L’esito della partita è in mano agli azionisti, che con la loro adesione (o meno) decreteranno il successo (o l’insuccesso) dell’Opa in corso. Ma, come in una complessa sfida a scacchi, a condizionare l’andamento dell’offerta del Credit Agricole sul Creval saranno anche le mosse future delle controparti in campo, che non a caso da giorni “duellano” a distanza con manovre dal sapore soprattutto tattico.
Di certo, benchè le adesioni ad oggi siano ancora al lumicino come di solito accade ad inizio Opa, l’attenzione del mercato sull’operazione si sta alzando. Tutti guardano alle prossime due settimane (il periodo di adesioni, iniziato il 30 marzo, si chiuderà mercoledì 21 aprile, a meno di proroghe), e in particolare agli ultimi cinque-sette giorni di offerta, quando si capirà se andrà al suo posto il secondo importante tassello relativo al consolidamento bancario italiano, mosaico oramai in movimento da febbraio 2020 con l’Opa realizzata da Intesa Sanpaolo su Ubi. Solo in quella fase si vedrà infatti se da parte dell’Agricole – che da subito ha accompagnato la proposta di 10,5 euro cash ad azione definendola «in linea» – ci sarà o meno un rilancio, come si attende il mercato, visto che il titolo continua a veleggiare attorno a quota 12,5 euro.
Nulla è scontato, in verità. Diversi azionisti di peso – da Alta Global ad Hosking Partners, da Petrus Advisers a Kairos – hanno fatto sapere, sebbene con sfumature diverse, di non valutare adeguata l’offerta francese, dando così pieno appoggio al Cda guidato da Luigi Lovaglio, che non a caso ha giudicato «non congrua» la proposta sul tavolo. Se nel conto si mette anche l’azionista di riferimento Denis Dumont, accreditato di una quota inferiore al 10%, il blocco dei contrari all’Opa raggiunge il 25-30% circa. Dall’altra parte c’è l’Agricole, che invece ha blindato il 18% circa dell’azionariato. I giochi si faranno dunque sul restante 50-55%, capitale che in larga parte è in mano ai fondi di investimento e in parte minore al retail.
Come si muoverà questa ampia platea di soci? Una possibile occasione per misurare le forze in campo è fissata per il 19 aprile, quando è in agenda l’assemblea del Creval. Oltre all’approvazione dei conti 2020, i soci saranno chiamati a votare per il rinnovo dell’attuale board per il prossimo triennio e, tra le altre cose, anche ad approvare le politiche di remunerazione. Temi questi che sono da giorni motivo di scintille tra gli attori in campo. L’Agricole ha chiesto il rinvio del voto sul cda a una fase successiva all’Opa, e ad assetto azionario consolidato, e ha evidenziato la crescita delle remunerazioni dei componenti e delle clausole relative al bonus pool del cda guidato da Luigi Lovaglio.Il board della banca valtellinese, invece, di fronte alle richieste francesi ha preso tempo, rimandando eventuali decisioni. Non è escluso che in questo senso la battaglia legale possa anche inasprirsi, a maggior ragione dopo la denuncia dell’Agricole a Consob rispetto alle comunicazioni del Cda Creval sulla valutazioni sull’Opa. Il tema delle remunerazioni, peraltro, è da tempo motivo di massima attenzione per gli investitori, come ha evidenziato anche la vicenda di Andrea Orcel in UniCredit. E analogamente potrebbe diventare anche in questo caso oggetto di scontro acceso.
Sullo sfondo, ovviamente, rimane il tema del prezzo, su cui il cda Creval ha posto l’asticella sopra il valore di mercato, a quota 12,95 euro, sulla base delle opinioni degli advisor. Per gli azionisti Creval oggi dunque le opzioni vanno dall’adesione all’Opa, alla vendita delle azioni al mantenimento delle azioni fino all’ipotetico ritocco francese, con il rischio però di dover subire un eventuale downside in caso di fallimento dell’offerta. Un rischio di fronte al quale il ceo Luigi Lovaglio ha risposto aprendo alla possibilità di una maggiore generosità in termini di dividendi. Opzione, questa, che invece il Credit Agricole – che ribadisce di voler rimanere azionista di riferimento dell’istituto valtellinese, indipendentemente dal destino dell’Opa – non vede realistica.
