Intervista a Christian Faggella, Amministratore Delegato di La Scala Società tra Avvocati
In quale contesto si inseriscono le recenti riforme nel campo della Giustizia?
C.F. Dopo la contrazione del 9-10% del PIL nazionale nel 2020 si è registrato un forte incremento nel 2021 con una crescita del 6,5% e prospettive per il 2022 di +2,4%”.
In questo contesto l’Italia proseguirà fino al 2026 un iter di riforme per supportare la ripresa economica a cominciare dalla riduzione dei tempi di svolgimento delle procedure. Basti pensare che il sistema giudiziario italiano nel 2018 impiegava circa 500 giorni per una sentenza di primo grado, contro i 200 europei.
L’inefficienza del sistema giudiziario ha riflessi negativi su diversi aspetti della crescita economica, tra cui investimenti, innovazione ed aumento del costo del credito.
Con riguardo agli NPLs e al recupero dei crediti c’è un legame diretto tra durata delle procedure e la percentuale di recupero del credito, che impatta direttamente sul mercato delle cessioni. A causa della disomogeneità territoriale, poi, a parità di patrimonio del debitore, la cifra che si può recuperare dipende in larga misura dal tribunale di competenza.
Quali sono, in estrema sintesi, le linee guida della riforma della giustizia civile?
C.F. Le priorità sono:
creazione di nuovi strumenti processuali per snellire i procedimenti
estensione del processo di digitalizzazione
adozione di strumenti deflattivi della giustizia ordinaria.
Il processo esecutivo è stato tra i primi a beneficiare della digitalizzazione ed il processo civile telematico è ormai una modalità consolidata da estendere ora anche al Giudice di Pace. La pandemia ha accelerato il percorso di innovazione.
In particolare, per il processo esecutivo, lo scopo è rafforzare da un lato la tutela del creditore (perché possa arrivare il prima possibile all’incasso del credito) e dall’altro lato l’allineamento di interessi di debitore e creditore nel non vedere mortificato il valore a cui si venderà all’asta l’immobile pignorato.
In questa prospettiva è innovativa la proposta che il debitore venga autorizzato a vendere direttamente l’immobile pignorato per un prezzo non inferiore al prezzo base indicato nella relazione di stima.
Quali sono gli impatti concreti attesi dall’implementazione della Riforma?
C.F. In generale, per verificarne nel concreto gli impatti, bisognerà attendere l’emissione dei decreti attuativi. Ma molte modifiche recepiscono alcune prassi già individuate dal CSM nelle Linee guida sulle Buone Prassi delle Esecuzioni del 2021 e ciò dovrebbe facilitarne la diffusione presso tutti i tribunali.
Quanto alla possibilità per il debitore di procedere con la vendita diretta, questa sarà di difficile realizzazione, in quanto il debitore dovrebbe già disporre, al momento del deposito dell’istanza, di un compratore e delle indicazione della stima eseguita dal perito.
Qual è l’aspetto legato alla Sostenibilità che rileva nell’impostazione della Riforma della Giustizia?
C.F. L’unica strada sostenibile è quella di limitare il ricorso al giudice ordinario e rafforzare gli strumenti di mediazione dei conflitti.
La Ministra Marta Cartabia, nelle scorse settimane, descrivendo il filo conduttore della riforma della giustizia delineata dal PNRR ha affermato “la nostra società ha un gran bisogno di imparare a ricomporre i conflitti”.“Sono profondamente convinta che imparare a disinnescare il potenziale esplosivo del conflitto- di qualunque natura esso sia – prima che deflagri, e offrire strumenti giuridici per farlo, sia, oltre che un bene in sé, il più efficace contributo alla modernizzazione della macchina della giustizia che potremo consegnare alle generazioni future”.
Ora il tema della giustizia civile è diventato urgente perché il sistema rischia di collassare sotto il peso di una montagna di nuovi contenziosi che potrebbero travolgere i Tribunali al primo allentarsi della pandemia.
