In un Paese banco centrico come il nostro anche se il sistema bancario non è direttamente citato nel piano del governo italiano presentato a Bruxelles il 30 aprile sarà centrale.
È vero, la crisi pandemica può rappresentare anche una grande opportunità per chi saprà sfruttare la difficile esperienza vissuta per evolvere e migliorarsi secondo una logica neogenerativa, per apprendere, ripartire e creare nuovo sviluppo.
Il PRR con i fondi UE sono l’occasione storica ed il volano di una nuova possibile ripresa economica innovativa.
La leva fondamentale per lo sviluppo di impresa e la crescita del PIL rimangono i nuovi investimenti resi possibili dai fondi UE e dal cofinanziamento delle Banche.
Il sistema bancario – volenti o nolenti – avrà un ruolo fondamentale nel coinvolgere e soprattutto “accompagnare” le circa 300.000 imprese interessate nei settori strategici delle costruzioni, tecnologia, informazione, trasporti, manifattura, elettronica, energia.
Un ruolo importantissimo spetta alle banche poiché l’80% di queste aziende interessate sono PMI generalmente sottocapitalizzate e quindi bisognose di capitali di terzi (Banche) per affrontare robusti investimenti per finanziare una crescita dimensionale strategica con necessarie innovazioni di processo e a volte anche di prodotto.
Il cofinanziamento poi potrà ragionevolmente moltiplicare per 2 i fondi stanziati messi a disposizione del governo e dalla UE.
Oggi purtroppo non è più vero, nella competizione globale, che “piccolo è bello” e le banche possono rendere più competitive le nostre aziende meritevoli – troppo modeste come dimensione strutturale – per competere e integrarsi con il pubblico su grandi progetti di sviluppo.
Quindi il successo del Recovery Fund dipenderà oltre dai fondi resi disponibili dal governo e dalla UE anche dalla volontà degli imprenditori e dalla disponibilità al cofinanziamento del sistema bancario più preparato e attrezzato.
I progetti da realizzare non riprenderanno infatti solo “i campioni nazionali” come ENEL, ENI, SNAM, Tim ma anche PMI di queste filiere produttive specialmente poi nel turismo, trasporti, logistica e agroalimentare. Qui si misurerà anche la capacità in concreto di un’utile e necessaria integrazione Pubblico/Privato fuori dalla retorica e dalla diffidenza di fondo che mina da sempre questo rapporto oggi ancora di più indispensabile.
Il PRR deve diventare un piano delle filiere e dei distretti industriali, ma i piani di sviluppo industriali debbono coinvolgere aziende/Pubblica Amministrazione e Banche per essere realmente credibili e concretamente realizzabili.
Qui occorrono forse delle idee di coraggio e ambizione per dimostrare che il nostro paese può dare il meglio di sé per un futuro di sviluppo e di occupazione alle nuove generazioni.
L’occasione non sarà facilmente replicabile!
In un Paese banco centrico come il nostro anche se il sistema bancario non è direttamente citato nel piano del governo italiano presentato a Bruxelles il 30 aprile sarà centrale.
È vero, la crisi pandemica può rappresentare anche una grande opportunità per chi saprà sfruttare la difficile esperienza vissuta per evolvere e migliorarsi secondo una logica neogenerativa, per apprendere, ripartire e creare nuovo sviluppo.
Il PRR con i fondi UE sono l’occasione storica ed il volano di una nuova possibile ripresa economica innovativa.
La leva fondamentale per lo sviluppo di impresa e la crescita del PIL rimangono i nuovi investimenti resi possibili dai fondi UE e dal cofinanziamento delle Banche.
Il sistema bancario – volenti o nolenti – avrà un ruolo fondamentale nel coinvolgere e soprattutto “accompagnare” le circa 300.000 imprese interessate nei settori strategici delle costruzioni, tecnologia, informazione, trasporti, manifattura, elettronica, energia.
Un ruolo importantissimo spetta alle banche poiché l’80% di queste aziende interessate sono PMI generalmente sottocapitalizzate e quindi bisognose di capitali di terzi (Banche) per affrontare robusti investimenti per finanziare una crescita dimensionale strategica con necessarie innovazioni di processo e a volte anche di prodotto.
Il cofinanziamento poi potrà ragionevolmente moltiplicare per 2 i fondi stanziati messi a disposizione del governo e dalla UE.
Oggi purtroppo non è più vero, nella competizione globale, che “piccolo è bello” e le banche possono rendere più competitive le nostre aziende meritevoli – troppo modeste come dimensione strutturale – per competere e integrarsi con il pubblico su grandi progetti di sviluppo.
Quindi il successo del Recovery Fund dipenderà oltre dai fondi resi disponibili dal governo e dalla UE anche dalla volontà degli imprenditori e dalla disponibilità al cofinanziamento del sistema bancario più preparato e attrezzato.
I progetti da realizzare non riprenderanno infatti solo “i campioni nazionali” come ENEL, ENI, SNAM, Tim ma anche PMI di queste filiere produttive specialmente poi nel turismo, trasporti, logistica e agroalimentare. Qui si misurerà anche la capacità in concreto di un’utile e necessaria integrazione Pubblico/Privato fuori dalla retorica e dalla diffidenza di fondo che mina da sempre questo rapporto oggi ancora di più indispensabile.
Il PRR deve diventare un piano delle filiere e dei distretti industriali, ma i piani di sviluppo industriali debbono coinvolgere aziende/Pubblica Amministrazione e Banche per essere realmente credibili e concretamente realizzabili.
Qui occorrono forse delle idee di coraggio e ambizione per dimostrare che il nostro paese può dare il meglio di sé per un futuro di sviluppo e di occupazione alle nuove generazioni.
L’occasione non sarà facilmente replicabile!