Il rischio di credito va sempre valutato e gestito correttamente dalle banche, monitorato continuamente e le perdite potenziali vanno coperte in maniera adeguata con il capitale prudenziale che aumenta in linea con la crescente rischiosità dell’esposizione. Questo principio di base, che torna alla ribalta quest’anno nell’attesa di un’impennata dei NPLs, non si applica solo ai prestiti standard erogati a imprese e famiglie – con o senza moratoria – ma si estende alle operazioni più complesse di ingegneria finanziaria come i prestiti a leva. Sui leveraged loans in piena pandemia è in arrivo una stretta della vigilanza bancaria.
Le leveraged transactions, intercettate dai radar della Bce/Ssm già da qualche anno e oggetto nel maggio 2017 della pubblicazione di linee guida ad hoc, sono entrate nel mirino della vigilanza bancaria nel contesto di Covid-19 e quelle con eccessiva esposizione sono ora fonte di crescente preoccupazione. I tassi d’interesse estremamente bassi hanno spinto alcune grandi banche a caccia di rendimenti e di profitti a far lievitare le esposizioni sui leveraged loans. La crisi economica scaturita alla pandemia fa lievitare il rischio di insolvenza in queste speciali operazioni, caratterizzate da controparti già altamente indebitate di partenza.
Il rimedio è tuttavia presto trovato. È prevedibile una stretta – caso per caso – per le banche d’investimento specializzate in questo tipo di strumento. Quando la leva e il rischio di credito diventano eccessivi ma continuano ad essere sottovalutati, la banca sarà chiamata a monitorare il rischio e a risolvere il problema in due modi per soddisfare il supervisore: ridurre l’esposizione oppure incrementare il capitale a copertura del crescente rischio, hanno confermato al Sole24Ore fonti bene informate. Stando a quanto riportato nei giorni scorsi da Financial Times e Bloomberg, gli istituti europei più esposti sono quelli più attivi nelle acquisizioni del private equity finanziate a leva.
L’anno scorso, quando questa problematica ha iniziato a inasprirsi con l’esplosione della pandemia, FT ha riportato il caso di Deutsche bank che sarebbe finita nelle maglie della vigilanza, e invitata a sospendere il business di alcune leveraged transactions in attesa di affinare gli strumenti di valutazione del rischio di credito. Deutsche bank, contattata ancora ieri, non è andata oltre il «no comment»: ma non avrebbe dato seguito all’intervento della vigilanza non avendo specifici requisiti da soddisfare. Al Sole24Ore tuttavia risulta che l’anno scorso la Bce non abbia richiesto aumenti di capitale, neanche su questo specifico fronte: come evidenziano i risultati dello SREP pragmatico 2020, a coefficienti invariati.
Quest’anno la vigilanza Bce si concentrerà sui NPLs: al terzo trimestre 2020 i crediti deteriorati in rapporto ai total assets sono scesi a 2,8%, un livello minimo ma previsto in forte crescita nel primo semestre 2021. Tuttavia le banche con elevate esposizioni in leveraged loans ad alto rischio di perdita saranno tenute sotto stretta osservazione: eventuali ricadute sul capitale non possono essere escluse, nel caso di mancata riduzione delle esposizioni.
La Bce tra l’altro sta conducendo da tempo ispezioni mirate, banca per banca, per controllare le modalità di valutazione del rischio e l’entità delle esposizioni degli strumenti illiquidi e complessi Level2 e Level3. Queste indagini sono in corso ma non è chiaro quando finiranno. Level2 e Level3 e i leveraged loans stanno viaggiando per ora su due binari paralleli.
Dopo la pubblicazione della «Guideline on leveraged transactions» nel marzo 2017, la Bce ha continuato ad occuparsi con attenzione di questo fenomeno. Nel maggio 2018 la Financial Stability Review della Banca centrale europea ha intercettato segnali di prezzi potenzialmente errati nei grandi leveraged loans. Nel maggio 2019, il supervisore è tornato alla carica con una newsletter dal titolo «Tenere d’occhio i prestiti a leva delle banche», evidenziando come 18 tra le principali banche vigilate avessero esposizioni totali salite a quota 321 miliardi. La tendenza delle transazioni «covenant lite» è stata rilevata già allora con preoccupazione. Nel Rapporto sulla stabilità finanziaria dello scorso maggio, l’allarme si è esteso al rischio di declassamento e di default dei leveraged loans.
