Monica tu sei un’appassionata di innovazione, con una lunga esperienza alle spalle in ambienti lavorativi strutturati, oggi sei una startupper di successo: che cosa ti ha spinto a fare un passo verso questa nuova iniziativa?
M.R. L’idea della start-up mi faceva brillare gli occhi!
Ho amato il mondo della consulenza ma, poi, come spesso accade, arriva il momento in cui vuoi fare il salto; fornire suggerimenti non basta più: inizi a desiderare che le tue idee vengano realizzate per come sono state da te immaginate.
La startup mi ha permesso di creare qualcosa di mio e rimettermi in gioco.
Da dove partire per creare una startup?
M.R. Ci vuole una buona idea, ma l’idea da sola non basta.
Capitale, competenze e network sono le fondamenta su cui costruire.
Trovare finanziamenti è la prima preoccupazione ma è preferibile non accettare qualsiasi offerta.
La rete delle conoscenze e dei partner è essenziale. Anche la scelta dei soci deve essere ben ponderata. I soci giusti sono quelli che ti supportano e ti aprono delle porte, non quelli che ti mettono in difficoltà alla prima crisi. Sì, perché le crisi vanno messe in conto. E anche il fallimento, paura numero uno dell’imprenditore italiano. Il fallimento, però, può insegnarti molto e renderti più forte. Dovrebbe capirlo l’imprenditore ma anche il sistema che c’è intorno a lui.
Come si fa a strutturare un’idea di business?
M.R. Un’idea per essere una buona idea di business deve rispondere a un reale bisogno, che sia un’assenza o un disservizio. Deve essere un’idea facile da spiegare e occorre “scaricarla a terra”, quindi strutturarsi perché diventi qualcosa di concreto. Questo vuol dire avere un business plan valido, ovvero capire come generare utili, e affrontare le attività in modo metodico. Bisogna, poi, circondarsi delle persone giuste, non essere testardi pensando di sapere fare tutto al meglio da soli. Questa parte, però, non è immediata e ci vuole tempo per capire: l’umiltà è necessaria per comprendere che non hai tutte le competenze che ti servirebbero.
In Homepal non sono sola, con me ci sono altri due soci operativi: Andrea Lacalamita, Fondatore e Presidente di Homepal, esperto di marketing e pianificazione strategica, con un passato nel settore bancario in realtà quali Mediolanum e Unicredit, e Fabio Marra, Fondatore e Chief Commercial Officer di Homepal, esperto di servizio al cliente e CRM nel settore delle telecomunicazioni, in particolare in H3G.
Quali difficoltà hai incontrato per creare un modello di business nuovo in un settore tradizionale e statico?
M.R. Il mercato tradizionale non ha aperto le braccia a Homepal. Rappresentiamo una rottura degli schemi. È stato fatto un esposto contro di noi in Camera di Commercio, all’Antitrust e al Ministero per lo Sviluppo economico. Siamo stati i primi a entrare in Italia, per numero di appuntamenti, anche se il traffico non si è convertito subito in fatturato.
Adesso, l’attività va molto bene: nel 2019 abbiamo registrato 1.8 milioni di euro di fatturato.
Che cosa è Homepal?
M.R. Homepal è la prima agenzia immobiliare completamente digitale in Italia, sia per esperienza (www.homepal.it è online dal 2016) sia per numero di compravendite gestite (oltre 1.000), con 140.000 annunci in tutta Italia e oltre 350.000 utenti registrati.
La startup è una dei pionieri italiani del “proptech” (property + technology), il settore che raggruppa gli operatori che impiegano soluzioni digitali innovative nell’immobiliare.
Grazie all’utilizzo avanzato della tecnologia e dei big data, Homepal permette ai clienti privati di vendere, acquistare o affittare casa, gestendo in digitale l’intero processo (dalla valutazione dell’immobile alla firma del preliminare di compravendita; unica eccezione: la visita della casa che rimane fisica e viene effettuata tra proprietario e potenziale acquirente).
Il risparmio in termini di tempo e denaro (pari al 50% rispetto alle agenzie tradizionali) è considerevole.
Il servizio è attivo in tutta Italia.
Quanto complesso è stato cambiare le regole del gioco di un mercato che da 100 anni era sempre uguale?