Fonte: Il Sole 24 Ore
L’esito della partita è in mano agli azionisti, che con la loro adesione (o meno) decreteranno il successo (o l’insuccesso) dell’Opa in corso. Ma, come in una complessa sfida a scacchi, a condizionare l’andamento dell’offerta del Credit Agricole sul Creval saranno anche le mosse future delle controparti in campo, che non a caso da giorni “duellano” a distanza con manovre dal sapore soprattutto tattico.
Di certo, benchè le adesioni ad oggi siano ancora al lumicino come di solito accade ad inizio Opa, l’attenzione del mercato sull’operazione si sta alzando. Tutti guardano alle prossime due settimane (il periodo di adesioni, iniziato il 30 marzo, si chiuderà mercoledì 21 aprile, a meno di proroghe), e in particolare agli ultimi cinque-sette giorni di offerta, quando si capirà se andrà al suo posto il secondo importante tassello relativo al consolidamento bancario italiano, mosaico oramai in movimento da febbraio 2020 con l’Opa realizzata da Intesa Sanpaolo su Ubi. Solo in quella fase si vedrà infatti se da parte dell’Agricole – che da subito ha accompagnato la proposta di 10,5 euro cash ad azione definendola «in linea» – ci sarà o meno un rilancio, come si attende il mercato, visto che il titolo continua a veleggiare attorno a quota 12,5 euro.
Nulla è scontato, in verità. Diversi azionisti di peso – da Alta Global ad Hosking Partners, da Petrus Advisers a Kairos – hanno fatto sapere, sebbene con sfumature diverse, di non valutare adeguata l’offerta francese, dando così pieno appoggio al Cda guidato da Luigi Lovaglio, che non a caso ha giudicato «non congrua» la proposta sul tavolo. Se nel conto si mette anche l’azionista di riferimento Denis Dumont, accreditato di una quota inferiore al 10%, il blocco dei contrari all’Opa raggiunge il 25-30% circa. Dall’altra parte c’è l’Agricole, che invece ha blindato il 18% circa dell’azionariato. I giochi si faranno dunque sul restante 50-55%, capitale che in larga parte è in mano ai fondi di investimento e in parte minore al retail.
Come si muoverà questa ampia platea di soci? Una possibile occasione per misurare le forze in campo è fissata per il 19 aprile, quando è in agenda l’assemblea del Creval. Oltre all’approvazione dei conti 2020, i soci saranno chiamati a votare per il rinnovo dell’attuale board per il prossimo triennio e, tra le altre cose, anche ad approvare le politiche di remunerazione. Temi questi che sono da giorni motivo di scintille tra gli attori in campo. L’Agricole ha chiesto il rinvio del voto sul cda a una fase successiva all’Opa, e ad assetto azionario consolidato, e ha evidenziato la crescita delle remunerazioni dei componenti e delle clausole relative al bonus pool del cda guidato da Luigi Lovaglio.Il board della banca valtellinese, invece, di fronte alle richieste francesi ha preso tempo, rimandando eventuali decisioni. Non è escluso che in questo senso la battaglia legale possa anche inasprirsi, a maggior ragione dopo la denuncia dell’Agricole a Consob rispetto alle comunicazioni del Cda Creval sulla valutazioni sull’Opa. Il tema delle remunerazioni, peraltro, è da tempo motivo di massima attenzione per gli investitori, come ha evidenziato anche la vicenda di Andrea Orcel in UniCredit. E analogamente potrebbe diventare anche in questo caso oggetto di scontro acceso.
Sullo sfondo, ovviamente, rimane il tema del prezzo, su cui il cda Creval ha posto l’asticella sopra il valore di mercato, a quota 12,95 euro, sulla base delle opinioni degli advisor. Per gli azionisti Creval oggi dunque le opzioni vanno dall’adesione all’Opa, alla vendita delle azioni al mantenimento delle azioni fino all’ipotetico ritocco francese, con il rischio però di dover subire un eventuale downside in caso di fallimento dell’offerta. Un rischio di fronte al quale il ceo Luigi Lovaglio ha risposto aprendo alla possibilità di una maggiore generosità in termini di dividendi. Opzione, questa, che invece il Credit Agricole – che ribadisce di voler rimanere azionista di riferimento dell’istituto valtellinese, indipendentemente dal destino dell’Opa – non vede realistica.
Fonte: Il Sole 24 Ore