Paolo Angelini, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, è intervenuto all’apertura del corso su Gestione degli NPE presso la LUISS School of Law a Roma, parlando della evoluzione positiva degli stock di crediti deteriorati nelle principali banche italiane, ma sottolineando anche la verosimile prospettiva di un aumento nel corso del 2021.
In particolare, nel corso del discorso si è evidenziato come per le maggiori banche italiane (quelle classificate come significative a fini di vigilanza) il differenziale di NPL ratio netto rispetto al resto delle banche dell’SSM si sia sostanzialmente azzerato: alla fine del 2020 l’incidenza media dei crediti deteriorati netti sul complesso dei prestiti era pari al 2 per cento, contro l’1,5 per cento per le banche del SSM. Il differenziale era pari a quasi 7 punti percentuali alla fine del 2015, quando diversi autorevoli osservatori individuavano negli NPL italiani una minaccia per la stabilità finanziaria a livello europeo.
A questa positiva evoluzione hanno contribuito numerosi fattori quali
- la cessione dei crediti deteriorati ceduti a investitori specializzati;
- la promozione, attraverso il Meccanismo Unico di Vigilanza, di buone pratiche rivolte alle banche;
- le modifiche al quadro prudenziale e regolamentare che hanno introdotto in Europa il cosiddetto approccio “di calendario” (Calendar Provision), che determina un aumento delle rettifiche (prudenziali o contabili) fino a coprire l’intero importo della posizione una volta trascorso un certo lasso di tempo;
- diverse azioni messe in atto dal governo, come ad esempio il meccanismo della GACS.
Con riferimento alle prospettive dei prossimi mesi è stato evidenziato come la crisi economica del 2020 sia destinata a tradursi in un nuovo aumento degli NPL. In particolare, dal quarto trimestre del 2020 si è registrato un incremento del tasso di ingresso in NPL sia per le famiglie sia per le imprese. I valori rimangono per ora molto bassi, inferiori a quelli medi del periodo 2006-07. Si registra inoltre una progressiva crescita dei prestiti classificati in Stadio 2 ai sensi dell’IFRS9, cioè dei prestiti in bonis per i quali le banche hanno riscontrato un significativo aumento del rischio di credito rispetto al momento dell’erogazione. Alla fine del 2020 essi ammontavano a poco meno di 240 miliardi di euro e rappresentavano circa il 10 per cento del complesso dei crediti non deteriorati.
Paolo Angelini, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, è intervenuto all’apertura del corso su Gestione degli NPE presso la LUISS School of Law a Roma, parlando della evoluzione positiva degli stock di crediti deteriorati nelle principali banche italiane, ma sottolineando anche la verosimile prospettiva di un aumento nel corso del 2021.
In particolare, nel corso del discorso si è evidenziato come per le maggiori banche italiane (quelle classificate come significative a fini di vigilanza) il differenziale di NPL ratio netto rispetto al resto delle banche dell’SSM si sia sostanzialmente azzerato: alla fine del 2020 l’incidenza media dei crediti deteriorati netti sul complesso dei prestiti era pari al 2 per cento, contro l’1,5 per cento per le banche del SSM. Il differenziale era pari a quasi 7 punti percentuali alla fine del 2015, quando diversi autorevoli osservatori individuavano negli NPL italiani una minaccia per la stabilità finanziaria a livello europeo.
A questa positiva evoluzione hanno contribuito numerosi fattori quali
Con riferimento alle prospettive dei prossimi mesi è stato evidenziato come la crisi economica del 2020 sia destinata a tradursi in un nuovo aumento degli NPL. In particolare, dal quarto trimestre del 2020 si è registrato un incremento del tasso di ingresso in NPL sia per le famiglie sia per le imprese. I valori rimangono per ora molto bassi, inferiori a quelli medi del periodo 2006-07. Si registra inoltre una progressiva crescita dei prestiti classificati in Stadio 2 ai sensi dell’IFRS9, cioè dei prestiti in bonis per i quali le banche hanno riscontrato un significativo aumento del rischio di credito rispetto al momento dell’erogazione. Alla fine del 2020 essi ammontavano a poco meno di 240 miliardi di euro e rappresentavano circa il 10 per cento del complesso dei crediti non deteriorati.