M.R. Non è stato semplice. L’evoluzione del nostro business model lo dimostra: siamo passati da puro marketplace immobiliare ad agenzia immobiliare digitale, in grado di supportare i clienti in un processo end-to-end, che va dalla pubblicazione dell’annuncio alla firma digitale del preliminare di compravendita. Questa evoluzione ci ha permesso di rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei nostri clienti.
Nel mese di febbraio 2020 abbiamo raggiunto il break-even. Abbiamo dimostrato, quindi, che il modello di Homepal funziona!
Si può comprare e vendere casa senza “persona” di fiducia?
M.R. Il tema della fiducia è molto importante.
La fiducia, tuttavia, non deve essere necessariamente indirizzata verso una persona. Può essere riposta anche nel brand.
Nell’acquisire la fiducia dei clienti, il livello del servizio gioca un ruolo determinante e lo dimostrano le recensioni dei nostri utenti su TrustPilot, incentrate più sulla qualità del servizio che sul risparmio.
Essere “vicini” ai nostri clienti, presenti telefonicamente, con un adeguato sistema di assistenza, è essenziale.
Al momento, Homepal ha 4.1 stelle su 5 su TrustPilot.
L’emergenza coronavirus ha interessato anche il settore immobiliare. In che modo avete reagito a questa emergenza?
M.R. Abbiamo lanciato un nuovo servizio, del tutto gratuito per sostenere chi cerca casa o desidera venderla: la VideoVisita di Homepal.
La VideoVisita di Homepal è una video conference su piattaforma proprietaria, che permette al proprietario e al potenziale acquirente di entrare in diretto contatto, con il supporto di un nostro agente.
Dal lancio, abbiamo registrato oltre 300 visite virtuali. Nel 50% dei casi è seguita la conferma di un appuntamento fisico presso l’immobile.
Cosa accadrà al mercato immobiliare dopo la crisi?
M.R. Prima di tutto una convinzione di fondo: la crisi immobiliare del 2008-2012 non si ripeterà.
Per i seguenti motivi:
#1 – Una diversa causa scatenante
Alla base della depressione del 2008 c’erano proprio i mutui sub-prime e una bolla del mercato immobiliare che aveva raggiunto importanti massimi nel 2007. Nonostante gli interventi massicci delle banche centrali, il sistema bancario aveva drasticamente ridotto l’erogazione dei mutui (21 miliardi di euro di mutui erogati nel 2013 contro i 62 miliardi di euro nel 2007 in Italia).
#2 – I prezzi delle case non sono quelli di 13 anni fa
I valori del mercato immobiliare, nonostante il miglioramento degli ultimi anni, sono lontani dai prezzi di 13 anni fa. Tra il 2007 e il 2020 i prezzi sono calati di oltre il 32% e la città con performance migliore, Milano, ha ancora una distanza di oltre 15 punti percentuali rispetto ai massimi.
#3 – Il mercato dei mutui è più maturo
Il mercato dei mutui è più maturo: con qualche eccezione vista negli ultimi semestri, in cui si sono riaffacciate proposte poco prudenti di mutui al 100%, l’erogazione delle banche negli ultimi anni è stata molto attenta, con loan to value (rapporto tra valore del mutuo e valore dell’immobile) medi inferiori all’80%. Questo permetterà alle banche di continuare ad erogare i mutui in maniera regolare.
#4 – Politica monetaria espansiva
Per quanto riguarda i tassi di interesse, l’orientamento principale delle Banche Centrali è quello di gestire qualsiasi tensione sui tassi e sugli spread. Dopo qualche tentennamento iniziale, tutti i banchieri centrali sono chiaramente orientati ad una politica monetaria espansiva.
#5 – Gli occupati a tempo indeterminato non dovrebbero subire contraccolpi
C’è molta paura che la crisi di molte aziende possa ripercuotersi sulla diminuzione dei posti di lavoro e quindi meno persone potranno permettersi di acquistare casa. In Italia ci sono circa 22,5 milioni di occupati, di cui circa 4 milioni a tempo determinato che già oggi, purtroppo, non hanno accesso al mutuo. È immaginabile che la crisi colpisca prevalentemente questa parte più fragile dell’occupazione e meno gli occupati a tempo indeterminato, più inclini a comprare casa.
Non dimentichiamo, poi, che sono già stati messi in campo stimoli importanti per le aziende (parliamo di circa 350 miliardi di euro in Italia), che dovrebbero aiutare le aziende a traghettare questo periodo difficile.
