Tempi lunghi per trovare la quadra su Monte dei Paschi di Siena, tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e UniCredit, l’unico acquirente in campo per l’istituto senese, detenuto al 64% dal Tesoro. Lo scrive Luca Davi su Il Sole24Ore. Tra i nodi più complicati da sciogliere ci sarebbero quelli sugli esuberi e sul capitale. UniCredit avrebbe “individuato in circa 6/7mila il numero degli esuberi della sola Mps”, si legge sul quotidiano di Confindustria, “un taglio certo doloroso (e da realizzare prima della fusione) ma ritenuto necessario per far sì che l’operazione possa essere finanziariamente sostenibile e possa decollare”. Gli addetti agli sportelli dovrebbero essere ridotti così di 4/5 unità dalle 15 attuali, un numero ampiamente al di sopra della media di mercato.
Si tratterebbe di una sforbiciata sostanziosa ed ecco perché sul tavolo c’è anche il rifinanziamento del fondo esuberi. In questo caso però “il conto rischia di essere non banale per l’azionista pubblico, che dovrebbe intervenire nell’ambito dell’aumento di capitale già per coprire lo shortfall di capitale esistente di Siena”, fa notare Davi.
Tempi lunghi per trovare la quadra su Monte dei Paschi di Siena, tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e UniCredit, l’unico acquirente in campo per l’istituto senese, detenuto al 64% dal Tesoro. Lo scrive Luca Davi su Il Sole24Ore. Tra i nodi più complicati da sciogliere ci sarebbero quelli sugli esuberi e sul capitale. UniCredit avrebbe “individuato in circa 6/7mila il numero degli esuberi della sola Mps”, si legge sul quotidiano di Confindustria, “un taglio certo doloroso (e da realizzare prima della fusione) ma ritenuto necessario per far sì che l’operazione possa essere finanziariamente sostenibile e possa decollare”. Gli addetti agli sportelli dovrebbero essere ridotti così di 4/5 unità dalle 15 attuali, un numero ampiamente al di sopra della media di mercato.
Si tratterebbe di una sforbiciata sostanziosa ed ecco perché sul tavolo c’è anche il rifinanziamento del fondo esuberi. In questo caso però “il conto rischia di essere non banale per l’azionista pubblico, che dovrebbe intervenire nell’ambito dell’aumento di capitale già per coprire lo shortfall di capitale esistente di Siena”, fa notare Davi.