L’art. 50 (Decreto Ingiuntivo) del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (“TUB”) riconosce alle banche il diritto di chiedere il decreto di ingiunzione previsto dall’art. 633 del codice di procedura civile “anche in base all’estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili, da uno dei dirigenti della banca interessata”, il quale dichiara altresì che “il credito è vero e liquido”.
Si tratta di una normativa di particolare favore che, ponendosi in rapporto di specialità rispetto alla disciplina codicistica della “prova scritta” nel processo esecutivo, mira a dotare le banche di uno strumento probatorio efficace, orientato al rapido soddisfacimento delle ragioni di credito sorte nell’ambito di rapporti di conto corrente.
In questo senso, la certificazione del dirigente ai sensi dell’art. 50 TUB supplisce all’autentica notarile prevista dall’art. 634 c.p.c., attribuendo efficacia di “prova scritta” anche gli estratti delle scritture contabili della banca, che diventano utilmente spendibili in sede di richiesta di decreto ingiuntivo nei confronti della clientela inadempiente.
- La prova dell’esistenza del credito in conto corrente da parte della banca finanziatrice nell’ambito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ex 50 TUB
Si è avuto modo di notare come la documentazione contabile cui all’art. 50 TUB assuma efficacia di “prova scritta” del diritto di credito vantato dalla banca, ai fini della pronuncia del decreto ingiuntivo nei confronti del correntista inadempiente.
Tuttavia, nel disciplinare l’impiego di tale documento in sede esecutiva, il legislatore non prende posizione in merito all’efficacia probatoria dell’estratto conto nell’ambito del successivo giudizio di opposizione, frequentemente promosso dal correntista ingiunto, allo scopo di contestare il diritto della banca a procedere a esecuzione.
In questo senso, l’allegazione dell’estratto conto bancario certificato, che aveva fondato la pronuncia dell’ ingiunzione di pagamento nei confronti del correntista, potrebbe rivelarsi inidonea o, quantomeno, carente, da un punto di vista contenutistico, a supportare l’esistenza del credito nell’ambito del giudizio di opposizione, governato dai più rigidi canoni probatori del giudizio ordinario, a cognizione piena.
In particolare, ai fini dell’accertamento del credito nell’ambito del procedimento post-monitorio, il legislatore pone in capo al correntista l’onere di prendere posizione in modo chiaro e specifico in merito ai fatti posti a fondamento della richiesta di ingiunzione, prescrivendo l’obbligo di contestazione specifica delle annotazioni contabili contenute negli estratti conto prodotti dalla banca.
Evidentemente, l’onere di contestazione delle risultanze contabili non può essere assolto dal correntista nel caso in cui la documentazione prodotta dalla banca non dovesse contenere un “completo resoconto delle partite in dare e avere, tale da palesare la sussistenza del credito azionato in monitorio”.
Proprio in questa prospettiva, si pone il problema di individuare il contenuto essenziale dell’estratto conto bancario ex art. 50 TUB, non solo al fine di fondare la richiesta di decreto ingiuntivo, ma anche allo scopo di provare l’esistenza del credito nell’ambito del giudizio di opposizione promosso dal correntista avverso l’ingiunzione pronunciata nei suoi confronti in sede esecutiva.
- Cass: 29577/2020: il contenuto essenziale dell’estratto conto ex 50 TUB, tra documenti cd. di “estratto conto” e di “saldo conto”
Con l’Ordinanza del 24 dicembre 2020, n. 29577, la Corte di Cassazione rileva che, in caso di contestazione del decreto ingiuntivo, l’estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 TUB non possa costituire, di per sé, prova del credito vantato dalla banca nell’ambito del rapporto di conto corrente.
Al contrario, al fine di provare l’esistenza del credito, l’estratto conto prodotto in sede di richiesta di decreto ingiuntivo, deve essere caratterizzato da un contenuto sufficientemente dettagliato, tale da consentire al debitore opponente di prendere specificamente posizione in merito alle risultanze contabili ivi contenute.
In questo senso, le evidenze contabili certificate dovranno concorrere alla produzione di una “documentazione chiara, in merito allo svolgimento del rapporto”, in quanto tale idonea a:
- riprodurre integralmente “i dati annotati nella scheda di conto e relativi a tutte le operazioni effettuate sullo stesso”;
- consentire la ricostruzione dello “sviluppo temporale del rapporto”; e
- fornire una “descrizione analitica dei rapporti contestati”.