Abbiamo provato a formulare due scenari per il mercato immobiliare post-Covid:
A- Se non avremo “ritorni di fiamma” del virus, è probabile che il numero delle transazioni diminuisca, entro fine anno, di circa 50 – 70 mila unità rispetto al 2019 (quando ne erano state concluse circa 600 mila), ma con prezzi sostanzialmente stabili (tra -1% e – 4%).
B- Se invece dovessimo assistere a nuovi provvedimenti di lockdown estesi ad almeno 3 regioni importanti, è probabile che la riduzione delle transazioni potrà arrivare fino a 120 mila rispetto al 2019, con un impatto sui prezzi più rilevante (tra -3% e -7%).
Noi siamo comunque ottimisti sul futuro, sia perché l’Italia ha adottato misure molto rigorose e tutti noi siamo stati disciplinati nel seguirle, sia perché la casa è sempre il bene più amato dagli Italiani e l’attività di ricerca degli immobili non si è mai fermata.
Gli immobili che risulteranno più facilmente vendibili presenteranno le seguenti caratteristiche:
– Immobili ristrutturati, dove è possibile andare a vivere subito
– Appartamenti su un piano, che hanno un migliore sfruttamento dello spazio
– Immobili nuovi, di classe A, che permetteranno il risparmio delle spese nel tempo
– Immobili con giardino o con terrazzo. Lo stiamo già vedendo: con la ripresa della ricerca, la domanda si è orientata verso abitazioni con giardino, che hanno registrato un’impennata, arrivando al 62% della ricerca totale delle case.
Un po’ meno in crescita la ricerca del terrazzo.
La digitalizzazione nel settore immobiliare una minaccia o un’opportunità a tuo parere?
M.R. Senza dubbio, un’opportunità.
Siamo certi che la digitalizzazione porterà ad una semplificazione dei processi e allo sviluppo di nuovi servizi dedicati.
Il proptech darà nuova linfa vitale al settore immobiliare.
In questo periodo, con l’emergenza Covid, abbiamo assistito ad un’accelerazione della digital transformation in diversi settori, real estate compreso.
Il DNA tecnologico di Homepal ci ha dato un grande vantaggio, aiutandoci a rispondere al meglio alle esigenze dei clienti, anche in un momento così delicato.
Monica tu sei un’appassionata di innovazione, con una lunga esperienza alle spalle in ambienti lavorativi strutturati, oggi sei una startupper di successo: che cosa ti ha spinto a fare un passo verso questa nuova iniziativa?
M.R. L’idea della start-up mi faceva brillare gli occhi!
Ho amato il mondo della consulenza ma, poi, come spesso accade, arriva il momento in cui vuoi fare il salto; fornire suggerimenti non basta più: inizi a desiderare che le tue idee vengano realizzate per come sono state da te immaginate.
La startup mi ha permesso di creare qualcosa di mio e rimettermi in gioco.
Da dove partire per creare una startup?
M.R. Ci vuole una buona idea, ma l’idea da sola non basta.
Capitale, competenze e network sono le fondamenta su cui costruire.
Trovare finanziamenti è la prima preoccupazione ma è preferibile non accettare qualsiasi offerta.
La rete delle conoscenze e dei partner è essenziale. Anche la scelta dei soci deve essere ben ponderata. I soci giusti sono quelli che ti supportano e ti aprono delle porte, non quelli che ti mettono in difficoltà alla prima crisi. Sì, perché le crisi vanno messe in conto. E anche il fallimento, paura numero uno dell’imprenditore italiano. Il fallimento, però, può insegnarti molto e renderti più forte. Dovrebbe capirlo l’imprenditore ma anche il sistema che c’è intorno a lui.
Come si fa a strutturare un’idea di business?
M.R. Un’idea per essere una buona idea di business deve rispondere a un reale bisogno, che sia un’assenza o un disservizio. Deve essere un’idea facile da spiegare e occorre “scaricarla a terra”, quindi strutturarsi perché diventi qualcosa di concreto. Questo vuol dire avere un business plan valido, ovvero capire come generare utili, e affrontare le attività in modo metodico. Bisogna, poi, circondarsi delle persone giuste, non essere testardi pensando di sapere fare tutto al meglio da soli. Questa parte, però, non è immediata e ci vuole tempo per capire: l’umiltà è necessaria per comprendere che non hai tutte le competenze che ti servirebbero.
