Recentemente l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, ha incontrato il presidente del consiglio prof. Mario Draghi per fare il punto sulle conseguenze delle pandemia, sulle imprese e sulle banche dal punto di vista dell’attuale momento economico finanziario anche nella prospettiva del recovery fund.
I due punti principali e fondamentali sono state le richieste di un ulteriore rinvio delle moratorie in atto (300miliardi scadenti il 30 giugno prossimo) e del perdurare delle garanzie pubbliche (MCC e SACE) per consentire la erogazione di “mezzi freschi” per accompagnare le imprese che hanno necessità di liquidità per investimenti e più in generale per una possibile uscita dalla crisi che ha colpito in particolare le filiere del commercio e del turismo.
Queste due misure importanti per la resistenza e la possibile ripresa debbono poter durare infatti oltre la pandemia in atto per consentire alle imprese di far fronte alle loro necessità di funzionamento e di finanziamento. Le banche inoltre debbono poter scongiurare una ripresa pericolosa di nuovi flussi NPL che poi si riverserebbero inevitabilmente sull’apparato riproduttivo del paese. Occorre infatti come sostenuto dalla “confindustria delle banche” permettere alle aziende di tornare a lavorare a pieno regime prima che si interrompano le sospensioni delle scadenze e i finanziamenti assistiti dalle garanzie pubbliche gratuite per le imprese.
Questo indipendentemente dai decreti in emanazione cosiddetti ristori/ripresa che hanno un obiettivo eccezionale diverso anche se pur complementare.
Le due soluzioni proposte avranno bisogno anche della comprensione e dell’appoggio delle autorità europee, ma la UE deve necessariamente porsi il problema non solo dell’erogazione di nuovi fondi del recovery fund, ma anche di un sistema paese che deve ritrovare la via necessaria delle sviluppo e deve uscire dalle “macerie” generate dalla crisi in atto che oggi perdura da oltre 12 mesi.
Le due misure proposte, se i vaccini funzioneranno a dovere, dovranno ragionevolmente essere prorogate fino a dicembre 2021 per poter accompagnare un disegno un impegno di ripresa con la “messa a terra” degli investimenti pubblici e privati che saranno azionati con i 209miliardi messi a disposizione dall’UE.
Anche dopo la fine dell’anno 2021 le misure governative in atto dovranno poi essere accompagnate da una necessaria gradualità del rientro mirata soprattutto a privilegiare i settori più duramente colpiti dalla crisi.
La pandemia lascerà ad ogni caso purtroppo conseguenze di chiusure di imprese (forse non inferiori al 10% delle PMI) e a conseguenze sul piano occupazionale con ulteriori perdite di posti di lavoro inevitabilmente dopo la fine del blocco dei licenziamenti che, pur prorogata, dovrà venire meno in corso di anno.
La ripresa concludendo- come bene chiaro al nostro Presidente del Consiglio e alle autorità europee- deve essere gestita con intelligenza mirata senza più erogazioni a pioggia, ma con interventi graduati alle effettive necessità e priorità stabilite dalla gabina di regia del governo, fuori da tentativi lobbistici sempre presenti ma che oggi non hanno più motivazioni di esistere in quanto tali.
Concludendo occorrerà che anche la leva fiscale privilegi la necessaria capitalizzazione delle aziende per un rafforzamento patrimoniale indispensabile non solo agli imprenditori ma anche ai lavoratori, alle banche e all’intero paese reale.
Recentemente l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, ha incontrato il presidente del consiglio prof. Mario Draghi per fare il punto sulle conseguenze delle pandemia, sulle imprese e sulle banche dal punto di vista dell’attuale momento economico finanziario anche nella prospettiva del recovery fund.
I due punti principali e fondamentali sono state le richieste di un ulteriore rinvio delle moratorie in atto (300miliardi scadenti il 30 giugno prossimo) e del perdurare delle garanzie pubbliche (MCC e SACE) per consentire la erogazione di “mezzi freschi” per accompagnare le imprese che hanno necessità di liquidità per investimenti e più in generale per una possibile uscita dalla crisi che ha colpito in particolare le filiere del commercio e del turismo.
Queste due misure importanti per la resistenza e la possibile ripresa debbono poter durare infatti oltre la pandemia in atto per consentire alle imprese di far fronte alle loro necessità di funzionamento e di finanziamento. Le banche inoltre debbono poter scongiurare una ripresa pericolosa di nuovi flussi NPL che poi si riverserebbero inevitabilmente sull’apparato riproduttivo del paese. Occorre infatti come sostenuto dalla “confindustria delle banche” permettere alle aziende di tornare a lavorare a pieno regime prima che si interrompano le sospensioni delle scadenze e i finanziamenti assistiti dalle garanzie pubbliche gratuite per le imprese.
Questo indipendentemente dai decreti in emanazione cosiddetti ristori/ripresa che hanno un obiettivo eccezionale diverso anche se pur complementare.
Le due soluzioni proposte avranno bisogno anche della comprensione e dell’appoggio delle autorità europee, ma la UE deve necessariamente porsi il problema non solo dell’erogazione di nuovi fondi del recovery fund, ma anche di un sistema paese che deve ritrovare la via necessaria delle sviluppo e deve uscire dalle “macerie” generate dalla crisi in atto che oggi perdura da oltre 12 mesi.
Le due misure proposte, se i vaccini funzioneranno a dovere, dovranno ragionevolmente essere prorogate fino a dicembre 2021 per poter accompagnare un disegno un impegno di ripresa con la “messa a terra” degli investimenti pubblici e privati che saranno azionati con i 209miliardi messi a disposizione dall’UE.
Anche dopo la fine dell’anno 2021 le misure governative in atto dovranno poi essere accompagnate da una necessaria gradualità del rientro mirata soprattutto a privilegiare i settori più duramente colpiti dalla crisi.
La pandemia lascerà ad ogni caso purtroppo conseguenze di chiusure di imprese (forse non inferiori al 10% delle PMI) e a conseguenze sul piano occupazionale con ulteriori perdite di posti di lavoro inevitabilmente dopo la fine del blocco dei licenziamenti che, pur prorogata, dovrà venire meno in corso di anno.
La ripresa concludendo- come bene chiaro al nostro Presidente del Consiglio e alle autorità europee- deve essere gestita con intelligenza mirata senza più erogazioni a pioggia, ma con interventi graduati alle effettive necessità e priorità stabilite dalla gabina di regia del governo, fuori da tentativi lobbistici sempre presenti ma che oggi non hanno più motivazioni di esistere in quanto tali.
Concludendo occorrerà che anche la leva fiscale privilegi la necessaria capitalizzazione delle aziende per un rafforzamento patrimoniale indispensabile non solo agli imprenditori ma anche ai lavoratori, alle banche e all’intero paese reale.