Il primo passo è quello di ampliare le controversie per le quali è obbligatorio, prima del giudizio, ricorrere alla mediazione, passando attraverso incentivi economici e fiscali per le parti.
Qual è fino ad oggi il bilancio dell’utilizzo dei vari strumenti di mediazione e conciliazione in Italia?
C.F. Ad oggi non si può dire che la mediazione abbia avuto il successo sperato.
Non esiste, infatti, un obbligo di mediazione: per il 15% delle materie della giustizia civile c’è l’obbligo solo di partecipare a un primo incontro per capire se ci sono margini di accordo…La decisione di proseguire oltre è rimessa alla volontà delle parti.
Le statistiche danno una visione d’insieme poco omogena. Da un lato, su materie come locazione e successione, la mediazione ha diminuito il ricorso ai Tribunali fino al 65% dei casi. Secondo i dati di Camera Arbitrale di Milano l’accordo viene raggiunto nel 61% dei casi e servono in media 60 giorni. Con costi inferiori a quelli dei giudizi in tribunale. Dall’altro lato le mediazioni bancarie hanno registrato un clamoroso insuccesso. Eppure, le banche potrebbero valutare il ricorso alla mediazione anche per il recupero dei crediti evitando tempi e costi dei procedimenti giudiziari e spesso anche il rischio di acquisire un titolo di fatto inutile.
Sono stati adottati istituti specifici che vanno in questa direzione auspicata?
C.F. Si, in questa direzione si è mossa la riforma della legge fallimentare. A novembre scorso è entrata in vigore la composizione negoziata della crisi d’impresa che costituisce uno strumento volontario, governato da una figura simile a quella del mediatore: l’esperto.
L’obiettivo del legislatore è evitare il ricorso alle normali procedure concorsuali e facilitare i tavoli negoziali tra imprenditori e banche. Nella composizione negoziata è espressamente previsto che le banche e gli intermediari finanziari debbano partecipare attivamente, secondo principi di correttezza e buona fede, dando risposte veloci e precise all’esperto.
Intervista a Christian Faggella, Amministratore Delegato di La Scala Società tra Avvocati
In quale contesto si inseriscono le recenti riforme nel campo della Giustizia?
C.F. Dopo la contrazione del 9-10% del PIL nazionale nel 2020 si è registrato un forte incremento nel 2021 con una crescita del 6,5% e prospettive per il 2022 di +2,4%”.
In questo contesto l’Italia proseguirà fino al 2026 un iter di riforme per supportare la ripresa economica a cominciare dalla riduzione dei tempi di svolgimento delle procedure. Basti pensare che il sistema giudiziario italiano nel 2018 impiegava circa 500 giorni per una sentenza di primo grado, contro i 200 europei.
L’inefficienza del sistema giudiziario ha riflessi negativi su diversi aspetti della crescita economica, tra cui investimenti, innovazione ed aumento del costo del credito.
Con riguardo agli NPLs e al recupero dei crediti c’è un legame diretto tra durata delle procedure e la percentuale di recupero del credito, che impatta direttamente sul mercato delle cessioni. A causa della disomogeneità territoriale, poi, a parità di patrimonio del debitore, la cifra che si può recuperare dipende in larga misura dal tribunale di competenza.
Quali sono, in estrema sintesi, le linee guida della riforma della giustizia civile?
C.F. Le priorità sono:
Il processo esecutivo è stato tra i primi a beneficiare della digitalizzazione ed il processo civile telematico è ormai una modalità consolidata da estendere ora anche al Giudice di Pace. La pandemia ha accelerato il percorso di innovazione.
In particolare, per il processo esecutivo, lo scopo è rafforzare da un lato la tutela del creditore (perché possa arrivare il prima possibile all’incasso del credito) e dall’altro lato l’allineamento di interessi di debitore e creditore nel non vedere mortificato il valore a cui si venderà all’asta l’immobile pignorato.