In Homepal non sono sola, con me ci sono altri due soci operativi: Andrea Lacalamita, Fondatore e Presidente di Homepal, esperto di marketing e pianificazione strategica, con un passato nel settore bancario in realtà quali Mediolanum e Unicredit, e Fabio Marra, Fondatore e Chief Commercial Officer di Homepal, esperto di servizio al cliente e CRM nel settore delle telecomunicazioni, in particolare in H3G.
Quali difficoltà hai incontrato per creare un modello di business nuovo in un settore tradizionale e statico?
M.R. Il mercato tradizionale non ha aperto le braccia a Homepal. Rappresentiamo una rottura degli schemi. È stato fatto un esposto contro di noi in Camera di Commercio, all’Antitrust e al Ministero per lo Sviluppo economico. Siamo stati i primi a entrare in Italia, per numero di appuntamenti, anche se il traffico non si è convertito subito in fatturato.
Adesso, l’attività va molto bene: nel 2019 abbiamo registrato 1.8 milioni di euro di fatturato.
Che cosa è Homepal?
M.R. Homepal è la prima agenzia immobiliare completamente digitale in Italia, sia per esperienza (www.homepal.it è online dal 2016) sia per numero di compravendite gestite (oltre 1.000), con 140.000 annunci in tutta Italia e oltre 350.000 utenti registrati.
La startup è una dei pionieri italiani del “proptech” (property + technology), il settore che raggruppa gli operatori che impiegano soluzioni digitali innovative nell’immobiliare.
Grazie all’utilizzo avanzato della tecnologia e dei big data, Homepal permette ai clienti privati di vendere, acquistare o affittare casa, gestendo in digitale l’intero processo (dalla valutazione dell’immobile alla firma del preliminare di compravendita; unica eccezione: la visita della casa che rimane fisica e viene effettuata tra proprietario e potenziale acquirente).
Il risparmio in termini di tempo e denaro (pari al 50% rispetto alle agenzie tradizionali) è considerevole.
Il servizio è attivo in tutta Italia.
Quanto complesso è stato cambiare le regole del gioco di un mercato che da 100 anni era sempre uguale?
M.R. Non è stato semplice. L’evoluzione del nostro business model lo dimostra: siamo passati da puro marketplace immobiliare ad agenzia immobiliare digitale, in grado di supportare i clienti in un processo end-to-end, che va dalla pubblicazione dell’annuncio alla firma digitale del preliminare di compravendita. Questa evoluzione ci ha permesso di rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei nostri clienti.
Nel mese di febbraio 2020 abbiamo raggiunto il break-even. Abbiamo dimostrato, quindi, che il modello di Homepal funziona!
Si può comprare e vendere casa senza “persona” di fiducia?
M.R. Il tema della fiducia è molto importante.
La fiducia, tuttavia, non deve essere necessariamente indirizzata verso una persona. Può essere riposta anche nel brand.
Nell’acquisire la fiducia dei clienti, il livello del servizio gioca un ruolo determinante e lo dimostrano le recensioni dei nostri utenti su TrustPilot, incentrate più sulla qualità del servizio che sul risparmio.
Essere “vicini” ai nostri clienti, presenti telefonicamente, con un adeguato sistema di assistenza, è essenziale.
Al momento, Homepal ha 4.1 stelle su 5 su TrustPilot.
L’emergenza coronavirus ha interessato anche il settore immobiliare. In che modo avete reagito a questa emergenza?
M.R. Abbiamo lanciato un nuovo servizio, del tutto gratuito per sostenere chi cerca casa o desidera venderla: la VideoVisita di Homepal.
La VideoVisita di Homepal è una video conference su piattaforma proprietaria, che permette al proprietario e al potenziale acquirente di entrare in diretto contatto, con il supporto di un nostro agente.
Dal lancio, abbiamo registrato oltre 300 visite virtuali. Nel 50% dei casi è seguita la conferma di un appuntamento fisico presso l’immobile.
Cosa accadrà al mercato immobiliare dopo la crisi?
M.R. Prima di tutto una convinzione di fondo: la crisi immobiliare del 2008-2012 non si ripeterà.
Per i seguenti motivi:
#1 – Una diversa causa scatenante
Alla base della depressione del 2008 c’erano proprio i mutui sub-prime e una bolla del mercato immobiliare che aveva raggiunto importanti massimi nel 2007. Nonostante gli interventi massicci delle banche centrali, il sistema bancario aveva drasticamente ridotto l’erogazione dei mutui (21 miliardi di euro di mutui erogati nel 2013 contro i 62 miliardi di euro nel 2007 in Italia).
