Lo European Consumer Organisation, un organismo che mette insieme 44 associazioni di consumatori in 35 paesi ha recentemente sollevato dei dubbi sul nuovo piano elaborato dalla Commisione Europea (leggi il nostro articolo) per la riduzione dei crediti non performing nell’area Euro.
In dettaglio, la direttrice del BEUC, Monique Goyens, ha commentato: “La riduzione del numero di crediti in sofferenza per il bene della stabilità finanziaria non dovrebbe avvenire a spese dei consumatori. Quando molti consumatori in tutta Europa stanno lottando per tenere sotto controllo i rimborsi dei prestiti a causa della pandemia, consentire agli esattori di agire in tutta l’UE con una supervisione minima spingerà i consumatori vulnerabili nelle grinfie dei fondi avvoltoio.”
In sintesi, le richieste avanzata dal movimento dei consumatori prevedono che:
- Non sia consentito agli acquirenti di crediti deteriorati e alle agenzie di recupero di poter operare liberamente all’interno della UE per l’attività di acquisto dei crediti
- Le società creditrici prima di cedere le proprie esposizioni a terze parti dovrebbero offrire ai debitori la possibilità di pagare lo stesso prezzo
- I fondi che acquistano crediti e le società di recupero dovrebbero essere rigorosamente regolamentati per proteggere i mutuatari in difficoltà da un trattamento ingiusto
Per quanto legittime possano essere le istanze portate avanti dal movimento dei consumatori al fine di proteggere i soggetti più vulnerabili, le preoccupazioni esposte e la “retorica” dei fondi avvoltoio appaiono basati su una scarsa conoscenza delle dinamiche sottostanti ai processi di gestione del credito e avanzano delle perplessità e preoccupazioni che si rivelano del tutto infondate ad un esame più approfondito dei fatti.
In primo luogo l’interesse della Commissione Europea per la creazione di un mercato secondario dei crediti deteriorati a livello europeo e per una sviluppo dei singoli mercati nazionali ha una ratio chiara ed evidente:
- la gestione dei deteriorati esula dal core business degli intermediari finanziari e quando viene affidata a soggetti specializzati consente guadagni di efficacia e di efficienza
- la dismissione degli stessi crediti costituisce un fondamentale meccanismo di trasparenza dei bilanci perché elimina l’alea delle previsioni di recupero (sia nei tempi che negli importi)
- la concorrenza tra i potenziali acquirenti e tra le società di recupero ne riduce i margini di profitto a beneficio degli istituti cedenti
Dunque la possibilità per gli investitori e gestori di crediti di operare e competere a livello europeo contribuisce al benessere della collettività perché migliora i bilanci degli intermediari finanziari sia sotto il profilo della trasparenza che della profittabilità.
Quanto alla ipotesi ventilata di “offrire in opzione” l’acquisto dei crediti ai debitori stessi si tratta di un’idea viziata da due fondamentali limiti logici. In primo luogo il meccanismo dell’azzardo morale rende controproducente una politica di stralci eccessivi se realizzati dal finanziatore originario: se si diffonde la voce che si può avere uno “sconto” sul rimborso crediti da una banca, tutti i debitori potrebbero essere esposti alla tentazione di provarci.
In secondo luogo esistono evidenti vincoli di carattere informativo, statistico e operativo specie per i portafogli più granulari. Chi acquista i crediti ottiene recuperi solo su una percentuale ridotta delle esposizioni che è ignota prima del realizzo dell’attività di recupero: non è possibile individuare ex ante quei debitori e offrirgli il credito in opzione.
L’ultima richiesta del movimento appare addirittura ridondante: le regole per evitare che l’esercizio dell’attività del recupero crediti venga esercitata in modo troppo invadente esistono già (si pensi tra le altre alla normativa italiana sullo stalking) e le problematiche inerenti un corretto ed etico esercizio dell’attività recuperatoria sono da molti anni al centro dell’attenzione di tutti gli operatori di settore e delle associazioni di categoria.
