Quanto e come ha pesato la pandemia da Covid-19 sul mondo delle assicurazioni? Tante le possibili chiavi di lettura. Da una parte ci sono le crociate delle associazioni dei consumatori a caccia di rimborsi per l’impossibilità di usufruire appieno dei servizi sottoscritti (la polizza auto, per esempio), dall’altra c’è chi ha “approfittato” del periodo di quarantena per scandagliare il web in cerca di nuovi prodotti assicurativi inerenti la salute. Proprio quest’ultima pratica, stando ai dati diffusi dall’insurtech Yolo, è cresciuta nelle ultime settimane dell’800%, confermando come la devastante diffusione della malattia abbia inciso in modo sostanziale sulla percezione del rischio da parte degli individui.
Ma non solo: anche le imprese si sono date da fare parecchio in Rete per trovare nuove forme di copertura per i rischi legati all’interruzione delle attività di business. Il settore assicurativo, dicono gli esperti della startup milanese, è quindi di fronte a una nuova fase, che richiederà un’evoluzione ancora più marcata dell’offerta, inevitabilmente accompagnata e supportata dalle tecnologie digitali.
Le parole chiave del nuovo paradigma dell’industria insurance sono già note (disintermediazione, e-commerce, intelligenza artificiale, salute digitale), ma la crisi causata dal Coronavirus potrebbe sensibilmente accelerare i cambiamenti nelle abitudini di consumatori e professionisti, aprendo il fronte a una nuova domanda di servizi innovativi.
La quarta edizione del rapporto “Insurtech global outlook” redatto da Everis in collaborazione con Ntt Data, parla chiaro: nel corso del 2019 gli investimenti destinati alle aziende innovative del mondo assicurativo sono cresciuti del 58% rispetto ai due anni precedenti per superare i 6,1 miliardi di dollari su scala globale. Un salto in avanti esponenziale, l’hanno definito gli autori dello studio, precisando come a godere di questo enorme flusso di liquidità siano state in particolare 25 società, a cui è andato il 72% dei finanziamenti complessivi.
Ampliando l’analisi all’ultimo decennio, le startup con modelli di business rivelatisi solidi, il 6% del totale, hanno saputo catalizzare ben il 67% di tutti i round sottoscritti da investitori istituzionali di vario genere, venture capital e grandi compagnie tecnologiche comprese. Guardando invece alla distribuzione geografica del fenomeno, se le insurtech europee ed asiatiche hanno dimostrato maggiore dinamicità, avviandosi alla fase di maturazione, la quota di investimenti maggiore rimane ancora concentrata negli Stati Uniti, dove hanno sede molti dei principali player di questo comparto.
Nel periodo preso in esame dallo studio, la maggior parte degli investimenti ha interessato le startup che sviluppano soluzioni basate su tecnologie cloud e app mobili, a cui sono andati circa i tre quarti della spesa. Solo il 16% dei capitali è stato invece destinato alle startup specializzate nell’intelligenza artificiale e ancora meno, il 6%, a quelle focalizzate su servizi che sfruttano sistemi Internet of Things. Da notare, inoltre, come negli ultimi due anni il 78% dei finanziamenti nel mondo insurtech è stato concentrato solo su quattro società, fra cui le tedesche Friday e Wefox, che nel 2019 hanno chiuso rispettivamente round da 127 e 125 milioni di dollari.
L’effetto disruption pre-Coronavirs che sta cambiando faccia al mercato assicurativo globale, spiega infine il rapporto, si deve ai mercati emergenti dell’Asia e dell’Africa e a nuovi modelli di business come le micro-assicurazione e le polizze on demand. Lo sviluppo della domanda in queste aree del mondo e la velocità con cui si stanno implementando le nuove tecnologie, recita ancora lo studio, rappresentano la tempesta perfetta per attirare investimenti da parte dei giganti della tecnologia e creare uno scenario ideale per questo nuovo ecosistema. Un ecosistema che, probabilmente, prenderà ancora più velocemente forma “grazie” alla pandemia di Covid-19.
