Una moneta digitale programmabile «rappresenta un’innovazione nel campo finanziario in grado di rivoluzionare profondamente la moneta e lo scambio», con la possibilità di benefici concreti, «in particolare in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali».
Per questo le banche italiane sono disponibili a partecipare a progettti e sperimentazioni di una moneta digitale di Banca centrale europea, contribuendo «a velocizzare la messa in opera di un’iniziativa di livello europeo in una prima nazione». A sostenere l’ipotesi è l’Abi che già dallo scorso anno ha avviato un gruppo di lavoro sulle monete digitali e sui cripto asset.
Le banche esprimono la loro disponibilità a essere in prima linea nel cambiamenti forti anche delle esperienze avviate di un’infrastruttura di registri distribuiti con il progetto Spunta . Ma la precondizione è che siano preservati «la stabilità monetaria e il pieno rispetto della cornice regolamentare».
Una moneta digitale europea destinata al pubblico, che ottenga la massima fiducia dei cittadini, punta a rappresentare un’evoluzione del denaro contante. Allo stesso tempo avrebbe l’effetto di ridurre l’attrattività di strumenti simili ma emessi da soggetti privati, come per esempio Libra di Facebook, o «non identificabili, caratterizzati da un profilo di rischio intrinsecamente più elevato», con accenni che sembrano puntare verso il bitcoin e le altre critpovalute.
L’Abi rilancia la disponibilità delle banche italiane a fare da apripista per progetti del genere, anche tenendo conto dei potenziali casi d’uso di grande interesse pòer l’economia globale: «Favorire la trasmissione di valori tra pari, agevolando così anche le logiche di scambio tra persona e macchina e tra macchina e macchina; consentire il regolamento delle transazioni transfrontaliere peer-to-peer, attenuando il rischio di tasso di cambio, di interesse e di controparte; promuovere, grazie alla caratteristica di programmabilità, l’esecuzione di scambi al veriificarsi di condizioni predefinite, riducendo in definitiva processi di carattere amministrativo».
Fonte: Il Sole 24 Ore
Una moneta digitale programmabile «rappresenta un’innovazione nel campo finanziario in grado di rivoluzionare profondamente la moneta e lo scambio», con la possibilità di benefici concreti, «in particolare in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali».
Per questo le banche italiane sono disponibili a partecipare a progettti e sperimentazioni di una moneta digitale di Banca centrale europea, contribuendo «a velocizzare la messa in opera di un’iniziativa di livello europeo in una prima nazione». A sostenere l’ipotesi è l’Abi che già dallo scorso anno ha avviato un gruppo di lavoro sulle monete digitali e sui cripto asset.
Le banche esprimono la loro disponibilità a essere in prima linea nel cambiamenti forti anche delle esperienze avviate di un’infrastruttura di registri distribuiti con il progetto Spunta . Ma la precondizione è che siano preservati «la stabilità monetaria e il pieno rispetto della cornice regolamentare».
Una moneta digitale europea destinata al pubblico, che ottenga la massima fiducia dei cittadini, punta a rappresentare un’evoluzione del denaro contante. Allo stesso tempo avrebbe l’effetto di ridurre l’attrattività di strumenti simili ma emessi da soggetti privati, come per esempio Libra di Facebook, o «non identificabili, caratterizzati da un profilo di rischio intrinsecamente più elevato», con accenni che sembrano puntare verso il bitcoin e le altre critpovalute.
L’Abi rilancia la disponibilità delle banche italiane a fare da apripista per progetti del genere, anche tenendo conto dei potenziali casi d’uso di grande interesse pòer l’economia globale: «Favorire la trasmissione di valori tra pari, agevolando così anche le logiche di scambio tra persona e macchina e tra macchina e macchina; consentire il regolamento delle transazioni transfrontaliere peer-to-peer, attenuando il rischio di tasso di cambio, di interesse e di controparte; promuovere, grazie alla caratteristica di programmabilità, l’esecuzione di scambi al veriificarsi di condizioni predefinite, riducendo in definitiva processi di carattere amministrativo».
Fonte: Il Sole 24 Ore