il gap di capitale potrebbe essere in gran parte colmato attraverso l’emissione di bond ibridi e/o convertibili.
Resta il fatto che, in aggiunta a tali operazioni, alcune banche, Monte dei Paschi di Siena e Popolare di Milano in primis (qualora il limite del 10% dovesse essere esteso anche agli istituti meno grandi), potrebbero vedersi costrette a chiedere denaro ai propri soci tramite aumenti di capitale. E a riguardo, nonostante le continue smentite del management, val la pena sottolineare come la Fondazione Mps, primo azionista della banca di Rocca Salimbeni con oltre il 50%, per voce del proprio presidente Gabriello Mancini, continui a dirsi non disposta a diluirsi nell’azionariato.
Ovviamente, si sottintende, in caso di aumento di capitale. «Non c’è dubbio, noi non scendiamo sotto il 50%», ha ribadito ieri Mancini. Mentre nel pomeriggio il presidente di Bpm, Massimo Ponzellini, ha negato la possibilità di ricapitalizzazione nel 2011. A prescindere dal mezzo con cui gli istituti decideranno di sopperire al gap di patrimonializzazione necessario per raggiungere un core tier 1 del 10%, val la pena sottolineare come tutte le principali banche italiane, stando agli ultimi dati annunciati, risultino deficitarie.
Basti pensare che per Unicredit il dato al 30 settembre 2010 si attestava all’8,61%, mentre per Intesa Sanpaolo, sempre alla stessa data, il core tier 1 era pari al 7,7% (9,4% il dato proforma tenendo conto di alcune operazioni come la cessione dei 96 sportelli al Crédit Agricole).
Sebbene Mps non sia solita comunicare il dato sul core tier 1, lo si può ottenere a livello spannometrico sottraendo lo 0,5% al dato sul tier 1, al 30 settembre pari all’8,4 per cento. Si arriverebbe in questo modo al 7,9 per cento. Ieri, in Borsa, Unicredit ha ceduto l’1,82%, Intesa Sanpaolo l’1,67%, Mps lo 0,36% e Popolare di Milano lo 0,47 per cento.
Autore: Carlotta Scozzari
Fonte: Finanza&Mercati