Nonostante tutto, il mercato immobiliare cresce. Nonostante il rincaro dei costi di energia e delle materie prime, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, l’aumento delle disuguaglianze (riscontrato anche da una puntuale analisi dei dati sulle famiglie che hanno avuto effettivamente accesso ad interventi di retrofitting grazie al Superbonus), la riduzione della capacità di risparmio delle famiglie (eroso dall’inflazione), l’aumento del costo del denaro e della nuova stretta creditizia.
Dai dati dell’Osservatorio Immobiliare di Nomisma presentato ieri, la variazione annuale dei prezzi delle abitazioni relativa al 30 giugno è risultata del +2,9% nella media dei 13 principali mercati nazionali (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Torino e Venezia), con un range di variazione che oscilla dal +6,3% di Milano al -0,2% di Venezia Laguna. Un risultato coerente con l’intensità della domanda e la crescita delle compravendite. Costante quindi il trend positivo del 2021 «senza intravedere shock legati ad esempio al conflitto in Ucraina che ha fatto seguito alla pandemia» ha commentato Elena Molignoni, responsabile dell’Osservatorio.
Si conferma l’interesse per la casa, anche se mancano prodotti nuovi e si riscontra un gap del mercato soprattutto in periferia. «Periferia» è la parola scelta da Luca Dondi dall’Orologio, ad Nomisma, ricordando la «ridotta tendenza alla suburbanizzazione», con riferimento al dibattito sul ripopolamento dei borghi e delle aree interne. «Si riscontra un picco di domanda nei comuni di prima e seconda cintura, ripristinando via via la centralità del comune capoluogo che traina l’andamento del mercato immobiliare e che vede nelle periferie – dice Dondi – il punto di sintesi. Per la presenza di infrastrutture, servizi, per la connessione con il centro urbano, ma dove c’è carenza di offerta in vendita o in locazione, sia quantitativa che qualitativa, privando di fatto il mercato di opportunità». Dondi accenna alle scelte fatte in termini di rigenerazione urbana e precisa «il Paese non può attingere alla leva urbanistica usata per anni in modo scriteriato, al contempo non può essere azzerata; altrimenti avremo una crescita monca e contenuta, rispetto al potenziale». Dai dati, il mantenimento dei livelli di attività nei mercati cittadini dipende anche dalla vitalità delle diverse zone, a loro volta connotate da valori di mercato più o meno distanti tra loro. Nella media dei 13 mercati, l’11% delle compravendite residenziali è stato registrato nei centri urbani e il 44,5% nelle periferie.
Secondo Nomisma la dinamica rialzista ha riguardato anche gli uffici e i negozi i quali, dopo 13 anni di flessione, hanno fatto segnare per la prima volta una variazione positiva dei prezzi. Considerando il segmento direzionale, la variazione annua è stata del +0,5% medio con una forchetta compresa tra il -1,2% di Catania e il +2% di Bologna. Per i negozi si registra un +0,3% su base tendenziale; si segnalano Genova e Palermo come unici mercati in territorio negativo nel comparto commerciale (per entrambi un arretramento dell’1,5% tendenziale); al contrario, i rialzi sono guidati da Milano con un +2,4%.
Sul fronte dei grandi investitori sempre nella giornata di ieri sono stati pubblicati i dati relativi all’andamento delle operazioni nel secondo trimestre 2022 da parte di Dils. Nel periodo in questione il mercato immobiliare italiano ha registrato transazioni non residenziali per un controvalore di 2,9 miliardi di euro nei settori che vanno dagli uffici alla logistica, dai centri commerciali agli hotel. Il dato «si somma ai 3,4 miliardi di euro del primo trimestre e porta il semestre a raggiungere un totale di 6,3 miliardi di euro, oltre ad ulteriori 1,5 miliardi di euro circa di deal attualmente in corso di negoziazione con chiusura prevista entro la fine del corrente mese» dicono da Dils.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Nonostante tutto, il mercato immobiliare cresce. Nonostante il rincaro dei costi di energia e delle materie prime, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, l’aumento delle disuguaglianze (riscontrato anche da una puntuale analisi dei dati sulle famiglie che hanno avuto effettivamente accesso ad interventi di retrofitting grazie al Superbonus), la riduzione della capacità di risparmio delle famiglie (eroso dall’inflazione), l’aumento del costo del denaro e della nuova stretta creditizia.
