La Corte di Cassazione, I^ Sezione Civile, con sentenza n. 24641 del 13 Settembre 2021, ha affermato importanti principi in materia di giudizi che, in modo pressochè seriali, vengono introdotti da un paio di decenni contro gli istituti bancari in materia di anatocismo, tassi di interesse ultra legale, etc. .
Il Giudizio era stato promosso da un albergatore il quale lamentava che – avendo accumulato un ingente saldo passivo sul conto corrente, dovuto, secondo il suo assunto, all’applicazione di un tasso d’interesse convenzionale illegittimo, all’applicazione dell’anatocismo ed all’applicazione di un tasso di interesse superiore al tasso-soglia – era stato poi costretto a stipulare un mutuo ipotecario con la medesima banca per fare fronte al debito, nonchè di essere poi stato costretto a vendere il proprio albergo ad un prezzo inferiore a quello di mercato, per far fronte al debito maturato nei confronti della banca, sulla base di clausole negoziali asseritamente nulle.
In primo grado la domanda era stata accolta dal Tribunale di Catania, ma in grado di appello la Corte Etnea aveva accolto l’appello promosso dall’istituto bancario, affermando principi che, ora, la Corte di Cassazione ha recepito e confermato.
La Corte di Cassazione, quindi, ha affermato due principi che, d’ora in poi, costituiranno delle linee guida per l’ampio contenzioso, pressochè seriale, in materia di contenzioso nei confronti delle banche.
Con il primo principio, la Corte di Cassazione ha statuito come non sia possibile per il cliente promuovere un giudizio “al buio”, cioè senza allegare la documentazione bancaria relativa ai rapporti intrattenuti con la banca.
Il quesito rivolto alla Suprema Corte, infatti, era di stabilire se il cliente potesse avanzare la domanda per così dire «al buio», riservando di proporre in sede giudiziale, solitamente per il tramite dell’articolo 210 c.p.c., l’istanza di deposito in giudizio, da parte della banca, degli estratti conto dell’ultimo decennio, necessari a fornire il supporto probatorio, sia pur soltanto ipotetico, alla domanda in tal modo per l’intanto esplorativamente avanzata.
All’uopo, la Corte ha premesso che l’art. 119 4° comma T. U. bancario (norma che, com’è noto, consente al cliente di chiedere la consegna di copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni) costituisce un “ … un diritto potestativo, che, fintanto che non venga esercitato, rimane confinato nel mondo del possibile giuridico”.
La Corte di Cassazione ha concluso il suo percorso argomentativo, ponendo il seguente principio: “Ergo, se il cliente, o chi per lui, ha esercitato il diritto di cui al quarto comma dell’articolo 119, e la banca non vi ha ottemperato, l’ordine di esibizione è, in presenza dei presupposti ora indicati, indubbiamente impartito in conformità alla previsione normativa. Se il cliente non ha effettuato la preventiva richiesta, inadempiuta, non vi sono margini per l’ordine di esibizione di cui all’articolo 210 c.p.c.”.
Con il secondo principio, la Corte di Cassazione ha rilevato come nemmeno possa supplirsi a tale deficienza probatoria attraverso la richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio, atteso che non è consentito al consulente nominato dal giudice di sostituirsi alla parte, andando a ricercare altrove i dati che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova (ovvero gli atti e i documenti che siano nella disponibilità della parte che agisce e dei quali essa deve avvalersi per fondare la sua pretesa), e che non gli siano stati forniti, magari acquisendoli dalla parte che non li aveva tempestivamente prodotti, in quanto in questo modo il giudice verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere probatorio, in violazione sia dell’articolo 2697 c. c., che del principio del contraddittorio.
La superiore sentenza si apprezza per la linearità dell’ iter argomentativo e per la fissazione di principi di diritto che costituiranno delle indispensabili linee guida, al fine di evitare la proliferazione di giudizi promossi in modo esplorativo, senza avere, dapprima, ponderato la ricorrenza degli eventuali presupposti per la loro proposizione.
