La versione definitiva del decreto Sostegni bis allenta i lacci alla concessione del credito che potevano derivare dalla riduzione delle garanzie sui prestiti.
Il documento conferma la proroga a fine anno dei finanziamenti con garanzia pubblica e ne consente anche l’allungamento da 6 a 10 anni senza subire penalizzazioni sulla percentuale garantita.
Per i prestiti già concessi da Sace e dal fondo per le Pmi (superiori a 30 mila euro) la percentuale resta invariata; in particolare essa è pari al 90% per gli ammontari garantiti dal fondo per le Pmi. Va però precisato che l’estensione della garanzia va richiesta di pari passo con la domanda di allungamento. La conferma della percentuale garantita al 90% vale anche per le operazioni di ristrutturazione. Per tutti questi casi, dall’allungamento del prestito alle ristrutturazioni, è comunque necessaria una notifica alla Commissione europea.
Il quadro cambia per i nuovi prestiti richiesti dopo il 30 giugno. In quel caso la garanzia scende dal 100 al 9o% per i prestiti entro i 30 mila euro; dal 90 all’80% per gli importi superiori a prescindere dalla durata prescelta. Per i nuovi prestiti entro i 30 mila chiesti dal primo luglio non è più previsto il tetto massimo fissato dalla norma al tasso di interesse.
Per le moratorie arriva la proroga a fine anno della sospensione solo per la quota capitale. Chi è interessato a proseguire oltre il 30 giugno deve fare una semplice comunicazione, anche via mail, alla banca entro il 1 5 giugno. La proroga delle sospensioni è stata estesa anche ai finanziamenti non rateali, mentre potrà essere sospeso anche un importo accordato il cui importo non può essere ridotto. L’ammontare complessivo delle moratorie garantite dallo Stato ancora in essere al 7 maggio era pari a 121 miliardi di euro, come comunicato mercoledì scorso dalla Task Force sulla liquidità
Il decreto conferma l’introduzione per il 2021 di un credito di imposta, la cosiddetta Ace Innovativa, per le imprese che decidono operazioni di aumento di capitale. Anche se nella formulazione proposta ieri emerge che l’agevolazione fiscale tende a premiare le operazioni di importo non eccessivo e quindi le aziende di piccola e media dimensione.
«Nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 – si legge – per la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d’imposta precedente, l’aliquota percentuale di cui alla lettera b) del comma 287 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, è pari al 15 per cento. Nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, gli incrementi del capitale proprio rilevano a partire dal primo giorno del periodo d’imposta. Ai fini del presente comma la variazione in aumento del capitale proprio rileva per un ammontare massimo di 5 milioni di euro indipendentemente dall’importo del patrimonio netto risultante dal bilancio».
Quindi l’agevolazione vale per le operazioni decise nel 2020: l’aliquota che consente di calcolare il credito di imposta è relativa alla quota di aumento e viene innalzata al 15 per cento. Il tetto massimo al quale essa è applicabile, a prescindere dal valore effettivo dell’aumento, non può superare i 5 milioni di euro. La limitazione è stata introdotta probabilmente anche per limitare il costo per lo Stato di questo beneficio. La norma consente infatti di maturare il credito di imposta e di poterlo compensare con altri oneri e contributi, come quelli previdenziali o il premio Inail. E ancora: questo credito di imposta può essere ceduto a terzi.
Tra le norme dedicate alla liquidità c’è anche un passaggio sulla capitalizzazione delle società controllate dallo Stato. È una norma dedicata alla nuova Alitalia e alla possibilità per lo Stato di aumentarne il capitale complessivo da 3 miliardi di euro da versare anche in più rate. La norma richiamata, varata nel marzo 2020, prevede che il «ministero dell’Economia e delle finanze è autorizzato a partecipare al capitale sociale e a rafforzare la dotazione patrimoniale della società di cui al presente comma con un apporto complessivo di 3.000 milioni di euro, da sottoscrivere nell’anno 2020 e versare anche in più fasi e per successivi aumenti di capitale o della dotazione patrimoniale, anche tramite società a prevalente partecipazione pubblica». Il decreto Sostegni sposta alla fine del 2021 il termine entro il quale il processo di ricapitalizzazione (dovrebbero essere due tranche, di cui la prima da 1,2 miliardi) può avvenire.