In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto che l’allegazione di un documento cd. di “saldo conto”, unicamente riferibile “all’ultima fase di movimentazione del rapporto” e avente natura “meramente riepilogativa del debito finale”, in luogo degli “estratti conto periodici”, contenenti una descrizione dettagliata delle operazioni poste in essere dal correntista durante l’intera fase di esecuzione del rapporto, produca il duplice effetto di: (i) precludere l’adempimento del dovere di contestazione specifica dei fatti addotti dalla controparte da parte dello stesso ingiunto; e (ii) ostare all’apprezzamento giudiziale della veridicità e dell’esattezza del credito vantato, sfociando nella revoca del decreto ingiuntivo pronunciato a favore della banca in sede monitoria.
- 29577/2020: Possibili ricadute pratiche sul mercato NPL e UTP
L’interesse a prevenire situazioni di instabilità nel mercato del credito aveva già indotto la Cassazione, con Ordinanza del 3 dicembre 2019, n. 31577, ad estendere il beneficio probatorio cui all’art. 50 TUB, anche nei confronti dei cessionari di crediti oggetto di cartolarizzazione, ai sensi della L. 30 aprile 1999, n. 130[1].
La rilevanza della pronuncia del 2020 si pone in linea di continuità con questa interpretazione di favore promossa dalla giurisprudenza, potendosi apprezzare, anche in questo caso, nell’ambito di operazioni di cessione di crediti in sofferenza, derivanti da rapporti regolati in conto corrente (ivi incluse le aperture di credito), in chiave di: (i) tutela delle pretese creditorie del cessionario nei confronti dei debitori ceduti; e (ii) orientamento dei soggetti cedenti nella selezione del materiale probatorio fornito ai cessionari, con riferimento ai crediti ceduti.
In definitiva, al fine di non veder pregiudicate le future possibilità di recupero, il cessionario dovrebbe verificare che la documentazione probatoria dei crediti ricevuta dal cedente includa, con riferimento a ciascun rapporto in conto corrente:
- copia di ciascun estratto conto redatto dalla banca, a decorrere dalla data di inizio del rapporto di conto corrente, contenente:
- una puntuale specificazione delle singole movimentazioni avvenute sul conto; e
- un “completo resoconto delle varie partite in dare e avere”; nonché
- dichiarazione sottoscritta dal dirigente della banca, atta ad attestare che il credito ceduto sia:
- conforme alle scritture contabili della banca;
- vero; e
- liquido.
[1] Tale riconoscimento, da intendersi come “aggiuntivo” rispetto al diritto di vedere conservata la validità e il grado delle garanzie esistenti a favore del cedente, già previsto dagli articoli 4 e 7.1 della L. 130/99.
L’art. 50 (Decreto Ingiuntivo) del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (“TUB”) riconosce alle banche il diritto di chiedere il decreto di ingiunzione previsto dall’art. 633 del codice di procedura civile “anche in base all’estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili, da uno dei dirigenti della banca interessata”, il quale dichiara altresì che “il credito è vero e liquido”.
Si tratta di una normativa di particolare favore che, ponendosi in rapporto di specialità rispetto alla disciplina codicistica della “prova scritta” nel processo esecutivo, mira a dotare le banche di uno strumento probatorio efficace, orientato al rapido soddisfacimento delle ragioni di credito sorte nell’ambito di rapporti di conto corrente.
In questo senso, la certificazione del dirigente ai sensi dell’art. 50 TUB supplisce all’autentica notarile prevista dall’art. 634 c.p.c., attribuendo efficacia di “prova scritta” anche gli estratti delle scritture contabili della banca, che diventano utilmente spendibili in sede di richiesta di decreto ingiuntivo nei confronti della clientela inadempiente.
Si è avuto modo di notare come la documentazione contabile cui all’art. 50 TUB assuma efficacia di “prova scritta” del diritto di credito vantato dalla banca, ai fini della pronuncia del decreto ingiuntivo nei confronti del correntista inadempiente.
Tuttavia, nel disciplinare l’impiego di tale documento in sede esecutiva, il legislatore non prende posizione in merito all’efficacia probatoria dell’estratto conto nell’ambito del successivo giudizio di opposizione, frequentemente promosso dal correntista ingiunto, allo scopo di contestare il diritto della banca a procedere a esecuzione.
