La Secondary Market Directive (Smd) adottata nel novembre 2021, è stata concepita con la finalità di promuovere lo sviluppo di mercati secondari dei crediti deteriorati all’interno dell’Unione Europea, eliminando gli ostacoli posti a livello nazionale al trasferimento dei crediti deteriorati, avendo cura potenziando al tempo stesso gli strumenti a tutela dei diritti dei debitori ceduti.
Secondo un sondaggio informale effettuato da giornalisti del Sole 24 Ore sussisterebbero però diverse perplessità da parte degli operatori del settore in merito alle modalità di implementazione della nuova normativa e al recepimento all’interno dell’ordinamento italiano.
L’obiettivo della direttiva è elevare il grado di uniformità all’interno del mercato unico europeo, stabilendo regolamenti universali per gli operatori e gli acquirenti di crediti non performanti. Questo include l’adozione di norme unificate per assicurare comportamenti appropriati e un controllo efficace sugli enti che gestiscono tali crediti. Tuttavia, la diversità regolatoria tra i sistemi legali nazionali rappresenta una sfida. Per mantenere le peculiarità di ciascun stato, l’Unione Europea ha concesso ai paesi membri una certa flessibilità nell’attuazione, margine che l’Italia vuole utilizzare, nonostante ciò generi dibattiti.
Per quanto riguarda la gestione dei Non-Performing Loans (NPL) in Italia, l’elemento più significativo di discrezionalità si manifesta nella decisione di limitare l’applicabilità della nuova legge agli NPL, escludendo le cosiddette esposizioni probabili a default (Utp). Questa scelta è motivata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) con la necessità di una gestione più proattiva degli Utp, che spesso richiede nuovi finanziamenti, un’attività che in Italia è riservata alle banche e ad altri enti creditizi autorizzati.
Pietro Bellone, partner di Allen & Overy, sottolinea che integrare gli Utp nel quadro normativo, permettendo che il supporto finanziario venga fornito esclusivamente da enti terzi autorizzati, potrebbe essere una soluzione. Tuttavia, le restrizioni attuali limitano l’ambito della legge principalmente agli NPL non garantiti, riducendo significativamente il mercato interessato. Questo approccio sembra escludere una porzione rilevante del mercato, che in Italia ha registrato transazioni per circa 32 miliardi di euro, metà delle quali attraverso vendite secondarie.
Sorprendentemente, la proposta legislativa mira ad ampliare il gruppo di soggetti che possono originare crediti in sofferenza, includendo potenzialmente anche fondi di credito, che secondo Bellone dovrebbero invece restare fuori dal raggio d’azione della direttiva, applicabile esclusivamente a finanziatori bancari. Le implicazioni per le società di cartolarizzazione che acquistano questi crediti includono solo maggiori obblighi informativi senza benefici in termini di fluidità del credito.
Le incertezze si estendono anche alla regolamentazione dei servicer di crediti, prevedendo la creazione di un nuovo registro per gestori di crediti non performanti sotto la supervisione della Banca d’Italia. Questo registro sarebbe aperto sia alle entità autorizzate in Italia sia a quelle europee che operano transfrontaliero. Tuttavia, Bellone osserva che questa limitazione ai soli crediti in sofferenza potrebbe rivelarsi restrittiva sia per i gestori italiani che desiderano offrire servizi in altri paesi sia per quelli europei interessati al mercato italiano.
L’impressione generale è che le nuove regole, confrontandosi con le restrizioni finanziarie esistenti in Italia, potrebbero non solo non stimolare lo sviluppo di un mercato secondario per gli NPL, ma addirittura ostacolarlo introducendo ulteriori requisiti informativi. Le reazioni alla proposta in fase di consultazione evidenzieranno le problematiche, e resta da vedere se e come il Mef presterà ascolto a tali feedback.
A tale proposito,come evidenziato dall’ultimo aggiornamento del l’Osservatorio Nazionale NPE Market di Credit Village, nel 2023, le operazioni di mercato primario sono state inferiori a quelle di Re-Trade sui mercati secondari, casistica che non si verificava dal 2017.
