Meno accantonamenti e rettifiche su crediti, lieve ripresa degli utili dalla finanza.È da queste due grandezze che sono arrivate le differenze principali nei risultati delle maggiori banche italiane nel terzo trimestre del 2010. Per il resto, data la permanente situazione dei tassi, poche novità. Il margine d’interesse, ovvero il risultato dell’attività classica di banca commerciale che raccoglie e presta soldi, non ha evidenziato significative tendenze di ripresa. Anzi, in molti casi si è vista una ulteriore contrazione poichè la domanda di credito «sano» langue e, in ogni caso, le banche stanno molto attente a erogare nuovi prestiti. Il calo o la tenuta del margine d’interesse è stato solo parzialmente compensato dalla ripresa delle commissioni nette. Ne consegue che, in media, pur dopo risultati dissimili nella finanza, il margine d’intermediazione scende anche nei primi nove mesi dell’anno: -7,9% per UniCredit, -7,1% per Intesa Sanpaolo (proventi netti). Più sofferenze, meno rettifiche Il dato più rilevante che emerge dal trimestre, confermando la tendenza già vista negli ultimi sei mesi, è il netto miglioramento generale del costo del credito. In pratica: i nuovi accantonamenti e rettifiche su crediti sono inferiori, trimestre dopo trimestre (si veda la tabella a fianco). Tendenza che però si confronta con un aumento dei crediti in sofferenza. E che risulta evidente da parte dei due grandi gruppi italiani. Per Intesa Sanpaolo, nei primi nove mesi dell’anno il complesso dei crediti deteriorati (sofferenze, incagliati, ristrutturati, e scaduti/sconfinanti) è salito da 20.456 milioni a 20.836 milioni, mentre le sofferenze, sempre nei nove mesi sono aumentate da 5.365 a 6.634 milioni. Nello stesso periodo, invece, il complesso degli accantonamenti e delle rettifiche è sceso del 13,4% a 2.521 milioni. Tendenza analoga per UniCredit che ha visto scendere gli accantonamenti del 18% circa, da 6.000 a 5.141 milioni. Diminuzione cui fa da contraltare un aumento dei crediti deteriorati lordi (+2,3% nell’ultimo trimestre a 65,2 miliardi), così come le sofferenze. Meno prudenza da parte delle banche nel trattamento dei crediti a rischio? Necessità di comprimere le rettifiche pur di uscire con risultati in utile? La spiegazione delle banche è la seguente. Il quadro generale dell’economia è in lento miglioramento da alcuni mesi. E questo si riflette in un miglioramento del nuovo credito delle imprese. Il che comporta che il complesso dei crediti deteriorati non peggiora. Ma soprattutto che la velocità nel passaggio da “incaglio” a “sofferenza” diminuisce. E quindi i nuovi accantonamenti su crediti, che pure ci sono e continuano a «graffiare» il conto economico, aumentano di meno rispetto al passato. Pur se l’onda lunga delle sofferenze, come sempre accaduto in ogni fase di crisi, è destinata a proseguire ancora per almeno 6-9 mesi per lo sfasamento temporale che caratterizza i non performing loans. D’altra parte, si sottolinea ai vertici degli istituti di credito, è vero che esistono margini discrezionali nel trattamento dei crediti. Ma è anche vero che negli ultimi dodici mesi ogni banca è stata oggetto di attente e ripetute ispezioni da parte della Vigilanza della Banca d’Italia. Condizionando fatalmente la prudenzialità delle scelte contabili dei vari istituti. Focus sui ratios patrimoniali L’altro grande capitolo di attenzione del mercato era concentrato sui ratios patrimoniali che, in vista di Basilea 3, dovranno essere rafforzati, condizionando le politiche di dividendo e costringendo alcuni istituti a lanciare aumenti di capitale. A livello trimestrale, ovviamente, non era possibile immaginare rivolgimenti. Ma in generale, il sistema delle principali banche domestiche ha ulteriormente rafforzato il Core Tier 1. Per UniCredit il coefficiente sale di 20 punti all’8,61%, per Intesa Sanpaolo al 7,7% (dal 7,1% di nove mesi prima). Trend in lieve miglioramento anche per le banche di media dimensione, dove il solo Banco Popolare ha appena annunciato un aumento di capitale da 2 miliardi per ripagare i Tremonti bond e adeguarsi a Basilea 3. Per tutte, la strada che porta al 2019 è però ancora lunga.
