Secondo quanto riportato dall’agenzia Scope Ratings i dati forniti dalle banche italiane sulle moratorie scadute risultano al momento abbastanza confortanti. Il piccolo aumento delle inadempienze previsto per il 2022 dovrebbe essere più che compensato dalle cessioni di NPL e dalla crescita dei volumi, per cui i gli NPL ratio dovrebbero diminuire.
Le maggiori banche italiane hanno riportato solidi risultati annuali, uscendo rafforzate da due anni di pandemia. Nel 2021, il rendimento del patrimonio netto tangibile delle banche ha raggiunto livelli che non si vedevano da anni, in alcuni casi superiori al 10%, mentre le riserve di capitale sono rimaste confortevoli. Per una volta, la qualità dell’attivo non è stata sotto i riflettori, in quanto non si sono verificati effetti di scogliera degli NPL a seguito della progressiva eliminazione delle misure di sostegno ai mutuatari.
La stragrande maggioranza dei programmi di moratoria italiani è scaduta con la fine del decreto “Cura Italia” in dicembre. A gennaio 2022, le poche posizioni in sospeso erano dovute a misure proprie delle banche e a quelle messe in atto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana). L’andamento dei prestiti che erano stati inclusi in programmi di moratoria scaduti è stato sorprendentemente forte. I tassi di insolvenza sono stati compresi tra l’1% e il 2,8%, un livello molto gestibile per gli istituti di credito italiani.
Nel report del 20 settembre 2021 (Italian banks: no cliff effects from expiring payment holidays) era stato posto l’accento sulle ipotesi di default delle banche italiane e si era evidenziato come anche in ipotesi di default stressate (fino al 20% di default sui prestiti in essere sotto moratoria all’epoca), gli impatti sarebbero moderati sia in termini di NPL ratio lordi (+101 pb) che di esigenze di accantonamento (+51 pb).
Sebbene le banche prevedano una piccola ripresa dei tassi di insolvenza nel 2022, in generale indicano che il costo del rischio rimarrà inferiore a quello dell’anno scorso (circa 45 pb contro una media di 55 pb nel 2021), grazie a volumi di prestito più elevati e a un calo degli accantonamenti relativi alle cessioni di NPL.
La qualità dell’attivo delle banche italiane è migliorata nel 2021, come dimostrato da un calo dei rapporti medi di NPL (cfr. Figura 2). Mentre gli afflussi di posizioni deteriorate sono rimasti ai minimi storici, le banche hanno proseguito con le cessioni (circa 30 miliardi di euro a livello nazionale). Non ci aspettiamo che questa tendenza finisca subito. Le banche puntano ora a rapporti NPL sempre più bassi per raggiungere la media UE di circa il 2,5%. Intesa sta cercando di diventare una banca a zero NPL entro il 2025, mantenendo gli NPL in linea con i peer nordici. Banco BPM, che ha presentato il suo piano alla fine del 2021, è destinato a superare il suo obiettivo di NPL del 2024 entro la metà del 2022.
La direzione a breve termine degli NPL ratio dipenderà chiaramente dalla performance economica dell’Italia nel 2022. La quota di crediti in stage 2 rimangono elevata (13% a dicembre in media per le sei maggiori banche italiane); la loro qualità potrebbe peggiorare ulteriormente se la ripresa economica vacillasse.
Secondo quanto riportato dall’agenzia Scope Ratings i dati forniti dalle banche italiane sulle moratorie scadute risultano al momento abbastanza confortanti. Il piccolo aumento delle inadempienze previsto per il 2022 dovrebbe essere più che compensato dalle cessioni di NPL e dalla crescita dei volumi, per cui i gli NPL ratio dovrebbero diminuire.
Le maggiori banche italiane hanno riportato solidi risultati annuali, uscendo rafforzate da due anni di pandemia. Nel 2021, il rendimento del patrimonio netto tangibile delle banche ha raggiunto livelli che non si vedevano da anni, in alcuni casi superiori al 10%, mentre le riserve di capitale sono rimaste confortevoli. Per una volta, la qualità dell’attivo non è stata sotto i riflettori, in quanto non si sono verificati effetti di scogliera degli NPL a seguito della progressiva eliminazione delle misure di sostegno ai mutuatari.
La stragrande maggioranza dei programmi di moratoria italiani è scaduta con la fine del decreto “Cura Italia” in dicembre. A gennaio 2022, le poche posizioni in sospeso erano dovute a misure proprie delle banche e a quelle messe in atto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana). L’andamento dei prestiti che erano stati inclusi in programmi di moratoria scaduti è stato sorprendentemente forte. I tassi di insolvenza sono stati compresi tra l’1% e il 2,8%, un livello molto gestibile per gli istituti di credito italiani.
Nel report del 20 settembre 2021 (Italian banks: no cliff effects from expiring payment holidays) era stato posto l’accento sulle ipotesi di default delle banche italiane e si era evidenziato come anche in ipotesi di default stressate (fino al 20% di default sui prestiti in essere sotto moratoria all’epoca), gli impatti sarebbero moderati sia in termini di NPL ratio lordi (+101 pb) che di esigenze di accantonamento (+51 pb).
Sebbene le banche prevedano una piccola ripresa dei tassi di insolvenza nel 2022, in generale indicano che il costo del rischio rimarrà inferiore a quello dell’anno scorso (circa 45 pb contro una media di 55 pb nel 2021), grazie a volumi di prestito più elevati e a un calo degli accantonamenti relativi alle cessioni di NPL.
La qualità dell’attivo delle banche italiane è migliorata nel 2021, come dimostrato da un calo dei rapporti medi di NPL (cfr. Figura 2). Mentre gli afflussi di posizioni deteriorate sono rimasti ai minimi storici, le banche hanno proseguito con le cessioni (circa 30 miliardi di euro a livello nazionale). Non ci aspettiamo che questa tendenza finisca subito. Le banche puntano ora a rapporti NPL sempre più bassi per raggiungere la media UE di circa il 2,5%. Intesa sta cercando di diventare una banca a zero NPL entro il 2025, mantenendo gli NPL in linea con i peer nordici. Banco BPM, che ha presentato il suo piano alla fine del 2021, è destinato a superare il suo obiettivo di NPL del 2024 entro la metà del 2022.
La direzione a breve termine degli NPL ratio dipenderà chiaramente dalla performance economica dell’Italia nel 2022. La quota di crediti in stage 2 rimangono elevata (13% a dicembre in media per le sei maggiori banche italiane); la loro qualità potrebbe peggiorare ulteriormente se la ripresa economica vacillasse.