In questo senso, l’allegazione dell’estratto conto bancario certificato, che aveva fondato la pronuncia dell’ ingiunzione di pagamento nei confronti del correntista, potrebbe rivelarsi inidonea o, quantomeno, carente, da un punto di vista contenutistico, a supportare l’esistenza del credito nell’ambito del giudizio di opposizione, governato dai più rigidi canoni probatori del giudizio ordinario, a cognizione piena.
In particolare, ai fini dell’accertamento del credito nell’ambito del procedimento post-monitorio, il legislatore pone in capo al correntista l’onere di prendere posizione in modo chiaro e specifico in merito ai fatti posti a fondamento della richiesta di ingiunzione, prescrivendo l’obbligo di contestazione specifica delle annotazioni contabili contenute negli estratti conto prodotti dalla banca.
Evidentemente, l’onere di contestazione delle risultanze contabili non può essere assolto dal correntista nel caso in cui la documentazione prodotta dalla banca non dovesse contenere un “completo resoconto delle partite in dare e avere, tale da palesare la sussistenza del credito azionato in monitorio”.
Proprio in questa prospettiva, si pone il problema di individuare il contenuto essenziale dell’estratto conto bancario ex art. 50 TUB, non solo al fine di fondare la richiesta di decreto ingiuntivo, ma anche allo scopo di provare l’esistenza del credito nell’ambito del giudizio di opposizione promosso dal correntista avverso l’ingiunzione pronunciata nei suoi confronti in sede esecutiva.
Con l’Ordinanza del 24 dicembre 2020, n. 29577, la Corte di Cassazione rileva che, in caso di contestazione del decreto ingiuntivo, l’estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 TUB non possa costituire, di per sé, prova del credito vantato dalla banca nell’ambito del rapporto di conto corrente.
Al contrario, al fine di provare l’esistenza del credito, l’estratto conto prodotto in sede di richiesta di decreto ingiuntivo, deve essere caratterizzato da un contenuto sufficientemente dettagliato, tale da consentire al debitore opponente di prendere specificamente posizione in merito alle risultanze contabili ivi contenute.
In questo senso, le evidenze contabili certificate dovranno concorrere alla produzione di una “documentazione chiara, in merito allo svolgimento del rapporto”, in quanto tale idonea a:
In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto che l’allegazione di un documento cd. di “saldo conto”, unicamente riferibile “all’ultima fase di movimentazione del rapporto” e avente natura “meramente riepilogativa del debito finale”, in luogo degli “estratti conto periodici”, contenenti una descrizione dettagliata delle operazioni poste in essere dal correntista durante l’intera fase di esecuzione del rapporto, produca il duplice effetto di: (i) precludere l’adempimento del dovere di contestazione specifica dei fatti addotti dalla controparte da parte dello stesso ingiunto; e (ii) ostare all’apprezzamento giudiziale della veridicità e dell’esattezza del credito vantato, sfociando nella revoca del decreto ingiuntivo pronunciato a favore della banca in sede monitoria.
L’interesse a prevenire situazioni di instabilità nel mercato del credito aveva già indotto la Cassazione, con Ordinanza del 3 dicembre 2019, n. 31577, ad estendere il beneficio probatorio cui all’art. 50 TUB, anche nei confronti dei cessionari di crediti oggetto di cartolarizzazione, ai sensi della L. 30 aprile 1999, n. 130[1].
La rilevanza della pronuncia del 2020 si pone in linea di continuità con questa interpretazione di favore promossa dalla giurisprudenza, potendosi apprezzare, anche in questo caso, nell’ambito di operazioni di cessione di crediti in sofferenza, derivanti da rapporti regolati in conto corrente (ivi incluse le aperture di credito), in chiave di: (i) tutela delle pretese creditorie del cessionario nei confronti dei debitori ceduti; e (ii) orientamento dei soggetti cedenti nella selezione del materiale probatorio fornito ai cessionari, con riferimento ai crediti ceduti.
In definitiva, al fine di non veder pregiudicate le future possibilità di recupero, il cessionario dovrebbe verificare che la documentazione probatoria dei crediti ricevuta dal cedente includa, con riferimento a ciascun rapporto in conto corrente:
[1] Tale riconoscimento, da intendersi come “aggiuntivo” rispetto al diritto di vedere conservata la validità e il grado delle garanzie esistenti a favore del cedente, già previsto dagli articoli 4 e 7.1 della L. 130/99.