Autore: Gianni Rusconi
Fonte: Il Sole 24 Ore
Quanto e come ha pesato la pandemia da Covid-19 sul mondo delle assicurazioni? Tante le possibili chiavi di lettura. Da una parte ci sono le crociate delle associazioni dei consumatori a caccia di rimborsi per l’impossibilità di usufruire appieno dei servizi sottoscritti (la polizza auto, per esempio), dall’altra c’è chi ha “approfittato” del periodo di quarantena per scandagliare il web in cerca di nuovi prodotti assicurativi inerenti la salute. Proprio quest’ultima pratica, stando ai dati diffusi dall’insurtech Yolo, è cresciuta nelle ultime settimane dell’800%, confermando come la devastante diffusione della malattia abbia inciso in modo sostanziale sulla percezione del rischio da parte degli individui.
Ma non solo: anche le imprese si sono date da fare parecchio in Rete per trovare nuove forme di copertura per i rischi legati all’interruzione delle attività di business. Il settore assicurativo, dicono gli esperti della startup milanese, è quindi di fronte a una nuova fase, che richiederà un’evoluzione ancora più marcata dell’offerta, inevitabilmente accompagnata e supportata dalle tecnologie digitali.
Le parole chiave del nuovo paradigma dell’industria insurance sono già note (disintermediazione, e-commerce, intelligenza artificiale, salute digitale), ma la crisi causata dal Coronavirus potrebbe sensibilmente accelerare i cambiamenti nelle abitudini di consumatori e professionisti, aprendo il fronte a una nuova domanda di servizi innovativi.
La quarta edizione del rapporto “Insurtech global outlook” redatto da Everis in collaborazione con Ntt Data, parla chiaro: nel corso del 2019 gli investimenti destinati alle aziende innovative del mondo assicurativo sono cresciuti del 58% rispetto ai due anni precedenti per superare i 6,1 miliardi di dollari su scala globale. Un salto in avanti esponenziale, l’hanno definito gli autori dello studio, precisando come a godere di questo enorme flusso di liquidità siano state in particolare 25 società, a cui è andato il 72% dei finanziamenti complessivi.
Ampliando l’analisi all’ultimo decennio, le startup con modelli di business rivelatisi solidi, il 6% del totale, hanno saputo catalizzare ben il 67% di tutti i round sottoscritti da investitori istituzionali di vario genere, venture capital e grandi compagnie tecnologiche comprese. Guardando invece alla distribuzione geografica del fenomeno, se le insurtech europee ed asiatiche hanno dimostrato maggiore dinamicità, avviandosi alla fase di maturazione, la quota di investimenti maggiore rimane ancora concentrata negli Stati Uniti, dove hanno sede molti dei principali player di questo comparto.
Nel periodo preso in esame dallo studio, la maggior parte degli investimenti ha interessato le startup che sviluppano soluzioni basate su tecnologie cloud e app mobili, a cui sono andati circa i tre quarti della spesa. Solo il 16% dei capitali è stato invece destinato alle startup specializzate nell’intelligenza artificiale e ancora meno, il 6%, a quelle focalizzate su servizi che sfruttano sistemi Internet of Things. Da notare, inoltre, come negli ultimi due anni il 78% dei finanziamenti nel mondo insurtech è stato concentrato solo su quattro società, fra cui le tedesche Friday e Wefox, che nel 2019 hanno chiuso rispettivamente round da 127 e 125 milioni di dollari.
L’effetto disruption pre-Coronavirs che sta cambiando faccia al mercato assicurativo globale, spiega infine il rapporto, si deve ai mercati emergenti dell’Asia e dell’Africa e a nuovi modelli di business come le micro-assicurazione e le polizze on demand. Lo sviluppo della domanda in queste aree del mondo e la velocità con cui si stanno implementando le nuove tecnologie, recita ancora lo studio, rappresentano la tempesta perfetta per attirare investimenti da parte dei giganti della tecnologia e creare uno scenario ideale per questo nuovo ecosistema. Un ecosistema che, probabilmente, prenderà ancora più velocemente forma “grazie” alla pandemia di Covid-19.
Autore: Gianni Rusconi
Fonte: Il Sole 24 Ore