Autore: Laura Serafini
Fonte: Il Sole 24 Ore
La versione definitiva del decreto Sostegni bis allenta i lacci alla concessione del credito che potevano derivare dalla riduzione delle garanzie sui prestiti.
Il documento conferma la proroga a fine anno dei finanziamenti con garanzia pubblica e ne consente anche l’allungamento da 6 a 10 anni senza subire penalizzazioni sulla percentuale garantita.
Per i prestiti già concessi da Sace e dal fondo per le Pmi (superiori a 30 mila euro) la percentuale resta invariata; in particolare essa è pari al 90% per gli ammontari garantiti dal fondo per le Pmi. Va però precisato che l’estensione della garanzia va richiesta di pari passo con la domanda di allungamento. La conferma della percentuale garantita al 90% vale anche per le operazioni di ristrutturazione. Per tutti questi casi, dall’allungamento del prestito alle ristrutturazioni, è comunque necessaria una notifica alla Commissione europea.
Il quadro cambia per i nuovi prestiti richiesti dopo il 30 giugno. In quel caso la garanzia scende dal 100 al 9o% per i prestiti entro i 30 mila euro; dal 90 all’80% per gli importi superiori a prescindere dalla durata prescelta. Per i nuovi prestiti entro i 30 mila chiesti dal primo luglio non è più previsto il tetto massimo fissato dalla norma al tasso di interesse.
Per le moratorie arriva la proroga a fine anno della sospensione solo per la quota capitale. Chi è interessato a proseguire oltre il 30 giugno deve fare una semplice comunicazione, anche via mail, alla banca entro il 1 5 giugno. La proroga delle sospensioni è stata estesa anche ai finanziamenti non rateali, mentre potrà essere sospeso anche un importo accordato il cui importo non può essere ridotto. L’ammontare complessivo delle moratorie garantite dallo Stato ancora in essere al 7 maggio era pari a 121 miliardi di euro, come comunicato mercoledì scorso dalla Task Force sulla liquidità
Il decreto conferma l’introduzione per il 2021 di un credito di imposta, la cosiddetta Ace Innovativa, per le imprese che decidono operazioni di aumento di capitale. Anche se nella formulazione proposta ieri emerge che l’agevolazione fiscale tende a premiare le operazioni di importo non eccessivo e quindi le aziende di piccola e media dimensione.
«Nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 – si legge – per la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d’imposta precedente, l’aliquota percentuale di cui alla lettera b) del comma 287 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, è pari al 15 per cento. Nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, gli incrementi del capitale proprio rilevano a partire dal primo giorno del periodo d’imposta. Ai fini del presente comma la variazione in aumento del capitale proprio rileva per un ammontare massimo di 5 milioni di euro indipendentemente dall’importo del patrimonio netto risultante dal bilancio».
Quindi l’agevolazione vale per le operazioni decise nel 2020: l’aliquota che consente di calcolare il credito di imposta è relativa alla quota di aumento e viene innalzata al 15 per cento. Il tetto massimo al quale essa è applicabile, a prescindere dal valore effettivo dell’aumento, non può superare i 5 milioni di euro. La limitazione è stata introdotta probabilmente anche per limitare il costo per lo Stato di questo beneficio. La norma consente infatti di maturare il credito di imposta e di poterlo compensare con altri oneri e contributi, come quelli previdenziali o il premio Inail. E ancora: questo credito di imposta può essere ceduto a terzi.
Tra le norme dedicate alla liquidità c’è anche un passaggio sulla capitalizzazione delle società controllate dallo Stato. È una norma dedicata alla nuova Alitalia e alla possibilità per lo Stato di aumentarne il capitale complessivo da 3 miliardi di euro da versare anche in più rate. La norma richiamata, varata nel marzo 2020, prevede che il «ministero dell’Economia e delle finanze è autorizzato a partecipare al capitale sociale e a rafforzare la dotazione patrimoniale della società di cui al presente comma con un apporto complessivo di 3.000 milioni di euro, da sottoscrivere nell’anno 2020 e versare anche in più fasi e per successivi aumenti di capitale o della dotazione patrimoniale, anche tramite società a prevalente partecipazione pubblica». Il decreto Sostegni sposta alla fine del 2021 il termine entro il quale il processo di ricapitalizzazione (dovrebbero essere due tranche, di cui la prima da 1,2 miliardi) può avvenire.
Autore: Laura Serafini
Fonte: Il Sole 24 Ore