Una delle prime azioni fatte dal PD con il nuovo Governo Draghi è stata la presentazione di una proposta di legge sulla “Transazione agevolata per i crediti in sofferenza o inadempienza probabile” a firma del vicepresidente del gruppo democratico al Senato, Gianni Pittella, e sottoscritta da altri 18 senatori (Alfieri, Astorre, Boldrini, Cerno, Cirinnà, Collina, D’arienzo, Fedeli, Ferrazzi, Giacobbe, Iori, Manca, Parrini, Pinotti, Rojc, Stefàno, Vattuone e Verducci). La misura punta a introdurre tre modifiche principali, tra cui in primis “la possibilità riconosciuta al debitore di concordare con l’intermediario finanziario, verso cui ha un debito in sofferenza o classificato come inadempienza probabile, una transazione stragiudiziale per la restituzione a saldo e stralcio di quanto dovuto versando un importo non inferiore al valore netto di bilancio” scritto dalla banca che ha erogato il prestito. Inoltre si prevede la possibilità, entro tempi precisi, che il debitore “possa esdebitarsi pagando il medesimo prezzo concordato dal creditore cedente” all’operatore specializzato interessato a comprare lo stesso credito dalla banca. E’, anzi, previsto che “il creditore non possa rifiutare la proposta qualora l’importo offerto coincida con il valore netto di bilancio dell’esposizione maggiorato del 10%”. Soluzione che “eliminerebbe realisticamente il debito invece di spostarne il diritto di pretesa in capo ad altro soggetto, risolvendo il problema”, si legge nella proposta. Infine, c’è un comma che prevede, nel caso di crediti cartolarizzati con garanzia statale, le GACS, che “tale garanzia resti valida e efficace e vada ad aumentare la copertura dei crediti residui, nei limiti che il Tesoro andrà a fissare con apposito decreto”.
Credit Village ha intervistato l’avvocato Dino Crivellari, esperto in materia di credito, fondatore di Master Legal Service, una delle più estese reti legali italiane.
Alcuni deputati del PD, nei giorni scorsi, con il Governo Draghi appena insediato, hanno presentato una proposta di legge per la “Transazione agevolata per i crediti in sofferenza o inadempienza probabile”. Proposta che ne ricorda una analoga – conosciuta come “Giubileo Bancario” – presentata in passato da M5S e singoli deputati di vari altri partiti, che si disse all’epoca fosse ispirata da lei. Quanto c’è di vero in questo “si dice”?
D.C. Nel 2017, a seguito di alcuni miei articoli sul tema degli Npls in cui prospettavo l’opportunità di un Giubileo bancario, mi fu chiesto di collaborare alla stesura di alcuni ddl. Il primo fu presentato dall’on. Giovanni Paglia (Leu) cui si aggiunse quello dell’on. Nino Marotta (UDC). Seguirono quelli dei deputati Alberti (M5S) e Petrini (PD). Sempre nel 2017 la senatrice de Petris (Leu) presentò al Senato un disegno di legge sostanzialmente identico a quello dell’ on. Paglia. Nel 2018 il senatore Urso (FdI) ne presentò uno proprio. Da ultimo il senatore Gianni Pittella (PD) ha presentato il disegno di legge cui fate riferimento, alla stesura del quale ho dato il mio contributo.
Che fine ha fatto la prima proposta?
D.C. Non ho notizia se la Camera dei deputati abbia all’ordine del giorno la discussione dei disegni di legge presentati nel 2017, nonostante l’intensa attività allora svolta in Commissione Finanze dove si era manifestata una larga convergenza. Al momento il tema è invece molto “caldo“ alla Commissione Finanze del Senato che sta esaminando i vari disegni di legge de Petris, Urso e Pittella con lo scopo di trovare un testo coordinato che possa incontrare un’ampia condivisione.
Qual è la ratio di proposte di legge del genere?