Per concludere, senza nulla togliere alle intenzioni del movimento in difesa dei consumatori, il programma della Commissione per la riduzione dei NPL, specie nella parte in cui favorisce la crescita dei mercati secondari, non costituisce una minaccia per i consumatori, ma invece una importante opportunità per tutelare il settore dell’intermediazione finanziaria e la fondamentale funzione di supporto all’economia e alle famiglie che esso svolge.
Lo European Consumer Organisation, un organismo che mette insieme 44 associazioni di consumatori in 35 paesi ha recentemente sollevato dei dubbi sul nuovo piano elaborato dalla Commisione Europea (leggi il nostro articolo) per la riduzione dei crediti non performing nell’area Euro.
In dettaglio, la direttrice del BEUC, Monique Goyens, ha commentato: “La riduzione del numero di crediti in sofferenza per il bene della stabilità finanziaria non dovrebbe avvenire a spese dei consumatori. Quando molti consumatori in tutta Europa stanno lottando per tenere sotto controllo i rimborsi dei prestiti a causa della pandemia, consentire agli esattori di agire in tutta l’UE con una supervisione minima spingerà i consumatori vulnerabili nelle grinfie dei fondi avvoltoio.”
In sintesi, le richieste avanzata dal movimento dei consumatori prevedono che:
Per quanto legittime possano essere le istanze portate avanti dal movimento dei consumatori al fine di proteggere i soggetti più vulnerabili, le preoccupazioni esposte e la “retorica” dei fondi avvoltoio appaiono basati su una scarsa conoscenza delle dinamiche sottostanti ai processi di gestione del credito e avanzano delle perplessità e preoccupazioni che si rivelano del tutto infondate ad un esame più approfondito dei fatti.
In primo luogo l’interesse della Commissione Europea per la creazione di un mercato secondario dei crediti deteriorati a livello europeo e per una sviluppo dei singoli mercati nazionali ha una ratio chiara ed evidente:
Dunque la possibilità per gli investitori e gestori di crediti di operare e competere a livello europeo contribuisce al benessere della collettività perché migliora i bilanci degli intermediari finanziari sia sotto il profilo della trasparenza che della profittabilità.
Quanto alla ipotesi ventilata di “offrire in opzione” l’acquisto dei crediti ai debitori stessi si tratta di un’idea viziata da due fondamentali limiti logici. In primo luogo il meccanismo dell’azzardo morale rende controproducente una politica di stralci eccessivi se realizzati dal finanziatore originario: se si diffonde la voce che si può avere uno “sconto” sul rimborso crediti da una banca, tutti i debitori potrebbero essere esposti alla tentazione di provarci.
In secondo luogo esistono evidenti vincoli di carattere informativo, statistico e operativo specie per i portafogli più granulari. Chi acquista i crediti ottiene recuperi solo su una percentuale ridotta delle esposizioni che è ignota prima del realizzo dell’attività di recupero: non è possibile individuare ex ante quei debitori e offrirgli il credito in opzione.
L’ultima richiesta del movimento appare addirittura ridondante: le regole per evitare che l’esercizio dell’attività del recupero crediti venga esercitata in modo troppo invadente esistono già (si pensi tra le altre alla normativa italiana sullo stalking) e le problematiche inerenti un corretto ed etico esercizio dell’attività recuperatoria sono da molti anni al centro dell’attenzione di tutti gli operatori di settore e delle associazioni di categoria.
Per concludere, senza nulla togliere alle intenzioni del movimento in difesa dei consumatori, il programma della Commissione per la riduzione dei NPL, specie nella parte in cui favorisce la crescita dei mercati secondari, non costituisce una minaccia per i consumatori, ma invece una importante opportunità per tutelare il settore dell’intermediazione finanziaria e la fondamentale funzione di supporto all’economia e alle famiglie che esso svolge.