Il 2019 inizia all’insegna di nuove cessioni di crediti deteriorati. Come previsto, l’attenzione si sposta dalle sofferenze alle inadempienze probabili, i cosiddetti Unlikely to Pay. La notizia riguarda il gruppo Intesa Sanpaolo che starebbe studiando un’operazione di cessione di un pacchetto di UTP per un valore nominale di circa 2 miliardi di euro. Un’indiscrezione che arriva dopo le dichiarazioni del Ceo Carlo Messina che, durante il World Economic Forum di Davos della settimana scorsa, ha ribadito l’intenzione di accelerare sugli obiettivi del piano di riduzione dello stock di Npl che prevede di arrivare entro il 2021 al 6% del totale rispetto al 9,2% risultante alla fine del terzo trimestre 2018.
Altre indiscrezioni parlano di un nuovo progetto di cessioni da parte di Unicredit che sarebbe pronta a smaltire circa 3 miliardi di crediti deteriorati, iniziando a lavorare già da febbraio su un portafoglio di 800 milioni composto principalmente da crediti Unlikely To Pay con sottostante immobiliare.
Intanto la Banca Centrale Europea ha chiesto alle banche europee di svalutare integralmente lo stock dei propri crediti deteriorati, ognuno con i suoi tempi. Secondo quanto pubblicato da Il Sole 24 Ore, la BCE avrebbe inviato una lettera SREP ad ognuna delle 119 banche europee, chiedendo di coprire i vecchi crediti deteriorati con una propria tempistica, che si aggira mediamente sui 7 anni. È nota a tal proposito la lettera inviata ad MPS, con la richiesta di svalutare integralmente lo stock di Npl entro il 2026. In linea con quanto annunciato l’estate scorsa, Francoforte ha iniziato ad interagire direttamente con ciascuna banca, valutando caso per caso la tempistica di smaltimento, tenendo conto del livello di NPL ratio e di altri indicatori finanziari, e basandosi su una “valutazione comparata di banche simili”. Le banche più solide potrebbero riuscire ad anticipare l’operazione, ma difficilmente questo riguarderà gli istituti italiani che hanno in pancia ancora una consistente mole di sofferenze.
E secondo una simulazione di Mediobanca, l’accelerazione del percorso di derisking impressa dalla BCE avrà un impatto significativo sul settore bancario, in termini di minore capacità di macinare utili. Si stima una misura del 17% in meno a livello aggregato, di settore, nel periodo 2019-2026. Nel dettaglio, la svalutazione integrale dello stock di NPL peserebbe a livello di utile (nell’arco temporale 2019-2026) per il 7% su Unicredit, per il 14% su Intesa Sanpaolo, per il 62% su Mps, per il 47% su Ubi, per il 39% su Bper, per il 38% su Banca Popolare di Sondrio, per il 28% sul Creval, per il 12% sul Credem, per il 52% su Banco Bpm.
Il 2019 inizia all’insegna di nuove cessioni di crediti deteriorati. Come previsto, l’attenzione si sposta dalle sofferenze alle inadempienze probabili, i cosiddetti Unlikely to Pay. La notizia riguarda il gruppo Intesa Sanpaolo che starebbe studiando un’operazione di cessione di un pacchetto di UTP per un valore nominale di circa 2 miliardi di euro. Un’indiscrezione che arriva dopo le dichiarazioni del Ceo Carlo Messina che, durante il World Economic Forum di Davos della settimana scorsa, ha ribadito l’intenzione di accelerare sugli obiettivi del piano di riduzione dello stock di Npl che prevede di arrivare entro il 2021 al 6% del totale rispetto al 9,2% risultante alla fine del terzo trimestre 2018.
Altre indiscrezioni parlano di un nuovo progetto di cessioni da parte di Unicredit che sarebbe pronta a smaltire circa 3 miliardi di crediti deteriorati, iniziando a lavorare già da febbraio su un portafoglio di 800 milioni composto principalmente da crediti Unlikely To Pay con sottostante immobiliare.
Intanto la Banca Centrale Europea ha chiesto alle banche europee di svalutare integralmente lo stock dei propri crediti deteriorati, ognuno con i suoi tempi. Secondo quanto pubblicato da Il Sole 24 Ore, la BCE avrebbe inviato una lettera SREP ad ognuna delle 119 banche europee, chiedendo di coprire i vecchi crediti deteriorati con una propria tempistica, che si aggira mediamente sui 7 anni. È nota a tal proposito la lettera inviata ad MPS, con la richiesta di svalutare integralmente lo stock di Npl entro il 2026. In linea con quanto annunciato l’estate scorsa, Francoforte ha iniziato ad interagire direttamente con ciascuna banca, valutando caso per caso la tempistica di smaltimento, tenendo conto del livello di NPL ratio e di altri indicatori finanziari, e basandosi su una “valutazione comparata di banche simili”. Le banche più solide potrebbero riuscire ad anticipare l’operazione, ma difficilmente questo riguarderà gli istituti italiani che hanno in pancia ancora una consistente mole di sofferenze.
E secondo una simulazione di Mediobanca, l’accelerazione del percorso di derisking impressa dalla BCE avrà un impatto significativo sul settore bancario, in termini di minore capacità di macinare utili. Si stima una misura del 17% in meno a livello aggregato, di settore, nel periodo 2019-2026. Nel dettaglio, la svalutazione integrale dello stock di NPL peserebbe a livello di utile (nell’arco temporale 2019-2026) per il 7% su Unicredit, per il 14% su Intesa Sanpaolo, per il 62% su Mps, per il 47% su Ubi, per il 39% su Bper, per il 38% su Banca Popolare di Sondrio, per il 28% sul Creval, per il 12% sul Credem, per il 52% su Banco Bpm.