In una lettera al Financial Times. Andrea Enria, Presidente del Consiglio di Vigilanza della Banca Centrale Europea, ha evidenziato la crescente necessità per il sistema europo di una Bad Bank Regionali.
Nelle ultime settimane, in alcuni paesi dell’UE sono scadute le moratorie sui prestiti bancari e, almeno all’inizio, i pagamenti sono ripresi con solo una piccola frazione di inadempienze. Tuttavia, le prospettive macroeconomiche rimangono molto incerte e non si può escludere che la debolezza della ripresa economica si accompagni ad un significativo accumulo di crediti in sofferenza.
Secondo le stime della BCE, in uno scenario avverso, ma plausibile, i crediti in sofferenza delle banche dell’area euro potrebbero raggiungere 1400 miliardi di euro, ben al di sopra dei livelli della crisi finanziaria del 2008 e del debito sovrano dell’UE nel 2011.
Se da un lato possiamo continuare a sperare per il meglio, dall’altro, evidenzia il presidente della vigilanza, dobbiamo prepararci al peggio e dobbiamo anche fare meglio che nelle crisi precedenti. L’unione bancaria contribuisce a rendere possibile tutto questo, mentre le società di gestione degli attivi deteriorati, come l’italiana AMCO, dovrebbero permetterci di evitare gli errori del passato.
In primo luogo, è necessaria una maggiore tempestività nella gestione dei crediti non performing: la qualità degli attivi delle banche dell’area dell’euro non è ancora tornata ai livelli pre-crisi, anche se ci sono stati importanti progressi.
L’EBA e la BCE hanno elaborato delle guide per la gestione dei NPL in modo proattivo e la nuova legislazione in merito al calendar provisioning assicura una progressiva svalutazione delle attività deteriorate.
Secondo Enria, l’esperienza dimostra che l’impiego di società di gestione delle attività deteriorate (Amco chiamate anche bad banks) dopo le crisi, consente un risanamento più veloce per le banche e un efficace ripristino della capacità di prestito delle banche.
Dopo la crisi finanziaria e quella del debito sovrano una quantità ingente di risorse dei contribuenti è stata impiegata in sostegno delle banche, ma non si riusciti a rimuovere l’eccesso di capacità produttiva e promuovere un radicale riorientamento dei modelli di business. Il risultato oggi è un settore bancario dell’UE fragile, con valutazioni di mercato azionario molto ridotte.
Per questo motivo, le società di gestione, dovrebbero combinare il sostegno con un’adeguata condizionalità per le banche che sono gravate da NPL,in modo da subordinare l’intervento alle modifiche necessarie ai loro modelli di business.
In definitiva, una risposta europea integrata è preferibile a una pletora di iniziative nazionali non coordinate, ad oggi il sistema bancario europeo è segmentato lungo i confini nazionali e questo rende le banche meno efficienti e più fragili. Lo shock esogeno e simmetrico della pandemia crea condizioni favorevoli per un’iniziativa europea.
Non si tratta di aiutare le banche che hanno assunto rischi eccessivi e li hanno gestiti male. L’obiettivo è invece quello di consentire alle banche dell’UE di sostenere le famiglie, le piccole imprese e le società redditizie e di sostenere la necessaria trasformazione dell’UE in un’economia più verde e tecnologicamente più avanzata, senza che le banche siano appesantite da prestiti a rischio.
Enria sostiene da anni che l’istituzione di una società di gestione per gli attivi deteriorati costituisca una soluzione efficace.Che potrebbe anche essere declinata in una rete di società nazionali. In questa seconda eventualtà ci sono due elementi che andrebbero coordinati a livello centrale: il finanziamento e il pricing.
Con un finanziamento fornito o garantito da un organismo centrale, ogni società di gestione patrimoniale nazionale, indipendentemente dalla sua ubicazione, beneficerebbe della posizione creditizia dell’UE e godrebbe di un migliore accesso al mercato.
Allo stesso tempo, la messa in comune delle risorse finanziarie richiede metodologie di valutazione e dati standardizzati per determinare il prezzo al quale gli NPL vengono trasferiti dalle banche al gestore patrimoniale. Questa combinazione contribuirebbe a garantire il giusto equilibrio tra le perdite imposte alle banche quando trasferiscono gli NPL al regime di sostegno e la redditività a medio termine del regime.
L’accesso diretto al regime dovrebbe essere limitato alle banche che, secondo l’opinione della loro autorità di vigilanza, hanno un modello commerciale valido e possono prosperare come entità autonome al termine della crisi. Altre banche possono partecipare subordinatamente a condizioni rigorose, tra cui una ristrutturazione decisiva.
Nell’improbabile caso in cui un tale regime finisca per subire perdite, si potrebbe in ogni caso prevedere una ripartizione proporzionale alla nazionalità delle banche che ricevono il sostegno.
Enria conclude il suo intervento dichiarando espressamente che non possiamo permetterci di avere un settore bancario che lotta con le macerie della crisi attuale per gli anni a venire. Né possiamo permetterci un settore bancario che non sia in grado di sostenere la trasformazione delle nostre economie.
