L’inflazione torna a mordere nell’Eurozona spingendo in alto i prezzi delle bollette energetiche. Ma anche le rate dei nuovi mutui. In particolare dei tassi fissi che sono tornati oltre la soglia dell’1%, come non accadeva da due anni. È un fenomeno armonico che parte a monte dai tassi interbancari (che riflettono le aspettative sul costo del denaro futuro) e scende a valle fino all’offerta allo sportello degli istituti di credito.
Ad ottobre l’indice dei prezzi al consumo nell’Eurozona si è spinto al 4,1% su base annua, superando il livello di settembre (3,7%) e portandosi ai massimi dal 2008. Al momento si tratta di un’inflazione da offerta (legata alla carenza di numerose materie prime) e quindi gli investitori non si aspettano che queste soglie rimarranno tali anche nel medio-lungo periodo. Tuttavia è ragionevole ipotizzare che una parte non venga smaltita nel tempo e diventi in un certo qual modo strutturale. Perlomeno è quanto riflettono oggi i mercati: la cosiddetta break even inflation (ovvero l’inflazione attesa nei prossimi cinque anni e per i successivi cinque) è balzata nell’Eurozona al 2,08% i massimi dal 2013 e 70 punti base in più rispetto ai livelli pre-pandemici. Siamo quindi in linea con il target della Banca centrale europea e quindi non è da escludere che l’istituto di Francoforte prima normalizzi la politica monetaria alzando tassi che dal 2016 ha azzerato proprio con l’intento di portare l’inflazione in area 2 per cento.
Tutto ciò sta facendo muovere i tassi interbancari. In particolare…
Fonte: Il Sole 24 Ore
L’inflazione torna a mordere nell’Eurozona spingendo in alto i prezzi delle bollette energetiche. Ma anche le rate dei nuovi mutui. In particolare dei tassi fissi che sono tornati oltre la soglia dell’1%, come non accadeva da due anni. È un fenomeno armonico che parte a monte dai tassi interbancari (che riflettono le aspettative sul costo del denaro futuro) e scende a valle fino all’offerta allo sportello degli istituti di credito.
Ad ottobre l’indice dei prezzi al consumo nell’Eurozona si è spinto al 4,1% su base annua, superando il livello di settembre (3,7%) e portandosi ai massimi dal 2008. Al momento si tratta di un’inflazione da offerta (legata alla carenza di numerose materie prime) e quindi gli investitori non si aspettano che queste soglie rimarranno tali anche nel medio-lungo periodo. Tuttavia è ragionevole ipotizzare che una parte non venga smaltita nel tempo e diventi in un certo qual modo strutturale. Perlomeno è quanto riflettono oggi i mercati: la cosiddetta break even inflation (ovvero l’inflazione attesa nei prossimi cinque anni e per i successivi cinque) è balzata nell’Eurozona al 2,08% i massimi dal 2013 e 70 punti base in più rispetto ai livelli pre-pandemici. Siamo quindi in linea con il target della Banca centrale europea e quindi non è da escludere che l’istituto di Francoforte prima normalizzi la politica monetaria alzando tassi che dal 2016 ha azzerato proprio con l’intento di portare l’inflazione in area 2 per cento.
Tutto ciò sta facendo muovere i tassi interbancari. In particolare…
Fonte: Il Sole 24 Ore