La Secondary Market Directive (Smd) adottata nel novembre 2021, è stata concepita con la finalità di promuovere lo sviluppo di mercati secondari dei crediti deteriorati all’interno dell’Unione Europea, eliminando gli ostacoli posti a livello nazionale al trasferimento dei crediti deteriorati, avendo cura potenziando al tempo stesso gli strumenti a tutela dei diritti dei debitori ceduti.
Secondo un sondaggio informale effettuato da giornalisti del Sole 24 Ore sussisterebbero però diverse perplessità da parte degli operatori del settore in merito alle modalità di implementazione della nuova normativa e al recepimento all’interno dell’ordinamento italiano.
L’obiettivo della direttiva è elevare il grado di uniformità all’interno del mercato unico europeo, stabilendo regolamenti universali per gli operatori e gli acquirenti di crediti non performanti. Questo include l’adozione di norme unificate per assicurare comportamenti appropriati e un controllo efficace sugli enti che gestiscono tali crediti. Tuttavia, la diversità regolatoria tra i sistemi legali nazionali rappresenta una sfida. Per mantenere le peculiarità di ciascun stato, l’Unione Europea ha concesso ai paesi membri una certa flessibilità nell’attuazione, margine che l’Italia vuole utilizzare, nonostante ciò generi dibattiti.
Per quanto riguarda la gestione dei Non-Performing Loans (NPL) in Italia, l’elemento più significativo di discrezionalità si manifesta nella decisione di limitare l’applicabilità della nuova legge agli NPL, escludendo le cosiddette esposizioni probabili a default (Utp). Questa scelta è motivata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) con la necessità di una gestione più proattiva degli Utp, che spesso richiede nuovi finanziamenti, un’attività che in Italia è riservata alle banche e ad altri enti creditizi autorizzati.
Pietro Bellone, partner di Allen & Overy, sottolinea che integrare gli Utp nel quadro normativo, permettendo che il supporto finanziario venga fornito esclusivamente da enti terzi autorizzati, potrebbe essere una soluzione. Tuttavia, le restrizioni attuali limitano l’ambito della legge principalmente agli NPL non garantiti, riducendo significativamente il mercato interessato. Questo approccio sembra escludere una porzione rilevante del mercato, che in Italia ha registrato transazioni per circa 32 miliardi di euro, metà delle quali attraverso vendite secondarie.
Sorprendentemente, la proposta legislativa mira ad ampliare il gruppo di soggetti che possono originare crediti in sofferenza, includendo potenzialmente anche fondi di credito, che secondo Bellone dovrebbero invece restare fuori dal raggio d’azione della direttiva, applicabile esclusivamente a finanziatori bancari. Le implicazioni per le società di cartolarizzazione che acquistano questi crediti includono solo maggiori obblighi informativi senza benefici in termini di fluidità del credito.
Le incertezze si estendono anche alla regolamentazione dei servicer di crediti, prevedendo la creazione di un nuovo registro per gestori di crediti non performanti sotto la supervisione della Banca d’Italia. Questo registro sarebbe aperto sia alle entità autorizzate in Italia sia a quelle europee che operano transfrontaliero. Tuttavia, Bellone osserva che questa limitazione ai soli crediti in sofferenza potrebbe rivelarsi restrittiva sia per i gestori italiani che desiderano offrire servizi in altri paesi sia per quelli europei interessati al mercato italiano.
L’impressione generale è che le nuove regole, confrontandosi con le restrizioni finanziarie esistenti in Italia, potrebbero non solo non stimolare lo sviluppo di un mercato secondario per gli NPL, ma addirittura ostacolarlo introducendo ulteriori requisiti informativi. Le reazioni alla proposta in fase di consultazione evidenzieranno le problematiche, e resta da vedere se e come il Mef presterà ascolto a tali feedback.
A tale proposito,come evidenziato dall’ultimo aggiornamento del l’Osservatorio Nazionale NPE Market di Credit Village, nel 2023, le operazioni di mercato primario sono state inferiori a quelle di Re-Trade sui mercati secondari, casistica che non si verificava dal 2017.