D.C. Non sfugge a nessuno che il problema dei crediti deteriorati nel nostro paese sia molto significativo e rischia di aggravarsi. Ci stiamo ancora trascinando dietro i disastri dovuti alle ultime crisi sistemiche (da quella del 2008/2009 dei subprime, a quella del 2011/2012 del debito sovrano, fino alla crisi del 2013 della deflazione ) che siamo entrati in una ancora più grave, la pandemia.
Tutte queste crisi si misurano, tra l’altro, anche in termini di Npls. Le prime tre ci avevano fatto registrare oltre 360 miliardi di crediti deteriorati nel 2015 contro i 1000 miliardi a livello europeo. La necessaria reazione delle banche fu di liberarsi di questo fardello vendendo in meno di cinque anni più di 260 miliardi di Npe, con la conseguente registrazione di perdite miliardarie. Ma il fatto più grave è che nel 2020 il totale degli Npe a livello nazionale era comunque ancora di oltre 340 miliardi distribuito tra banche e cessionari. Così facendo il problema è stato spostato fuori dalle banche, ma non risolto a livello macro economico perché il volume dei debiti insoluti ed il numero dei debitori è pressoché immutato. Da qui la domanda a cui tentano di rispondere quasi tutti I disegni di legge di cui stiamo parlando che è la seguente: “perché la mia banca accetta di vendere il mio debito di 100 € a 25 € ad un fondo, ma non accetta la mia proposta di transazione a 30 € ?”
Quali sono le differenze principali tra le varie proposte?
D.C. Le varie proposte, come dicevamo, sono tutte piuttosto simili, ma mentre quella originaria era indirizzata prima di tutto a favorire le transazioni tra banche e debitori per evitare la necessità di cedere i crediti a prezzi scontati, l’ultima del senatore Pittella affronta di petto l’argomento cessioni prevedendo l’applicazione di norme di favore nel caso in cui una banca o un intermediario finanziario (quindi anche una SPV) abbia intenzione di cedere il credito, ma accetti la transazione proposta dal debitore ai sensi delle promulgande norme. Entrambe prevedono benefici fiscali per le banche che concludessero transazioni e penalizza indirettamente l’eventuale rifiuto di proposte coerenti con le previsioni di legge. Entrambe prevedono anche, a beneficio del debitore, che la plusvalenza derivante dalla transazione non venga tassata. In ogni caso non c’è “obbligo a contrarre“ né per le banche né per il debitore. Ognuno è libero di proporre ed accettare e comunque di negoziare nel rispetto dell’autonomia negoziale. La “moral suasion” è attivata attraverso meccanismi di favore o di sfavore di natura fiscale. Quindi nessuna imposizione come qualcuno ha lamentato.
Secondo lei quali sono i principali ostacoli all’introduzione di misure che intervengano nella soluzione del fenomeno dei crediti deteriorati con gli strumenti suggeriti dalle proposte di legge su menzionate?
D.C. Non ne vedo di sostanziali mentre i benefici sono innumerevoli anche se non risolveranno tutti i problemi degli Npe. Intanto le banche potranno evitare di continuare a vendere a sconto crediti che, se venissero gestiti in house, porterebbero a casa recuperi migliori come tante volte dimostrato dai dati di Banca d’Italia. Questo consentirà di ridurre il fabbisogno di nuove ricapitalizzazioni onerosissime in aggiunta ai 100 miliardi degli ultimi 10 anni. I debitori in grado di farlo potranno affrancarsi dalle aggressive politiche di liquidazione dei loro patrimoni, tornando ad operare grazie alla esdebitazione ed alla cancellazione dalla centrale rischi, producendo reddito, pagando salari e stipendi oltre che imposte. Inoltre, si introduce nel mercato degli Npe, dove oggi vediamo solo le banche cedenti e i fondi acquirenti, un terzo giocatore, ovvero il debitore che, potendosi sdebitare solo se offre, a seconda dei casi, più del valore netto di bilancio del credito portato dalla banca o più del prezzo di cessione di mercato offerto dagli acquirenti, migliora la competizione tra cessionari a beneficio prima di tutto proprio delle banche. I crediti che non verranno trattati in base a queste norme saranno naturalmente i peggiori e di questi sì che diventa opportuno per le banche disfarsene perché assorbono inutilmente risorse.