#2 – I prezzi delle case non sono quelli di 13 anni fa
I valori del mercato immobiliare, nonostante il miglioramento degli ultimi anni, sono lontani dai prezzi di 13 anni fa. Tra il 2007 e il 2020 i prezzi sono calati di oltre il 32% e la città con performance migliore, Milano, ha ancora una distanza di oltre 15 punti percentuali rispetto ai massimi.
#3 – Il mercato dei mutui è più maturo
Il mercato dei mutui è più maturo: con qualche eccezione vista negli ultimi semestri, in cui si sono riaffacciate proposte poco prudenti di mutui al 100%, l’erogazione delle banche negli ultimi anni è stata molto attenta, con loan to value (rapporto tra valore del mutuo e valore dell’immobile) medi inferiori all’80%. Questo permetterà alle banche di continuare ad erogare i mutui in maniera regolare.
#4 – Politica monetaria espansiva
Per quanto riguarda i tassi di interesse, l’orientamento principale delle Banche Centrali è quello di gestire qualsiasi tensione sui tassi e sugli spread. Dopo qualche tentennamento iniziale, tutti i banchieri centrali sono chiaramente orientati ad una politica monetaria espansiva.
#5 – Gli occupati a tempo indeterminato non dovrebbero subire contraccolpi
C’è molta paura che la crisi di molte aziende possa ripercuotersi sulla diminuzione dei posti di lavoro e quindi meno persone potranno permettersi di acquistare casa. In Italia ci sono circa 22,5 milioni di occupati, di cui circa 4 milioni a tempo determinato che già oggi, purtroppo, non hanno accesso al mutuo. È immaginabile che la crisi colpisca prevalentemente questa parte più fragile dell’occupazione e meno gli occupati a tempo indeterminato, più inclini a comprare casa.
Non dimentichiamo, poi, che sono già stati messi in campo stimoli importanti per le aziende (parliamo di circa 350 miliardi di euro in Italia), che dovrebbero aiutare le aziende a traghettare questo periodo difficile.
Abbiamo provato a formulare due scenari per il mercato immobiliare post-Covid:
A- Se non avremo “ritorni di fiamma” del virus, è probabile che il numero delle transazioni diminuisca, entro fine anno, di circa 50 – 70 mila unità rispetto al 2019 (quando ne erano state concluse circa 600 mila), ma con prezzi sostanzialmente stabili (tra -1% e – 4%).
B- Se invece dovessimo assistere a nuovi provvedimenti di lockdown estesi ad almeno 3 regioni importanti, è probabile che la riduzione delle transazioni potrà arrivare fino a 120 mila rispetto al 2019, con un impatto sui prezzi più rilevante (tra -3% e -7%).
Noi siamo comunque ottimisti sul futuro, sia perché l’Italia ha adottato misure molto rigorose e tutti noi siamo stati disciplinati nel seguirle, sia perché la casa è sempre il bene più amato dagli Italiani e l’attività di ricerca degli immobili non si è mai fermata.
Gli immobili che risulteranno più facilmente vendibili presenteranno le seguenti caratteristiche:
– Immobili ristrutturati, dove è possibile andare a vivere subito
– Appartamenti su un piano, che hanno un migliore sfruttamento dello spazio
– Immobili nuovi, di classe A, che permetteranno il risparmio delle spese nel tempo
– Immobili con giardino o con terrazzo. Lo stiamo già vedendo: con la ripresa della ricerca, la domanda si è orientata verso abitazioni con giardino, che hanno registrato un’impennata, arrivando al 62% della ricerca totale delle case.
Un po’ meno in crescita la ricerca del terrazzo.
La digitalizzazione nel settore immobiliare una minaccia o un’opportunità a tuo parere?
M.R. Senza dubbio, un’opportunità.
Siamo certi che la digitalizzazione porterà ad una semplificazione dei processi e allo sviluppo di nuovi servizi dedicati.
Il proptech darà nuova linfa vitale al settore immobiliare.
In questo periodo, con l’emergenza Covid, abbiamo assistito ad un’accelerazione della digital transformation in diversi settori, real estate compreso.
Il DNA tecnologico di Homepal ci ha dato un grande vantaggio, aiutandoci a rispondere al meglio alle esigenze dei clienti, anche in un momento così delicato.