La Banca centrale europea guarda con preoccupazione all’aumento del rischio di credito dei prestiti con maggiore leva, in questa crisi economica scaturita dalla pandemia, e le banche attive in questo mercato sono consapevoli che lo stato di allerta ora è alto.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Il rischio di credito va sempre valutato e gestito correttamente dalle banche, monitorato continuamente e le perdite potenziali vanno coperte in maniera adeguata con il capitale prudenziale che aumenta in linea con la crescente rischiosità dell’esposizione. Questo principio di base, che torna alla ribalta quest’anno nell’attesa di un’impennata dei NPLs, non si applica solo ai prestiti standard erogati a imprese e famiglie – con o senza moratoria – ma si estende alle operazioni più complesse di ingegneria finanziaria come i prestiti a leva. Sui leveraged loans in piena pandemia è in arrivo una stretta della vigilanza bancaria.
Le leveraged transactions, intercettate dai radar della Bce/Ssm già da qualche anno e oggetto nel maggio 2017 della pubblicazione di linee guida ad hoc, sono entrate nel mirino della vigilanza bancaria nel contesto di Covid-19 e quelle con eccessiva esposizione sono ora fonte di crescente preoccupazione. I tassi d’interesse estremamente bassi hanno spinto alcune grandi banche a caccia di rendimenti e di profitti a far lievitare le esposizioni sui leveraged loans. La crisi economica scaturita alla pandemia fa lievitare il rischio di insolvenza in queste speciali operazioni, caratterizzate da controparti già altamente indebitate di partenza.
Il rimedio è tuttavia presto trovato. È prevedibile una stretta – caso per caso – per le banche d’investimento specializzate in questo tipo di strumento. Quando la leva e il rischio di credito diventano eccessivi ma continuano ad essere sottovalutati, la banca sarà chiamata a monitorare il rischio e a risolvere il problema in due modi per soddisfare il supervisore: ridurre l’esposizione oppure incrementare il capitale a copertura del crescente rischio, hanno confermato al Sole24Ore fonti bene informate. Stando a quanto riportato nei giorni scorsi da Financial Times e Bloomberg, gli istituti europei più esposti sono quelli più attivi nelle acquisizioni del private equity finanziate a leva.
L’anno scorso, quando questa problematica ha iniziato a inasprirsi con l’esplosione della pandemia, FT ha riportato il caso di Deutsche bank che sarebbe finita nelle maglie della vigilanza, e invitata a sospendere il business di alcune leveraged transactions in attesa di affinare gli strumenti di valutazione del rischio di credito. Deutsche bank, contattata ancora ieri, non è andata oltre il «no comment»: ma non avrebbe dato seguito all’intervento della vigilanza non avendo specifici requisiti da soddisfare. Al Sole24Ore tuttavia risulta che l’anno scorso la Bce non abbia richiesto aumenti di capitale, neanche su questo specifico fronte: come evidenziano i risultati dello SREP pragmatico 2020, a coefficienti invariati.
Quest’anno la vigilanza Bce si concentrerà sui NPLs: al terzo trimestre 2020 i crediti deteriorati in rapporto ai total assets sono scesi a 2,8%, un livello minimo ma previsto in forte crescita nel primo semestre 2021. Tuttavia le banche con elevate esposizioni in leveraged loans ad alto rischio di perdita saranno tenute sotto stretta osservazione: eventuali ricadute sul capitale non possono essere escluse, nel caso di mancata riduzione delle esposizioni.
La Bce tra l’altro sta conducendo da tempo ispezioni mirate, banca per banca, per controllare le modalità di valutazione del rischio e l’entità delle esposizioni degli strumenti illiquidi e complessi Level2 e Level3. Queste indagini sono in corso ma non è chiaro quando finiranno. Level2 e Level3 e i leveraged loans stanno viaggiando per ora su due binari paralleli.
Dopo la pubblicazione della «Guideline on leveraged transactions» nel marzo 2017, la Bce ha continuato ad occuparsi con attenzione di questo fenomeno. Nel maggio 2018 la Financial Stability Review della Banca centrale europea ha intercettato segnali di prezzi potenzialmente errati nei grandi leveraged loans. Nel maggio 2019, il supervisore è tornato alla carica con una newsletter dal titolo «Tenere d’occhio i prestiti a leva delle banche», evidenziando come 18 tra le principali banche vigilate avessero esposizioni totali salite a quota 321 miliardi. La tendenza delle transazioni «covenant lite» è stata rilevata già allora con preoccupazione. Nel Rapporto sulla stabilità finanziaria dello scorso maggio, l’allarme si è esteso al rischio di declassamento e di default dei leveraged loans.
La Banca centrale europea guarda con preoccupazione all’aumento del rischio di credito dei prestiti con maggiore leva, in questa crisi economica scaturita dalla pandemia, e le banche attive in questo mercato sono consapevoli che lo stato di allerta ora è alto.
Fonte: Il Sole 24 Ore