Anche i cessionari beneficerebbero comunque di transazioni veloci e remunerative del loro investimento potendo dedicarsi con maggiore determinazione alla parte hard del portafoglio acquistato. Insomma, sia le banche che i debitori hanno tutto da guadagnarci, ma chi ottiene il maggior risultato, a mio avviso, è il sistema economico nel suo complesso che “volta definitivamente pagina” rispetto alle conseguenze delle crisi passate. In caso contrario, quelle conseguenze andranno a sommarsi a quelle della crisi pandemica. La somma del vecchio e del nuovo, che ci porterebbe nel 2022 ad oltre 441 miliardi di Npe complessivi, potrebbe non essere sostenibile.
Da uomo di banca, quale è stato lei nella sua vita precedente, non teme che tali proposte possano ingenerare una sorta di “tana libera tutti” da parte dei clienti-debitori?
D.C. Nella mia passata esperienza di “recuperatore” avevo coniato uno slogan: “noi non facciamo recupero crediti, ma vendiamo quietanze”. Il prezzo della quietanza è il miglior recupero possibile a condizione che chi lo negozia abbia le competenze e le informazioni necessarie. Negli anni migliori la mia vecchia banca recuperava il 90% grazie a transazioni cioè a “vendite di quietanze“, risparmiando tempo e spese legali. Questi disegni di legge vogliono agevolare il diffondersi di questa impostazione. Non credo invece nel leitmotiv “tana liberi tutti” utilizzato di frequente dai detrattori per difetto di approfondimento. Non c’è il rischio di moral hazard da parte dei debitori perché, come precisato in quasi tutti i disegni di legge presentati, è prevista una data di cutoff coincidente con quella dell’ultimo bilancio approvato dalla banca o dall’intermediario finanziario. Sono quindi ammesse solo le posizioni classificate sofferenza o UTP prima di quella data. Sono esclusi gli arbitraggi per entrambe le parti. Non c’è neanche il rischio, anche questo strumentalmente paventato spero per ignoranza, che le transazioni relative a crediti ceduti o cedendi facciano riferimento al prezzo medio di acquisto dei portafogli. Non tutti sanno, evidentemente, che il valore dei singoli crediti acquistati è un unicum nel bilancio del cessionario, per cui se il credito è stato pagato 30 la transazione offerta deve essere superiore a 30 anche se il prezzo medio complessivo di acquisto del portafoglio era stato di 15.
Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi, alla fine delle moratorie?
D.C. Sono un po’ pessimista. Fine delle moratorie, nuove regole di default, partenza del codice della crisi, calendar provisioning, sono tutti eventi che rischiano di peggiorare la situazione anche se, per incanto, la pandemia si dovesse estinguere improvvisamente ed il rimbalzo dell’economia fosse di tipo cinese. Condivido l’affermazione che bisogna salvare le aziende sane e lasciar morire, il più velocemente possibile, quelle marginalizzate. È quasi ovvio. Ma la gran parte di Npe non sono relativi ad aziende marginalizzate sul piano economico ed industriale, ma spesso solo finanziariamente in difficoltà a causa delle crisi succedutesi dal 2008 in poi. Quanta ricchezza e quanto know how stiamo perdendo e perderemo perché non siamo in grado di assisterle bancariamente? Saranno in grado di farlo banche svenate dalle cessioni di Npe a prezzi così bassi?
Altra domanda cruciale: siamo certi che il nostro paese, fatto da PMI, possa permettersi la debancarizzazione del sistema a favore dello shadow banking? E ancora: vista l’ondata di Npe alle porte, siamo sicuri che i fondi acquirenti da “soluzione” non si trasformeranno in “problema”. Anche per questi dubbi ritengo che i ddl proposti potrebbero alleviare, e forse non di poco, la situazione.
Vuoi saperne di più su questo tema?
Non perderti il nuovo episodio di “Attenti a quei due” in uscita venerdi 5 marzo!
