Le aste immobiliari hanno pagato un prezzo altissimo per la pandemia: dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono state oltre 200mila le aste registrate in meno rispetto al periodo pre-Covid, con un “buco” di circa 8 miliardi di euro per le mancate vendite. Sono i dati più che eloquenti che emergono dal Report Aste 2021 elaborato da REVIVA, la prima startup specializzata nella vivacizzazione delle aste immobiliari che unisce intelligenza artificiale, big data e marketing esperienziale, con l’obiettivo di aumentare il numero di immobili venduti all’asta ed evitarne la svalutazione dovuta alle numerose aste deserte.
L’annus horribilis delle aste immobiliari è stato il 2020, a causa della chiusura dei Tribunali. Nel 2021 l’attività si è ripresa e in tutta Italia si sono registrate 185.555 aste immobiliari riferite a 126.425 lotti in vendita con un aumento del 58% sul 2020. Un valore apparentemente positivo, ma che nasconde una grave perdita per tutto il settore. Il dato, infatti, segna comunque un -27% rispetto al 2019.
“Nel 2019 il ribasso dei prezzi aveva bruciato 3,4 miliardi, con una svalutazione media del 29% – spiega Giulio Licenza, Co-founder di REVIVA – Quest’anno, invece, la svalutazione complessiva è più bassa, di 2,5 miliardi, ma il dato curioso è che, a livello di percentuali, gli immobili si sono svalutati del 30%. Questo significa che comunque le procedure hanno cercato di standardizzare dei ribassi più marcati.”
Cambia anche la natura degli immobili in asta: aumentano quelli non residenziali, quindi laboratori, uffici, locali commerciali e alberghi, che rappresentano il 38,7% del totale di aste registrate. Questo tipo di immobili sono più difficili da vendere, e questo provoca un’ulteriore perdita di liquidità.
Il 2023 dovrebbe segnare una ripresa del settore, con un maggior numero di immobili all’asta frutto soprattutto dell’aumento delle procedure iscritte a causa, purtroppo, dei nuovi default dovuti anche alla pandemia. “Ci aspettiamo che nel 2022 si ritorni a volumi vicini a quelli del 2019: infatti gli ultimi due mesi del 2021 hanno visto un volume di aste fissate molto vicino agli ultimi due mesi del 2019, cosa che salvo ulteriori misure restrittive, ci fa ben sperare di essere indirizzati verso un periodo di “nuova” normalità. A partire da 2023 ci aspettiamo invece un ulteriore aumento delle procedure esecutive e delle nuove aste, dovute all’aumento degli NPLs causati dalla pandemia” commenta Licenza.
Ma la ripresa definitiva del mercato delle aste immobiliari non può non passare dalla tecnologia. Come precisano da REVIVA, sarà necessario implementare gli asset tecnologici per industrializzare i processi e permettere alle risorse umane di focalizzarsi solo sulle attività di alto valore. Inoltre, bisognerà migliorare le competenze e gli strumenti di marketing, per far sì che, di fronte a una nuova offerta, non calino le vendite e di conseguenza i prezzi.
Il futuro delle aste, infatti, è telematico: dall’inizio della pandemia è stato registrato un aumento medio del 185% di aste svolte in modalità telematica o mista, rispetto alle aste in presenza fisica. “Un dato che fotografa chiaramente la tendenza al lavoro da remoto, che ha avuto un forte sprint durante la pandemia, e che seppure le vendite telematiche conservino ancora un iter piuttosto articolato e burocratico, ci auguriamo possano portare anche ad una maggiore dimestichezza verso una modalità di acquisto più digitale” conclude il Report.
Le aste immobiliari hanno pagato un prezzo altissimo per la pandemia: dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono state oltre 200mila le aste registrate in meno rispetto al periodo pre-Covid, con un “buco” di circa 8 miliardi di euro per le mancate vendite. Sono i dati più che eloquenti che emergono dal Report Aste 2021 elaborato da REVIVA, la prima startup specializzata nella vivacizzazione delle aste immobiliari che unisce intelligenza artificiale, big data e marketing esperienziale, con l’obiettivo di aumentare il numero di immobili venduti all’asta ed evitarne la svalutazione dovuta alle numerose aste deserte.
L’annus horribilis delle aste immobiliari è stato il 2020, a causa della chiusura dei Tribunali. Nel 2021 l’attività si è ripresa e in tutta Italia si sono registrate 185.555 aste immobiliari riferite a 126.425 lotti in vendita con un aumento del 58% sul 2020. Un valore apparentemente positivo, ma che nasconde una grave perdita per tutto il settore. Il dato, infatti, segna comunque un -27% rispetto al 2019.
“Nel 2019 il ribasso dei prezzi aveva bruciato 3,4 miliardi, con una svalutazione media del 29% – spiega Giulio Licenza, Co-founder di REVIVA – Quest’anno, invece, la svalutazione complessiva è più bassa, di 2,5 miliardi, ma il dato curioso è che, a livello di percentuali, gli immobili si sono svalutati del 30%. Questo significa che comunque le procedure hanno cercato di standardizzare dei ribassi più marcati.”
Cambia anche la natura degli immobili in asta: aumentano quelli non residenziali, quindi laboratori, uffici, locali commerciali e alberghi, che rappresentano il 38,7% del totale di aste registrate. Questo tipo di immobili sono più difficili da vendere, e questo provoca un’ulteriore perdita di liquidità.
Il 2023 dovrebbe segnare una ripresa del settore, con un maggior numero di immobili all’asta frutto soprattutto dell’aumento delle procedure iscritte a causa, purtroppo, dei nuovi default dovuti anche alla pandemia. “Ci aspettiamo che nel 2022 si ritorni a volumi vicini a quelli del 2019: infatti gli ultimi due mesi del 2021 hanno visto un volume di aste fissate molto vicino agli ultimi due mesi del 2019, cosa che salvo ulteriori misure restrittive, ci fa ben sperare di essere indirizzati verso un periodo di “nuova” normalità. A partire da 2023 ci aspettiamo invece un ulteriore aumento delle procedure esecutive e delle nuove aste, dovute all’aumento degli NPLs causati dalla pandemia” commenta Licenza.
Ma la ripresa definitiva del mercato delle aste immobiliari non può non passare dalla tecnologia. Come precisano da REVIVA, sarà necessario implementare gli asset tecnologici per industrializzare i processi e permettere alle risorse umane di focalizzarsi solo sulle attività di alto valore. Inoltre, bisognerà migliorare le competenze e gli strumenti di marketing, per far sì che, di fronte a una nuova offerta, non calino le vendite e di conseguenza i prezzi.
Il futuro delle aste, infatti, è telematico: dall’inizio della pandemia è stato registrato un aumento medio del 185% di aste svolte in modalità telematica o mista, rispetto alle aste in presenza fisica. “Un dato che fotografa chiaramente la tendenza al lavoro da remoto, che ha avuto un forte sprint durante la pandemia, e che seppure le vendite telematiche conservino ancora un iter piuttosto articolato e burocratico, ci auguriamo possano portare anche ad una maggiore dimestichezza verso una modalità di acquisto più digitale” conclude il Report.