Sulla curva della propagazione del coronavirus, la Francia si trova nel punto in cui era l’Italia dieci giorni fa. L’ultimo bollettino Oltralpe diffuso ieri registra 1784 contagiati e 33 morti: in termini di vittime corrisponde al comunicato della protezione civile del 1 marzo (34 deceduti, 1577 contagiati). La Germania è ancora un po’ più indietro nella curva se si contano i decessi (solo tre) ma è simile alla Francia sul numero di contagiati (1622). Con 1978 positivi al virus e 47 morti, la Spagna è un po’ più avanti nella diffusione, è nella situazione fotografata da noi il 2 marzo.
Nove, dieci giorni. È questa la differenza temporale nella propagazione dell’epidemia che separa l’Italia dagli altri paesi europei. Dieci giorni in cui da noi l’epidemia ha cominciato a galoppare, si è passati da 34 a 631 vittime. E purtroppo non è ancora finita. “Dopo l’Italia, la Francia?” si chiede oggi in prima pagina Libération. Lo sfasamento temporale spiega perché in Francia e ancora di più in Germania non sono state ancora adottate zone rosse, chiusure di scuole generali, e altre restrizioni. Un atteggiamento che a noi risulta ormai incomprensibile, eppure ricordiamoci: fino a dieci giorni fa si parlava di riaprire Milano, i ragazzi continuavano ad andare a scuola, il governo si batteva affinché gli italiani potessero circolare liberamente fuori dai confini. Oggi la frontiera da non superare è quella di casa.
Dieci giorni possono essere un’eternità. Emmanuel Macron continua a ripetere: “Bloccare tutto non serve in questo momento. Per ora non ci saranno provvedimenti come in Italia”. Per ora, appunto. È un approccio cinico che punta solo a salvare l’attività economica? “Molti epidemiologisti ci dicono che bloccare tutto può creare effetti di panico e altre conseguenze che aggravano l’epidemia” risponde il ministro francese della Sanità Olivier Véran. Neurologo di formazione, Véran ha fatto un disegno in diretta tv per spiegare qual sia la strategia del governo: evitare un picco di casi in un periodo limitato, com’è accaduto in Italia, per dilazionarli nel tempo in modo da non far collassare il sistema sanitario.
È la stessa metafora che ha usato Angela Merkel. Flatten the curve, appiattire la curva dell’epidemia. La domanda ovviamente è ma perché Francia e Germania dovrebbero riuscire a fare quello che non è accaduto in Italia? Si può sperare che il sistema sanitario francese – gestito direttamente dallo Stato – sia più pronto ad affrontare l’onda d’urto. Il governo di Parigi ha avuto qualche giorno di anticipo per prepararsi rispetto all’Italia. Tutto vero. Le autorità francesi erano però quelle che dopo Cernobyl dissero che la nuvola atomica si sarebbe fermata alla frontiera, per non parlare della linea Maginot che doveva tenere lontano i nemici alle porte. I prossimi giorni saranno decisivi per capire se la curva francese, o tedesca, s’impennerà come quella italiana. E allora si potrà davvero cominciare a fare dei paragoni tra i vari paesi europei.
Autore: Anais Ginori
Fonte: Repubblica
Sulla curva della propagazione del coronavirus, la Francia si trova nel punto in cui era l’Italia dieci giorni fa. L’ultimo bollettino Oltralpe diffuso ieri registra 1784 contagiati e 33 morti: in termini di vittime corrisponde al comunicato della protezione civile del 1 marzo (34 deceduti, 1577 contagiati). La Germania è ancora un po’ più indietro nella curva se si contano i decessi (solo tre) ma è simile alla Francia sul numero di contagiati (1622). Con 1978 positivi al virus e 47 morti, la Spagna è un po’ più avanti nella diffusione, è nella situazione fotografata da noi il 2 marzo.
Nove, dieci giorni. È questa la differenza temporale nella propagazione dell’epidemia che separa l’Italia dagli altri paesi europei. Dieci giorni in cui da noi l’epidemia ha cominciato a galoppare, si è passati da 34 a 631 vittime. E purtroppo non è ancora finita. “Dopo l’Italia, la Francia?” si chiede oggi in prima pagina Libération. Lo sfasamento temporale spiega perché in Francia e ancora di più in Germania non sono state ancora adottate zone rosse, chiusure di scuole generali, e altre restrizioni. Un atteggiamento che a noi risulta ormai incomprensibile, eppure ricordiamoci: fino a dieci giorni fa si parlava di riaprire Milano, i ragazzi continuavano ad andare a scuola, il governo si batteva affinché gli italiani potessero circolare liberamente fuori dai confini. Oggi la frontiera da non superare è quella di casa.
Dieci giorni possono essere un’eternità. Emmanuel Macron continua a ripetere: “Bloccare tutto non serve in questo momento. Per ora non ci saranno provvedimenti come in Italia”. Per ora, appunto. È un approccio cinico che punta solo a salvare l’attività economica? “Molti epidemiologisti ci dicono che bloccare tutto può creare effetti di panico e altre conseguenze che aggravano l’epidemia” risponde il ministro francese della Sanità Olivier Véran. Neurologo di formazione, Véran ha fatto un disegno in diretta tv per spiegare qual sia la strategia del governo: evitare un picco di casi in un periodo limitato, com’è accaduto in Italia, per dilazionarli nel tempo in modo da non far collassare il sistema sanitario.
È la stessa metafora che ha usato Angela Merkel. Flatten the curve, appiattire la curva dell’epidemia. La domanda ovviamente è ma perché Francia e Germania dovrebbero riuscire a fare quello che non è accaduto in Italia? Si può sperare che il sistema sanitario francese – gestito direttamente dallo Stato – sia più pronto ad affrontare l’onda d’urto. Il governo di Parigi ha avuto qualche giorno di anticipo per prepararsi rispetto all’Italia. Tutto vero. Le autorità francesi erano però quelle che dopo Cernobyl dissero che la nuvola atomica si sarebbe fermata alla frontiera, per non parlare della linea Maginot che doveva tenere lontano i nemici alle porte. I prossimi giorni saranno decisivi per capire se la curva francese, o tedesca, s’impennerà come quella italiana. E allora si potrà davvero cominciare a fare dei paragoni tra i vari paesi europei.
Autore: Anais Ginori
Fonte: Repubblica