Una delle prime azioni fatte dal PD con il nuovo Governo Draghi è stata la presentazione di una proposta di legge sulla “Transazione agevolata per i crediti in sofferenza o inadempienza probabile” a firma del vicepresidente del gruppo democratico al Senato, Gianni Pittella, e sottoscritta da altri 18 senatori (Alfieri, Astorre, Boldrini, Cerno, Cirinnà, Collina, D’arienzo, Fedeli, Ferrazzi, Giacobbe, Iori, Manca, Parrini, Pinotti, Rojc, Stefàno, Vattuone e Verducci). La misura punta a introdurre tre modifiche principali, tra cui in primis “la possibilità riconosciuta al debitore di concordare con l’intermediario finanziario, verso cui ha un debito in sofferenza o classificato come inadempienza probabile, una transazione stragiudiziale per la restituzione a saldo e stralcio di quanto dovuto versando un importo non inferiore al valore netto di bilancio” scritto dalla banca che ha erogato il prestito. Inoltre si prevede la possibilità, entro tempi precisi, che il debitore “possa esdebitarsi pagando il medesimo prezzo concordato dal creditore cedente” all’operatore specializzato interessato a comprare lo stesso credito dalla banca. E’, anzi, previsto che “il creditore non possa rifiutare la proposta qualora l’importo offerto coincida con il valore netto di bilancio dell’esposizione maggiorato del 10%”. Soluzione che “eliminerebbe realisticamente il debito invece di spostarne il diritto di pretesa in capo ad altro soggetto, risolvendo il problema”, si legge nella proposta. Infine, c’è un comma che prevede, nel caso di crediti cartolarizzati con garanzia statale, le GACS, che “tale garanzia resti valida e efficace e vada ad aumentare la copertura dei crediti residui, nei limiti che il Tesoro andrà a fissare con apposito decreto”.
Credit Village ha intervistato l’avvocato Dino Crivellari, esperto in materia di credito, fondatore di Master Legal Service, una delle più estese reti legali italiane.
Alcuni deputati del PD, nei giorni scorsi, con il Governo Draghi appena insediato, hanno presentato una proposta di legge per la “Transazione agevolata per i crediti in sofferenza o inadempienza probabile”. Proposta che ne ricorda una analoga – conosciuta come “Giubileo Bancario” – presentata in passato da M5S e singoli deputati di vari altri partiti, che si disse all’epoca fosse ispirata da lei. Quanto c’è di vero in questo “si dice”?
D.C. Nel 2017, a seguito di alcuni miei articoli sul tema degli Npls in cui prospettavo l’opportunità di un Giubileo bancario, mi fu chiesto di collaborare alla stesura di alcuni ddl. Il primo fu presentato dall’on. Giovanni Paglia (Leu) cui si aggiunse quello dell’on. Nino Marotta (UDC). Seguirono quelli dei deputati Alberti (M5S) e Petrini (PD). Sempre nel 2017 la senatrice de Petris (Leu) presentò al Senato un disegno di legge sostanzialmente identico a quello dell’ on. Paglia. Nel 2018 il senatore Urso (FdI) ne presentò uno proprio. Da ultimo il senatore Gianni Pittella (PD) ha presentato il disegno di legge cui fate riferimento, alla stesura del quale ho dato il mio contributo.
Che fine ha fatto la prima proposta?
D.C. Non ho notizia se la Camera dei deputati abbia all’ordine del giorno la discussione dei disegni di legge presentati nel 2017, nonostante l’intensa attività allora svolta in Commissione Finanze dove si era manifestata una larga convergenza. Al momento il tema è invece molto “caldo“ alla Commissione Finanze del Senato che sta esaminando i vari disegni di legge de Petris, Urso e Pittella con lo scopo di trovare un testo coordinato che possa incontrare un’ampia condivisione.
Qual è la ratio di proposte di legge del genere?