La Corte di Cassazione, I^ Sezione Civile, con sentenza n. 24641 del 13 Settembre 2021, ha affermato importanti principi in materia di giudizi che, in modo pressochè seriali, vengono introdotti da un paio di decenni contro gli istituti bancari in materia di anatocismo, tassi di interesse ultra legale, etc. .
Il Giudizio era stato promosso da un albergatore il quale lamentava che – avendo accumulato un ingente saldo passivo sul conto corrente, dovuto, secondo il suo assunto, all’applicazione di un tasso d’interesse convenzionale illegittimo, all’applicazione dell’anatocismo ed all’applicazione di un tasso di interesse superiore al tasso-soglia – era stato poi costretto a stipulare un mutuo ipotecario con la medesima banca per fare fronte al debito, nonchè di essere poi stato costretto a vendere il proprio albergo ad un prezzo inferiore a quello di mercato, per far fronte al debito maturato nei confronti della banca, sulla base di clausole negoziali asseritamente nulle.
In primo grado la domanda era stata accolta dal Tribunale di Catania, ma in grado di appello la Corte Etnea aveva accolto l’appello promosso dall’istituto bancario, affermando principi che, ora, la Corte di Cassazione ha recepito e confermato.
La Corte di Cassazione, quindi, ha affermato due principi che, d’ora in poi, costituiranno delle linee guida per l’ampio contenzioso, pressochè seriale, in materia di contenzioso nei confronti delle banche.
Con il primo principio, la Corte di Cassazione ha statuito come non sia possibile per il cliente promuovere un giudizio “al buio”, cioè senza allegare la documentazione bancaria relativa ai rapporti intrattenuti con la banca.
Il quesito rivolto alla Suprema Corte, infatti, era di stabilire se il cliente potesse avanzare la domanda per così dire «al buio», riservando di proporre in sede giudiziale, solitamente per il tramite dell’articolo 210 c.p.c., l’istanza di deposito in giudizio, da parte della banca, degli estratti conto dell’ultimo decennio, necessari a fornire il supporto probatorio, sia pur soltanto ipotetico, alla domanda in tal modo per l’intanto esplorativamente avanzata.
All’uopo, la Corte ha premesso che l’art. 119 4° comma T. U. bancario (norma che, com’è noto, consente al cliente di chiedere la consegna di copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni) costituisce un “ … un diritto potestativo, che, fintanto che non venga esercitato, rimane confinato nel mondo del possibile giuridico”.
La Corte di Cassazione ha concluso il suo percorso argomentativo, ponendo il seguente principio: “Ergo, se il cliente, o chi per lui, ha esercitato il diritto di cui al quarto comma dell’articolo 119, e la banca non vi ha ottemperato, l’ordine di esibizione è, in presenza dei presupposti ora indicati, indubbiamente impartito in conformità alla previsione normativa. Se il cliente non ha effettuato la preventiva richiesta, inadempiuta, non vi sono margini per l’ordine di esibizione di cui all’articolo 210 c.p.c.”.
Con il secondo principio, la Corte di Cassazione ha rilevato come nemmeno possa supplirsi a tale deficienza probatoria attraverso la richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio, atteso che non è consentito al consulente nominato dal giudice di sostituirsi alla parte, andando a ricercare altrove i dati che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova (ovvero gli atti e i documenti che siano nella disponibilità della parte che agisce e dei quali essa deve avvalersi per fondare la sua pretesa), e che non gli siano stati forniti, magari acquisendoli dalla parte che non li aveva tempestivamente prodotti, in quanto in questo modo il giudice verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere probatorio, in violazione sia dell’articolo 2697 c. c., che del principio del contraddittorio.
La superiore sentenza si apprezza per la linearità dell’ iter argomentativo e per la fissazione di principi di diritto che costituiranno delle indispensabili linee guida, al fine di evitare la proliferazione di giudizi promossi in modo esplorativo, senza avere, dapprima, ponderato la ricorrenza degli eventuali presupposti per la loro proposizione.