Ammontano a 11,5 miliardi di euro le extra-rettifiche nette varate dalle prime 8 banche italiane nel primo trimestre del 2018. E’ quanto stima Prometeia sottolineando l’effetto positivo di questa grande manovra di pulizia, ovvero l’aver generato aumenti importanti sulle percentuali di copertura dei crediti deteriorati, sofferenze e inadempienze probabili, in linea con l’applicazione del nuovo principio contabile Ifrs9. Il cambio del regime contabile ha, infatti, rappresentato un’occasione per avvicinare i prezzi di bilancio degli NPL a quelli di cessione, accelerando il percorso di dismissione come auspicato dalla Banca Centrale Europea. E infatti la maggior parte degli istituti ha varato importanti piani di riduzione dello stock deteriorato. Un altro effetto positivo dell’applicazione dell’Ifrs9 è il netto miglioramento della qualità degli attivi, cosa molto apprezzata dal mercato, da cui potrebbe derivare una riduzione del premio al rischio che le banche dovranno pagare in fase di raccolta.
Rispetto all’ultimo trimestre 2017, la copertura media dei primi dieci istituti sui deteriorati ha registrato un aumento di oltre il 4%, passando dal 54% al 58,5%; quella sulle sofferenze è salita del 5%, dal 60,5% al 65,5%, mentre il coverage sugli Unlikely To Pay è cresciuto di circa il 3%, dal 34,6% al 37,6%. Ma c’è chi ha fatto molto di più: Creval, ad esempio, ha aumentato la copertura sui deteriorati del 14%.
Dall’altro lato si è abbassato il target al 2020 in termini di NPE ratio che per le banche medie è fissato al 10%. Carige lo ha spostato dal 16,3% all’11,6%, Bper dal 13,5 al 10%, Mps ha annunciato che il suo target potrebbe scendere dal 12,9% al 10% e Unicredit ha deciso di migliorarlo ulteriormente portandolo al 7,5% al 2019 anticipando di 4 anni la chiusura della divisione non core. L’obiettivo è di portare progressivamente l’Npe ratio attorno al 5%. Il percorso evidentemente sarà graduale ma potrà essere accelerato nei prossimi anni.
Certo sul mercato italiano dei crediti deteriorati pesa l’incognita Governo. Le anticipazioni, circolate in questi giorni, sul contratto tra Lega e M5S che sopprimerebbe qualunque norma sul recupero forzato dei crediti da parte di banche e società finanziarie nei confronti dei cittadini debitori senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Questo sta generando diversi timori nel settore recupero crediti e soprattutto tra chi ha investito per acquistare portafogli di NPL. Se dovesse passare una norma che impone un passaggio autorizzativo prima di poter chiamare il debitore, si renderebbe l’azione di recupero più lunga, più costosa e più incerta. E questo determinerebbe inevitabilmente un calo dei valori degli NPL, proprio nel momento in cui banche e investitori auspicano un mercato secondario più efficiente.
Ammontano a 11,5 miliardi di euro le extra-rettifiche nette varate dalle prime 8 banche italiane nel primo trimestre del 2018. E’ quanto stima Prometeia sottolineando l’effetto positivo di questa grande manovra di pulizia, ovvero l’aver generato aumenti importanti sulle percentuali di copertura dei crediti deteriorati, sofferenze e inadempienze probabili, in linea con l’applicazione del nuovo principio contabile Ifrs9. Il cambio del regime contabile ha, infatti, rappresentato un’occasione per avvicinare i prezzi di bilancio degli NPL a quelli di cessione, accelerando il percorso di dismissione come auspicato dalla Banca Centrale Europea. E infatti la maggior parte degli istituti ha varato importanti piani di riduzione dello stock deteriorato. Un altro effetto positivo dell’applicazione dell’Ifrs9 è il netto miglioramento della qualità degli attivi, cosa molto apprezzata dal mercato, da cui potrebbe derivare una riduzione del premio al rischio che le banche dovranno pagare in fase di raccolta.
Rispetto all’ultimo trimestre 2017, la copertura media dei primi dieci istituti sui deteriorati ha registrato un aumento di oltre il 4%, passando dal 54% al 58,5%; quella sulle sofferenze è salita del 5%, dal 60,5% al 65,5%, mentre il coverage sugli Unlikely To Pay è cresciuto di circa il 3%, dal 34,6% al 37,6%. Ma c’è chi ha fatto molto di più: Creval, ad esempio, ha aumentato la copertura sui deteriorati del 14%.
Dall’altro lato si è abbassato il target al 2020 in termini di NPE ratio che per le banche medie è fissato al 10%. Carige lo ha spostato dal 16,3% all’11,6%, Bper dal 13,5 al 10%, Mps ha annunciato che il suo target potrebbe scendere dal 12,9% al 10% e Unicredit ha deciso di migliorarlo ulteriormente portandolo al 7,5% al 2019 anticipando di 4 anni la chiusura della divisione non core. L’obiettivo è di portare progressivamente l’Npe ratio attorno al 5%. Il percorso evidentemente sarà graduale ma potrà essere accelerato nei prossimi anni.
Certo sul mercato italiano dei crediti deteriorati pesa l’incognita Governo. Le anticipazioni, circolate in questi giorni, sul contratto tra Lega e M5S che sopprimerebbe qualunque norma sul recupero forzato dei crediti da parte di banche e società finanziarie nei confronti dei cittadini debitori senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Questo sta generando diversi timori nel settore recupero crediti e soprattutto tra chi ha investito per acquistare portafogli di NPL. Se dovesse passare una norma che impone un passaggio autorizzativo prima di poter chiamare il debitore, si renderebbe l’azione di recupero più lunga, più costosa e più incerta. E questo determinerebbe inevitabilmente un calo dei valori degli NPL, proprio nel momento in cui banche e investitori auspicano un mercato secondario più efficiente.