D.C. Non sfugge a nessuno che il problema dei crediti deteriorati nel nostro paese sia molto significativo e rischia di aggravarsi. Ci stiamo ancora trascinando dietro i disastri dovuti alle ultime crisi sistemiche (da quella del 2008/2009 dei subprime, a quella del 2011/2012 del debito sovrano, fino alla crisi del 2013 della deflazione ) che siamo entrati in una ancora più grave, la pandemia.
Tutte queste crisi si misurano, tra l’altro, anche in termini di Npls. Le prime tre ci avevano fatto registrare oltre 360 miliardi di crediti deteriorati nel 2015 contro i 1000 miliardi a livello europeo. La necessaria reazione delle banche fu di liberarsi di questo fardello vendendo in meno di cinque anni più di 260 miliardi di Npe, con la conseguente registrazione di perdite miliardarie. Ma il fatto più grave è che nel 2020 il totale degli Npe a livello nazionale era comunque ancora di oltre 340 miliardi distribuito tra banche e cessionari. Così facendo il problema è stato spostato fuori dalle banche, ma non risolto a livello macro economico perché il volume dei debiti insoluti ed il numero dei debitori è pressoché immutato. Da qui la domanda a cui tentano di rispondere quasi tutti I disegni di legge di cui stiamo parlando che è la seguente: “perché la mia banca accetta di vendere il mio debito di 100 € a 25 € ad un fondo, ma non accetta la mia proposta di transazione a 30 € ?”
Quali sono le differenze principali tra le varie proposte?
D.C. Le varie proposte, come dicevamo, sono tutte piuttosto simili, ma mentre quella originaria era indirizzata prima di tutto a favorire le transazioni tra banche e debitori per evitare la necessità di cedere i crediti a prezzi scontati, l’ultima del senatore Pittella affronta di petto l’argomento cessioni prevedendo l’applicazione di norme di favore nel caso in cui una banca o un intermediario finanziario (quindi anche una SPV) abbia intenzione di cedere il credito, ma accetti la transazione proposta dal debitore ai sensi delle promulgande norme. Entrambe prevedono benefici fiscali per le banche che concludessero transazioni e penalizza indirettamente l’eventuale rifiuto di proposte coerenti con le previsioni di legge. Entrambe prevedono anche, a beneficio del debitore, che la plusvalenza derivante dalla transazione non venga tassata. In ogni caso non c’è “obbligo a contrarre“ né per le banche né per il debitore. Ognuno è libero di proporre ed accettare e comunque di negoziare nel rispetto dell’autonomia negoziale. La “moral suasion” è attivata attraverso meccanismi di favore o di sfavore di natura fiscale. Quindi nessuna imposizione come qualcuno ha lamentato.
Secondo lei quali sono i principali ostacoli all’introduzione di misure che intervengano nella soluzione del fenomeno dei crediti deteriorati con gli strumenti suggeriti dalle proposte di legge su menzionate?
D.C. Non ne vedo di sostanziali mentre i benefici sono innumerevoli anche se non risolveranno tutti i problemi degli Npe. Intanto le banche potranno evitare di continuare a vendere a sconto crediti che, se venissero gestiti in house, porterebbero a casa recuperi migliori come tante volte dimostrato dai dati di Banca d’Italia. Questo consentirà di ridurre il fabbisogno di nuove ricapitalizzazioni onerosissime in aggiunta ai 100 miliardi degli ultimi 10 anni. I debitori in grado di farlo potranno affrancarsi dalle aggressive politiche di liquidazione dei loro patrimoni, tornando ad operare grazie alla esdebitazione ed alla cancellazione dalla centrale rischi, producendo reddito, pagando salari e stipendi oltre che imposte. Inoltre, si introduce nel mercato degli Npe, dove oggi vediamo solo le banche cedenti e i fondi acquirenti, un terzo giocatore, ovvero il debitore che, potendosi sdebitare solo se offre, a seconda dei casi, più del valore netto di bilancio del credito portato dalla banca o più del prezzo di cessione di mercato offerto dagli acquirenti, migliora la competizione tra cessionari a beneficio prima di tutto proprio delle banche. I crediti che non verranno trattati in base a queste norme saranno naturalmente i peggiori e di questi sì che diventa opportuno per le banche disfarsene perché assorbono inutilmente risorse.
