Oggi nuove regole su default e prestiti e rischio: (con la fine delle moratorie) ci avvicinano al pericolo di un nuovo credit crunch e questo è uno scenario da evitare.
La pandemia ha esercitato un effetto dirompente sul merito creditizio delle imprese: interi settori (turismo e commercio tradizionale) hanno visto crollare il proprio fatturato e la domanda aggregata ha risentito della fiducia caduta ai minimi storici. Questa situazione negativa ha coinciso, come noto, con l’introduzione di riforme che rendono più oggettivo e automatico il riconoscimento dei “crediti deteriorati” riducendo la discrezionalità già ai minimi termini con il sistema del rating che un buon banchiere responsabile (che non è più da tempo il Direttore di filiale) può legittimamente graduare.
Si tratta di una tendenza consolidata del 2006 che il ritardo nei pagamenti comporta di fatto il default di un debitore e questa subisce, con le nuove norme una accelerazione pericolosa.
La soglia di materialità è stata ridotta dal 5% del debito totale in “Centrale Rischi Bankit” all’1% da verificarsi oltretutto anche per 1 giorno e non più a fine mese. Inoltre, non sono più compensabili sconfinamenti con margini di disponibilità su altra linea di credito generando di fatto una insolvenza sostanzialmente automatica.
Le moratorie del “cd. Cura Italia” hanno finora arginato il flusso dei nuovi crediti deteriorati con la sospensione dei pagamenti di mutui e leasing inizialmente fino al 30/09 e poi fino al 31/1/2021, e forse allungabili ulteriormente con le normative ora in “lavorazione”.
Si parla di moratorie in atto per un totale di circa 300 miliardi di euro. Si stima che per il 25% dei debiti in essere con il sistema bancario si siano richieste moratorie e che una parte importante di questi debitori non sarà in grado di riprendere i pagamenti alla scadenza.
Lo scenario che potrebbe presentarsi è timore non solo della BCE ma di tutti gli operatori (l’uscita dalle moratorie unita al nuovo flusso di segnalazione dovuto per i crediti deteriorati potrebbe portare infatti il patrimonio di vigilanza di molte banche sotto il limite minimo richiesto dalle autorità).
Questo scenario peggiore speriamo fortemente che non si realizzi altrimenti potrebbe generarsi un altro sostanziale “credit crunch” con tutto quello che comporterebbe per l’economia reale (PIL, investimenti, occupazione). La moratoria sui debiti e gli altri interventi (cassa integrazione, divieti di licenziamenti) insieme agli aiuti dei vari decreti “ristori” hanno scongiurato finora i fallimenti ma quando salissero in modo anomalo i crediti bancari in sofferenza la “stretta” potrebbe essere una conseguenza inevitabile.
Con le nuove regole la banca sarà tenuta a classificare un credito a default quando l’impresa è in arretrato da oltre 90 giorni sui pagamenti (e la soglia che fa scattare la segnalazione è 500 euro che si riduce a 100 per privati e imprese con debiti inferiori al milione di euro), la cifra che fa scattare la segnalazione è pari al solo 1% dell’esposizione dell’impresa verso la Banca.
Occorre anche ribadire che la liquidità garantita al sistema bancario dalla BCE è certamente elevata, ma garantisce di fatto più la grande impresa piuttosto che le PMI e i piccoli negozi. Ora le piccole imprese in Italia danno lavoro a oltre 9 milioni di persone (sono il tessuto connettivo prevalente del nostro paese: questa è la nostra maggiore preoccupazione per il 2021).
Di fronte a questi possibili scenari negativi occorre allora liberare tutte le energie e tutte le risorse disponibili per una nuova “stagione dei doveri” e della responsabilità sociale e solidale.
Imprenditori e operatori bancari debbono far leva su intelligenza professionale e tanta buona volontà per affrontare la situazione con un impegno eccezionale, forte e trasparente, di grande collaborazione reciproca per evitare un possibile avvitamento della crisi: furbizie e scappatoie momentanee non potranno certo venire in soccorso, ma una stagione del dovere aspetta noi tutti per un cambiamento di mentalità non effimero, ma sostanziale.
I comportamenti di tutti gli operatori sono l’unico fattore che più è necessario anche rispetto alle stesse risorse finanziarie pur importanti che arriveranno dall’Europa (a debito e a fondo perduto) che dovranno essere necessariamente gestite non “a pioggia” ma, come ha indicato Mario Draghi, forte di una capacità ed esperienza e certamente ben superiori a tante personalità politiche presenti nel nostro parlamento nazionale come nei parlamentini regionali.
Certamente queste riflessioni non tengono conto di tutte le variabili presenti che compongono gli assetti istituzionali ed economici del paese ma il rapporto banca/impresa – impresa/banca rimane sicuramente centrale per ogni progetto di sviluppo di nuova rinascita dell’Italia in Europa: su questo non ci sono dubbi.
Solo in questo nuovo quadro culturale e ideale il vaccino, il volano del recovery plan (la next generation EU) e il paracadute della BCE potranno realmente funzionare e ci potranno essere dati solidi per una vera ripartenza per ottenere un tasso di crescita accettabile, in linea cioè con i paesi europei più virtuosi.