Dai dati dell’Osservatorio Immobiliare di Nomisma presentato ieri, la variazione annuale dei prezzi delle abitazioni relativa al 30 giugno è risultata del +2,9% nella media dei 13 principali mercati nazionali (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Torino e Venezia), con un range di variazione che oscilla dal +6,3% di Milano al -0,2% di Venezia Laguna. Un risultato coerente con l’intensità della domanda e la crescita delle compravendite. Costante quindi il trend positivo del 2021 «senza intravedere shock legati ad esempio al conflitto in Ucraina che ha fatto seguito alla pandemia» ha commentato Elena Molignoni, responsabile dell’Osservatorio.
Si conferma l’interesse per la casa, anche se mancano prodotti nuovi e si riscontra un gap del mercato soprattutto in periferia. «Periferia» è la parola scelta da Luca Dondi dall’Orologio, ad Nomisma, ricordando la «ridotta tendenza alla suburbanizzazione», con riferimento al dibattito sul ripopolamento dei borghi e delle aree interne. «Si riscontra un picco di domanda nei comuni di prima e seconda cintura, ripristinando via via la centralità del comune capoluogo che traina l’andamento del mercato immobiliare e che vede nelle periferie – dice Dondi – il punto di sintesi. Per la presenza di infrastrutture, servizi, per la connessione con il centro urbano, ma dove c’è carenza di offerta in vendita o in locazione, sia quantitativa che qualitativa, privando di fatto il mercato di opportunità». Dondi accenna alle scelte fatte in termini di rigenerazione urbana e precisa «il Paese non può attingere alla leva urbanistica usata per anni in modo scriteriato, al contempo non può essere azzerata; altrimenti avremo una crescita monca e contenuta, rispetto al potenziale». Dai dati, il mantenimento dei livelli di attività nei mercati cittadini dipende anche dalla vitalità delle diverse zone, a loro volta connotate da valori di mercato più o meno distanti tra loro. Nella media dei 13 mercati, l’11% delle compravendite residenziali è stato registrato nei centri urbani e il 44,5% nelle periferie.
Secondo Nomisma la dinamica rialzista ha riguardato anche gli uffici e i negozi i quali, dopo 13 anni di flessione, hanno fatto segnare per la prima volta una variazione positiva dei prezzi. Considerando il segmento direzionale, la variazione annua è stata del +0,5% medio con una forchetta compresa tra il -1,2% di Catania e il +2% di Bologna. Per i negozi si registra un +0,3% su base tendenziale; si segnalano Genova e Palermo come unici mercati in territorio negativo nel comparto commerciale (per entrambi un arretramento dell’1,5% tendenziale); al contrario, i rialzi sono guidati da Milano con un +2,4%.
Sul fronte dei grandi investitori sempre nella giornata di ieri sono stati pubblicati i dati relativi all’andamento delle operazioni nel secondo trimestre 2022 da parte di Dils. Nel periodo in questione il mercato immobiliare italiano ha registrato transazioni non residenziali per un controvalore di 2,9 miliardi di euro nei settori che vanno dagli uffici alla logistica, dai centri commerciali agli hotel. Il dato «si somma ai 3,4 miliardi di euro del primo trimestre e porta il semestre a raggiungere un totale di 6,3 miliardi di euro, oltre ad ulteriori 1,5 miliardi di euro circa di deal attualmente in corso di negoziazione con chiusura prevista entro la fine del corrente mese» dicono da Dils.
Fonte: Il Sole 24 Ore