La Bce è convinta che non alzerà i tassi alla fine del 2022, come invece scontato dai mercati, perché in quel periodo si troverà ancora lontana dal suo obiettivo di inflazione a medio termine al 2 per cento. E perché le condizioni stesse della forward guidance sono lontane dall’essere centrate: non solo l’inflazione resta sotto il 2% alla fine dell’orizzonte triennale di riferimento, ma l’inflazione di fondo (underlying inflation e non core inflation) deve evidenziare progressi su dati reali e puntuali, non sulla base di aspettative (per esempio servirà l’effettivo accordo delle contrattazioni salariali), che siano coerenti con lo stabilizzarsi dell’inflazione sul 2% nel medio periodo.
Per la Bce, il recente allargamento dello spread tra BTp e Bund, che ieri ha dato segnali di stabilizzazione, aumenta il costo della raccolta dei debitori in maniera indesiderata e non trova giustificazione nella politica monetaria: l’accomodamento infatti resta ampio perché necessario per mantenere le condizioni di finanziamento favorevoli e controbilanciare l’impatto della pandemia sull’economia e di conseguenza sulla dinamica dell’inflazione.
Lo scollamento tra la Bce e i mercati, però, c’è stato. E si è acutizzato nel corso della conferenza stampa della presidente Christine Lagarde dopo l’ultima riunione del Consiglio direttivo. Lo spread BTp/Bund si è allargato anche in assenza di chiare indicazioni su cosa accadrà dopo la fine del programma di acquisti per l’emergenza pandemica che «in questo dato momento», cioè date le condizioni attuali, Lagarde ha detto finirà nel marzo 2022. Come a dire che se la pandemia dovesse peggiorare rispetto ai contagi attuali, il programma invece di chiudere a fine marzo, andrà avanti: ma questa sfumatura, sottintesa, non è stata percepita dai…
Fonte: Il Sole 24 Ore
La Bce è convinta che non alzerà i tassi alla fine del 2022, come invece scontato dai mercati, perché in quel periodo si troverà ancora lontana dal suo obiettivo di inflazione a medio termine al 2 per cento. E perché le condizioni stesse della forward guidance sono lontane dall’essere centrate: non solo l’inflazione resta sotto il 2% alla fine dell’orizzonte triennale di riferimento, ma l’inflazione di fondo (underlying inflation e non core inflation) deve evidenziare progressi su dati reali e puntuali, non sulla base di aspettative (per esempio servirà l’effettivo accordo delle contrattazioni salariali), che siano coerenti con lo stabilizzarsi dell’inflazione sul 2% nel medio periodo.
Per la Bce, il recente allargamento dello spread tra BTp e Bund, che ieri ha dato segnali di stabilizzazione, aumenta il costo della raccolta dei debitori in maniera indesiderata e non trova giustificazione nella politica monetaria: l’accomodamento infatti resta ampio perché necessario per mantenere le condizioni di finanziamento favorevoli e controbilanciare l’impatto della pandemia sull’economia e di conseguenza sulla dinamica dell’inflazione.
Lo scollamento tra la Bce e i mercati, però, c’è stato. E si è acutizzato nel corso della conferenza stampa della presidente Christine Lagarde dopo l’ultima riunione del Consiglio direttivo. Lo spread BTp/Bund si è allargato anche in assenza di chiare indicazioni su cosa accadrà dopo la fine del programma di acquisti per l’emergenza pandemica che «in questo dato momento», cioè date le condizioni attuali, Lagarde ha detto finirà nel marzo 2022. Come a dire che se la pandemia dovesse peggiorare rispetto ai contagi attuali, il programma invece di chiudere a fine marzo, andrà avanti: ma questa sfumatura, sottintesa, non è stata percepita dai…
Fonte: Il Sole 24 Ore