In questa prospettiva è innovativa la proposta che il debitore venga autorizzato a vendere direttamente l’immobile pignorato per un prezzo non inferiore al prezzo base indicato nella relazione di stima.
Quali sono gli impatti concreti attesi dall’implementazione della Riforma?
C.F. In generale, per verificarne nel concreto gli impatti, bisognerà attendere l’emissione dei decreti attuativi. Ma molte modifiche recepiscono alcune prassi già individuate dal CSM nelle Linee guida sulle Buone Prassi delle Esecuzioni del 2021 e ciò dovrebbe facilitarne la diffusione presso tutti i tribunali.
Quanto alla possibilità per il debitore di procedere con la vendita diretta, questa sarà di difficile realizzazione, in quanto il debitore dovrebbe già disporre, al momento del deposito dell’istanza, di un compratore e delle indicazione della stima eseguita dal perito.
Qual è l’aspetto legato alla Sostenibilità che rileva nell’impostazione della Riforma della Giustizia?
C.F. L’unica strada sostenibile è quella di limitare il ricorso al giudice ordinario e rafforzare gli strumenti di mediazione dei conflitti.
La Ministra Marta Cartabia, nelle scorse settimane, descrivendo il filo conduttore della riforma della giustizia delineata dal PNRR ha affermato “la nostra società ha un gran bisogno di imparare a ricomporre i conflitti”. “Sono profondamente convinta che imparare a disinnescare il potenziale esplosivo del conflitto- di qualunque natura esso sia – prima che deflagri, e offrire strumenti giuridici per farlo, sia, oltre che un bene in sé, il più efficace contributo alla modernizzazione della macchina della giustizia che potremo consegnare alle generazioni future”.
Ora il tema della giustizia civile è diventato urgente perché il sistema rischia di collassare sotto il peso di una montagna di nuovi contenziosi che potrebbero travolgere i Tribunali al primo allentarsi della pandemia.
Il primo passo è quello di ampliare le controversie per le quali è obbligatorio, prima del giudizio, ricorrere alla mediazione, passando attraverso incentivi economici e fiscali per le parti.
Qual è fino ad oggi il bilancio dell’utilizzo dei vari strumenti di mediazione e conciliazione in Italia?
C.F. Ad oggi non si può dire che la mediazione abbia avuto il successo sperato.
Non esiste, infatti, un obbligo di mediazione: per il 15% delle materie della giustizia civile c’è l’obbligo solo di partecipare a un primo incontro per capire se ci sono margini di accordo…La decisione di proseguire oltre è rimessa alla volontà delle parti.
Le statistiche danno una visione d’insieme poco omogena. Da un lato, su materie come locazione e successione, la mediazione ha diminuito il ricorso ai Tribunali fino al 65% dei casi. Secondo i dati di Camera Arbitrale di Milano l’accordo viene raggiunto nel 61% dei casi e servono in media 60 giorni. Con costi inferiori a quelli dei giudizi in tribunale. Dall’altro lato le mediazioni bancarie hanno registrato un clamoroso insuccesso. Eppure, le banche potrebbero valutare il ricorso alla mediazione anche per il recupero dei crediti evitando tempi e costi dei procedimenti giudiziari e spesso anche il rischio di acquisire un titolo di fatto inutile.
Sono stati adottati istituti specifici che vanno in questa direzione auspicata?
C.F. Si, in questa direzione si è mossa la riforma della legge fallimentare. A novembre scorso è entrata in vigore la composizione negoziata della crisi d’impresa che costituisce uno strumento volontario, governato da una figura simile a quella del mediatore: l’esperto.
L’obiettivo del legislatore è evitare il ricorso alle normali procedure concorsuali e facilitare i tavoli negoziali tra imprenditori e banche. Nella composizione negoziata è espressamente previsto che le banche e gli intermediari finanziari debbano partecipare attivamente, secondo principi di correttezza e buona fede, dando risposte veloci e precise all’esperto.