Autore: Alessandro Graziani
Fonte: Il Sole 24 ore
Meno accantonamenti e rettifiche su crediti, lieve ripresa degli utili dalla finanza.È da queste due grandezze che sono arrivate le differenze principali nei risultati delle maggiori banche italiane nel terzo trimestre del 2010. Per il resto, data la permanente situazione dei tassi, poche novità. Il margine d’interesse, ovvero il risultato dell’attività classica di banca commerciale che raccoglie e presta soldi, non ha evidenziato significative tendenze di ripresa. Anzi, in molti casi si è vista una ulteriore contrazione poichè la domanda di credito «sano» langue e, in ogni caso, le banche stanno molto attente a erogare nuovi prestiti. Il calo o la tenuta del margine d’interesse è stato solo parzialmente compensato dalla ripresa delle commissioni nette. Ne consegue che, in media, pur dopo risultati dissimili nella finanza, il margine d’intermediazione scende anche nei primi nove mesi dell’anno: -7,9% per UniCredit, -7,1% per Intesa Sanpaolo (proventi netti). Più sofferenze, meno rettifiche Il dato più rilevante che emerge dal trimestre, confermando la tendenza già vista negli ultimi sei mesi, è il netto miglioramento generale del costo del credito. In pratica: i nuovi accantonamenti e rettifiche su crediti sono inferiori, trimestre dopo trimestre (si veda la tabella a fianco). Tendenza che però si confronta con un aumento dei crediti in sofferenza. E che risulta evidente da parte dei due grandi gruppi italiani. Per Intesa Sanpaolo, nei primi nove mesi dell’anno il complesso dei crediti deteriorati (sofferenze, incagliati, ristrutturati, e scaduti/sconfinanti) è salito da 20.456 milioni a 20.836 milioni, mentre le sofferenze, sempre nei nove mesi sono aumentate da 5.365 a 6.634 milioni. Nello stesso periodo, invece, il complesso degli accantonamenti e delle rettifiche è sceso del 13,4% a 2.521 milioni. Tendenza analoga per UniCredit che ha visto scendere gli accantonamenti del 18% circa, da 6.000 a 5.141 milioni. Diminuzione cui fa da contraltare un aumento dei crediti deteriorati lordi (+2,3% nell’ultimo trimestre a 65,2 miliardi), così come le sofferenze. Meno prudenza da parte delle banche nel trattamento dei crediti a rischio? Necessità di comprimere le rettifiche pur di uscire con risultati in utile? La spiegazione delle banche è la seguente. Il quadro generale dell’economia è in lento miglioramento da alcuni mesi. E questo si riflette in un miglioramento del nuovo credito delle imprese. Il che comporta che il complesso dei crediti deteriorati non peggiora. Ma soprattutto che la velocità nel passaggio da “incaglio” a “sofferenza” diminuisce. E quindi i nuovi accantonamenti su crediti, che pure ci sono e continuano a «graffiare» il conto economico, aumentano di meno rispetto al passato. Pur se l’onda lunga delle sofferenze, come sempre accaduto in ogni fase di crisi, è destinata a proseguire ancora per almeno 6-9 mesi per lo sfasamento temporale che caratterizza i non performing loans. D’altra parte, si sottolinea ai vertici degli istituti di credito, è vero che esistono margini discrezionali nel trattamento dei crediti. Ma è anche vero che negli ultimi dodici mesi ogni banca è stata oggetto di attente e ripetute ispezioni da parte della Vigilanza della Banca d’Italia. Condizionando fatalmente la prudenzialità delle scelte contabili dei vari istituti. Focus sui ratios patrimoniali L’altro grande capitolo di attenzione del mercato era concentrato sui ratios patrimoniali che, in vista di Basilea 3, dovranno essere rafforzati, condizionando le politiche di dividendo e costringendo alcuni istituti a lanciare aumenti di capitale. A livello trimestrale, ovviamente, non era possibile immaginare rivolgimenti. Ma in generale, il sistema delle principali banche domestiche ha ulteriormente rafforzato il Core Tier 1. Per UniCredit il coefficiente sale di 20 punti all’8,61%, per Intesa Sanpaolo al 7,7% (dal 7,1% di nove mesi prima). Trend in lieve miglioramento anche per le banche di media dimensione, dove il solo Banco Popolare ha appena annunciato un aumento di capitale da 2 miliardi per ripagare i Tremonti bond e adeguarsi a Basilea 3. Per tutte, la strada che porta al 2019 è però ancora lunga.
Autore: Alessandro Graziani
Fonte: Il Sole 24 ore