Oggi nuove regole su default e prestiti e rischio: (con la fine delle moratorie) ci avvicinano al pericolo di un nuovo credit crunch e questo è uno scenario da evitare.
La pandemia ha esercitato un effetto dirompente sul merito creditizio delle imprese: interi settori (turismo e commercio tradizionale) hanno visto crollare il proprio fatturato e la domanda aggregata ha risentito della fiducia caduta ai minimi storici. Questa situazione negativa ha coinciso, come noto, con l’introduzione di riforme che rendono più oggettivo e automatico il riconoscimento dei “crediti deteriorati” riducendo la discrezionalità già ai minimi termini con il sistema del rating che un buon banchiere responsabile (che non è più da tempo il Direttore di filiale) può legittimamente graduare.
Si tratta di una tendenza consolidata del 2006 che il ritardo nei pagamenti comporta di fatto il default di un debitore e questa subisce, con le nuove norme una accelerazione pericolosa.
La soglia di materialità è stata ridotta dal 5% del debito totale in “Centrale Rischi Bankit” all’1% da verificarsi oltretutto anche per 1 giorno e non più a fine mese. Inoltre, non sono più compensabili sconfinamenti con margini di disponibilità su altra linea di credito generando di fatto una insolvenza sostanzialmente automatica.
Le moratorie del “cd. Cura Italia” hanno finora arginato il flusso dei nuovi crediti deteriorati con la sospensione dei pagamenti di mutui e leasing inizialmente fino al 30/09 e poi fino al 31/1/2021, e forse allungabili ulteriormente con le normative ora in “lavorazione”.
Si parla di moratorie in atto per un totale di circa 300 miliardi di euro. Si stima che per il 25% dei debiti in essere con il sistema bancario si siano richieste moratorie e che una parte importante di questi debitori non sarà in grado di riprendere i pagamenti alla scadenza.
Lo scenario che potrebbe presentarsi è timore non solo della BCE ma di tutti gli operatori (l’uscita dalle moratorie unita al nuovo flusso di segnalazione dovuto per i crediti deteriorati potrebbe portare infatti il patrimonio di vigilanza di molte banche sotto il limite minimo richiesto dalle autorità).
Questo scenario peggiore speriamo fortemente che non si realizzi altrimenti potrebbe generarsi un altro sostanziale “credit crunch” con tutto quello che comporterebbe per l’economia reale (PIL, investimenti, occupazione). La moratoria sui debiti e gli altri interventi (cassa integrazione, divieti di licenziamenti) insieme agli aiuti dei vari decreti “ristori” hanno scongiurato finora i fallimenti ma quando salissero in modo anomalo i crediti bancari in sofferenza la “stretta” potrebbe essere una conseguenza inevitabile.
Con le nuove regole la banca sarà tenuta a classificare un credito a default quando l’impresa è in arretrato da oltre 90 giorni sui pagamenti (e la soglia che fa scattare la segnalazione è 500 euro che si riduce a 100 per privati e imprese con debiti inferiori al milione di euro), la cifra che fa scattare la segnalazione è pari al solo 1% dell’esposizione dell’impresa verso la Banca.
Occorre anche ribadire che la liquidità garantita al sistema bancario dalla BCE è certamente elevata, ma garantisce di fatto più la grande impresa piuttosto che le PMI e i piccoli negozi. Ora le piccole imprese in Italia danno lavoro a oltre 9 milioni di persone (sono il tessuto connettivo prevalente del nostro paese: questa è la nostra maggiore preoccupazione per il 2021).
Di fronte a questi possibili scenari negativi occorre allora liberare tutte le energie e tutte le risorse disponibili per una nuova “stagione dei doveri” e della responsabilità sociale e solidale.
Imprenditori e operatori bancari debbono far leva su intelligenza professionale e tanta buona volontà per affrontare la situazione con un impegno eccezionale, forte e trasparente, di grande collaborazione reciproca per evitare un possibile avvitamento della crisi: furbizie e scappatoie momentanee non potranno certo venire in soccorso, ma una stagione del dovere aspetta noi tutti per un cambiamento di mentalità non effimero, ma sostanziale.
I comportamenti di tutti gli operatori sono l’unico fattore che più è necessario anche rispetto alle stesse risorse finanziarie pur importanti che arriveranno dall’Europa (a debito e a fondo perduto) che dovranno essere necessariamente gestite non “a pioggia” ma, come ha indicato Mario Draghi, forte di una capacità ed esperienza e certamente ben superiori a tante personalità politiche presenti nel nostro parlamento nazionale come nei parlamentini regionali.
Certamente queste riflessioni non tengono conto di tutte le variabili presenti che compongono gli assetti istituzionali ed economici del paese ma il rapporto banca/impresa – impresa/banca rimane sicuramente centrale per ogni progetto di sviluppo di nuova rinascita dell’Italia in Europa: su questo non ci sono dubbi.
Solo in questo nuovo quadro culturale e ideale il vaccino, il volano del recovery plan (la next generation EU) e il paracadute della BCE potranno realmente funzionare e ci potranno essere dati solidi per una vera ripartenza per ottenere un tasso di crescita accettabile, in linea cioè con i paesi europei più virtuosi.