Anche i cessionari beneficerebbero comunque di transazioni veloci e remunerative del loro investimento potendo dedicarsi con maggiore determinazione alla parte hard del portafoglio acquistato. Insomma, sia le banche che i debitori hanno tutto da guadagnarci, ma chi ottiene il maggior risultato, a mio avviso, è il sistema economico nel suo complesso che “volta definitivamente pagina” rispetto alle conseguenze delle crisi passate. In caso contrario, quelle conseguenze andranno a sommarsi a quelle della crisi pandemica. La somma del vecchio e del nuovo, che ci porterebbe nel 2022 ad oltre 441 miliardi di Npe complessivi, potrebbe non essere sostenibile.
Da uomo di banca, quale è stato lei nella sua vita precedente, non teme che tali proposte possano ingenerare una sorta di “tana libera tutti” da parte dei clienti-debitori?
D.C. Nella mia passata esperienza di “recuperatore” avevo coniato uno slogan: “noi non facciamo recupero crediti, ma vendiamo quietanze”. Il prezzo della quietanza è il miglior recupero possibile a condizione che chi lo negozia abbia le competenze e le informazioni necessarie. Negli anni migliori la mia vecchia banca recuperava il 90% grazie a transazioni cioè a “vendite di quietanze“, risparmiando tempo e spese legali. Questi disegni di legge vogliono agevolare il diffondersi di questa impostazione. Non credo invece nel leitmotiv “tana liberi tutti” utilizzato di frequente dai detrattori per difetto di approfondimento. Non c’è il rischio di moral hazard da parte dei debitori perché, come precisato in quasi tutti i disegni di legge presentati, è prevista una data di cutoff coincidente con quella dell’ultimo bilancio approvato dalla banca o dall’intermediario finanziario. Sono quindi ammesse solo le posizioni classificate sofferenza o UTP prima di quella data. Sono esclusi gli arbitraggi per entrambe le parti. Non c’è neanche il rischio, anche questo strumentalmente paventato spero per ignoranza, che le transazioni relative a crediti ceduti o cedendi facciano riferimento al prezzo medio di acquisto dei portafogli. Non tutti sanno, evidentemente, che il valore dei singoli crediti acquistati è un unicum nel bilancio del cessionario, per cui se il credito è stato pagato 30 la transazione offerta deve essere superiore a 30 anche se il prezzo medio complessivo di acquisto del portafoglio era stato di 15.
Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi, alla fine delle moratorie?
D.C. Sono un po’ pessimista. Fine delle moratorie, nuove regole di default, partenza del codice della crisi, calendar provisioning, sono tutti eventi che rischiano di peggiorare la situazione anche se, per incanto, la pandemia si dovesse estinguere improvvisamente ed il rimbalzo dell’economia fosse di tipo cinese. Condivido l’affermazione che bisogna salvare le aziende sane e lasciar morire, il più velocemente possibile, quelle marginalizzate. È quasi ovvio. Ma la gran parte di Npe non sono relativi ad aziende marginalizzate sul piano economico ed industriale, ma spesso solo finanziariamente in difficoltà a causa delle crisi succedutesi dal 2008 in poi. Quanta ricchezza e quanto know how stiamo perdendo e perderemo perché non siamo in grado di assisterle bancariamente? Saranno in grado di farlo banche svenate dalle cessioni di Npe a prezzi così bassi?
Altra domanda cruciale: siamo certi che il nostro paese, fatto da PMI, possa permettersi la debancarizzazione del sistema a favore dello shadow banking? E ancora: vista l’ondata di Npe alle porte, siamo sicuri che i fondi acquirenti da “soluzione” non si trasformeranno in “problema”. Anche per questi dubbi ritengo che i ddl proposti potrebbero alleviare, e forse non di poco, la situazione.
Vuoi saperne di più su questo tema?
Non perderti il nuovo episodio di “Attenti a quei due” in uscita venerdi 5 marzo!