Gli NPL non sono più un’emergenza per le banche italiane che ormai hanno sui propri libri di bilancio livelli di crediti deteriorati in linea con i principali istituti europei, ai minimi storici rispetto agli ultimi 15 anni. L’attenzione degli istituti oggi è tutta rivolta ai crediti vivi, i cosiddetti UTP o Stage 2. Ad attestarlo è il recente report di PwC “A New Era is coming” sulle Non-Performing Exposure (NPE), secondo cui non si è ancora manifestato l’impatto del contesto macroeconomico incerto, anche se iniziano a vedersi alcuni segnali di cautela. A marzo 2023 lo stock di crediti deteriorati delle principali banche europee è rimasto stabile rispetto al trimestre precedente su un valore di 357 miliardi di euro, pari al 2,2% del totale dei prestiti, con una riduzione di 730 miliardi rispetto al 2015. Sui bilanci delle banche italiane, nel primo trimestre 2023, erano iscritti circa 58 miliardi di crediti deteriorati, corrispondenti al 2,9% del totale dei crediti, toccando uno dei livelli più bassi rispetto al passato e una costante convergenza verso gli standard dell’UE (<3%). Ma i numeri più preoccupanti sono quelli sugli Stage 2 che raggiungono quota 227 miliardi, pari all’11.3% dei prestiti, rispetto alla media europea del 9,1%. Di questi crediti in Stage 2 circa 28 miliardi sono “forborne”, ossia prestiti in bonis che hanno previsto misure di tolleranza o forbearance per clienti che si trovano in difficoltà finanziarie.
A partire dal 2020 sono stati erogati oltre 340 miliardi di finanziamenti garantiti dallo Stato, che hanno terminato il periodo di pre-ammortamento e potrebbero mostrare in futuro una crescita del profilo di rischio.
Nel nostro Paese, inoltre, il tasso di default resta sotto controllo attorno all’1%, ma ha ricominciato a crescere per la prima volta dal 2013.
Guardando al futuro del 2023, secondo i risultati dell’EBA Risk Assessment Questionnaire della primavera 2023, le banche prevedono un deterioramento della qualità degli attivi sia per le famiglie che per le aziende.
A livello di Unione Europea, i prestiti classificati a Stage 2 secondo IFRS9 nel primo trimestre del 2023 si sono attestati a 1,350 miliardi, diminuendo l’incidenza sul totale dei prestiti al 9,3% dal 9,6% di fine 2022. La Francia rappresenta il paese in cui l’ammontare di prestiti in Stage 2 è più elevato e supera i 450 miliardi di euro.
“Sia le banche che il Regolatore stanno ponendo crescente attenzione ai prestiti classificati in Stage 2 e/o in forborne. Diverse banche hanno attivato processi di valutazione dei loro portafogli e individuato una serie di azioni per rafforzare le attuali strategie di gestione e per mitigare gli scivolamenti in credito deteriorato e i relativi impatti economici e di capitale – ha commentato Pier Paolo Masenza, Financial Services Strategy & Value Creation Leader di PwC Italia – Dopo la pulizia dei bilanci bancari dai crediti deteriorati degli scorsi anni, i nuovi flussi si sono spostati verso crediti UTP e pre-deteriorati. Questi crediti richiedono un approccio di gestione più vicino alle aziende. L’approccio non è più incentrato sulla massimizzazione dell’importo da recuperare e la priorità diventa riportare in bonis le posizioni in evidente difficoltà”.
Gli NPL non sono più un’emergenza per le banche italiane che ormai hanno sui propri libri di bilancio livelli di crediti deteriorati in linea con i principali istituti europei, ai minimi storici rispetto agli ultimi 15 anni. L’attenzione degli istituti oggi è tutta rivolta ai crediti vivi, i cosiddetti UTP o Stage 2. Ad attestarlo è il recente report di PwC “A New Era is coming” sulle Non-Performing Exposure (NPE), secondo cui non si è ancora manifestato l’impatto del contesto macroeconomico incerto, anche se iniziano a vedersi alcuni segnali di cautela. A marzo 2023 lo stock di crediti deteriorati delle principali banche europee è rimasto stabile rispetto al trimestre precedente su un valore di 357 miliardi di euro, pari al 2,2% del totale dei prestiti, con una riduzione di 730 miliardi rispetto al 2015. Sui bilanci delle banche italiane, nel primo trimestre 2023, erano iscritti circa 58 miliardi di crediti deteriorati, corrispondenti al 2,9% del totale dei crediti, toccando uno dei livelli più bassi rispetto al passato e una costante convergenza verso gli standard dell’UE (<3%). Ma i numeri più preoccupanti sono quelli sugli Stage 2 che raggiungono quota 227 miliardi, pari all’11.3% dei prestiti, rispetto alla media europea del 9,1%. Di questi crediti in Stage 2 circa 28 miliardi sono “forborne”, ossia prestiti in bonis che hanno previsto misure di tolleranza o forbearance per clienti che si trovano in difficoltà finanziarie.
A partire dal 2020 sono stati erogati oltre 340 miliardi di finanziamenti garantiti dallo Stato, che hanno terminato il periodo di pre-ammortamento e potrebbero mostrare in futuro una crescita del profilo di rischio.
Nel nostro Paese, inoltre, il tasso di default resta sotto controllo attorno all’1%, ma ha ricominciato a crescere per la prima volta dal 2013.
Guardando al futuro del 2023, secondo i risultati dell’EBA Risk Assessment Questionnaire della primavera 2023, le banche prevedono un deterioramento della qualità degli attivi sia per le famiglie che per le aziende.
A livello di Unione Europea, i prestiti classificati a Stage 2 secondo IFRS9 nel primo trimestre del 2023 si sono attestati a 1,350 miliardi, diminuendo l’incidenza sul totale dei prestiti al 9,3% dal 9,6% di fine 2022. La Francia rappresenta il paese in cui l’ammontare di prestiti in Stage 2 è più elevato e supera i 450 miliardi di euro.
“Sia le banche che il Regolatore stanno ponendo crescente attenzione ai prestiti classificati in Stage 2 e/o in forborne. Diverse banche hanno attivato processi di valutazione dei loro portafogli e individuato una serie di azioni per rafforzare le attuali strategie di gestione e per mitigare gli scivolamenti in credito deteriorato e i relativi impatti economici e di capitale – ha commentato Pier Paolo Masenza, Financial Services Strategy & Value Creation Leader di PwC Italia – Dopo la pulizia dei bilanci bancari dai crediti deteriorati degli scorsi anni, i nuovi flussi si sono spostati verso crediti UTP e pre-deteriorati. Questi crediti richiedono un approccio di gestione più vicino alle aziende. L’approccio non è più incentrato sulla massimizzazione dell’importo da recuperare e la priorità diventa riportare in bonis le posizioni in evidente difficoltà”.