In una lettera al Financial Times. Andrea Enria, Presidente del Consiglio di Vigilanza della Banca Centrale Europea, ha evidenziato la crescente necessità per il sistema europo di una Bad Bank Regionali.
Nelle ultime settimane, in alcuni paesi dell’UE sono scadute le moratorie sui prestiti bancari e, almeno all’inizio, i pagamenti sono ripresi con solo una piccola frazione di inadempienze. Tuttavia, le prospettive macroeconomiche rimangono molto incerte e non si può escludere che la debolezza della ripresa economica si accompagni ad un significativo accumulo di crediti in sofferenza.
Secondo le stime della BCE, in uno scenario avverso, ma plausibile, i crediti in sofferenza delle banche dell’area euro potrebbero raggiungere 1400 miliardi di euro, ben al di sopra dei livelli della crisi finanziaria del 2008 e del debito sovrano dell’UE nel 2011.
Se da un lato possiamo continuare a sperare per il meglio, dall’altro, evidenzia il presidente della vigilanza, dobbiamo prepararci al peggio e dobbiamo anche fare meglio che nelle crisi precedenti. L’unione bancaria contribuisce a rendere possibile tutto questo, mentre le società di gestione degli attivi deteriorati, come l’italiana AMCO, dovrebbero permetterci di evitare gli errori del passato.
In primo luogo, è necessaria una maggiore tempestività nella gestione dei crediti non performing: la qualità degli attivi delle banche dell’area dell’euro non è ancora tornata ai livelli pre-crisi, anche se ci sono stati importanti progressi.
L’EBA e la BCE hanno elaborato delle guide per la gestione dei NPL in modo proattivo e la nuova legislazione in merito al calendar provisioning assicura una progressiva svalutazione delle attività deteriorate.
Secondo Enria, l’esperienza dimostra che l’impiego di società di gestione delle attività deteriorate (Amco chiamate anche bad banks) dopo le crisi, consente un risanamento più veloce per le banche e un efficace ripristino della capacità di prestito delle banche.
Dopo la crisi finanziaria e quella del debito sovrano una quantità ingente di risorse dei contribuenti è stata impiegata in sostegno delle banche, ma non si riusciti a rimuovere l’eccesso di capacità produttiva e promuovere un radicale riorientamento dei modelli di business. Il risultato oggi è un settore bancario dell’UE fragile, con valutazioni di mercato azionario molto ridotte.
Per questo motivo, le società di gestione, dovrebbero combinare il sostegno con un’adeguata condizionalità per le banche che sono gravate da NPL,in modo da subordinare l’intervento alle modifiche necessarie ai loro modelli di business.
In definitiva, una risposta europea integrata è preferibile a una pletora di iniziative nazionali non coordinate, ad oggi il sistema bancario europeo è segmentato lungo i confini nazionali e questo rende le banche meno efficienti e più fragili. Lo shock esogeno e simmetrico della pandemia crea condizioni favorevoli per un’iniziativa europea.
Non si tratta di aiutare le banche che hanno assunto rischi eccessivi e li hanno gestiti male. L’obiettivo è invece quello di consentire alle banche dell’UE di sostenere le famiglie, le piccole imprese e le società redditizie e di sostenere la necessaria trasformazione dell’UE in un’economia più verde e tecnologicamente più avanzata, senza che le banche siano appesantite da prestiti a rischio.
Enria sostiene da anni che l’istituzione di una società di gestione per gli attivi deteriorati costituisca una soluzione efficace.Che potrebbe anche essere declinata in una rete di società nazionali. In questa seconda eventualtà ci sono due elementi che andrebbero coordinati a livello centrale: il finanziamento e il pricing.
Con un finanziamento fornito o garantito da un organismo centrale, ogni società di gestione patrimoniale nazionale, indipendentemente dalla sua ubicazione, beneficerebbe della posizione creditizia dell’UE e godrebbe di un migliore accesso al mercato.
Allo stesso tempo, la messa in comune delle risorse finanziarie richiede metodologie di valutazione e dati standardizzati per determinare il prezzo al quale gli NPL vengono trasferiti dalle banche al gestore patrimoniale. Questa combinazione contribuirebbe a garantire il giusto equilibrio tra le perdite imposte alle banche quando trasferiscono gli NPL al regime di sostegno e la redditività a medio termine del regime.
L’accesso diretto al regime dovrebbe essere limitato alle banche che, secondo l’opinione della loro autorità di vigilanza, hanno un modello commerciale valido e possono prosperare come entità autonome al termine della crisi. Altre banche possono partecipare subordinatamente a condizioni rigorose, tra cui una ristrutturazione decisiva.
Nell’improbabile caso in cui un tale regime finisca per subire perdite, si potrebbe in ogni caso prevedere una ripartizione proporzionale alla nazionalità delle banche che ricevono il sostegno.
Enria conclude il suo intervento dichiarando espressamente che non possiamo permetterci di avere un settore bancario che lotta con le macerie della crisi attuale per gli anni a venire. Né possiamo permetterci un settore bancario che non sia in grado di sostenere la trasformazione delle nostre economie.