I dati sui pagamenti delle imprese sono fondamentali per monitorare il loro stato di salute in un anno particolarmente difficile non solo per l’Italia, ma per il mondo intero.
Quello che “CRIBIS” in un suo studio ha registrato in questi mesi sono informazioni che confermano lo stato di difficoltà complessivo dell’economia e delle imprese, specialmente in alcuni settori.
In questo quadro economico e finanziario il factoring ritorna ad essere, come in tutte le fasi di crisi, uno strumento essenziale per preservare e incrementare la liquidità aziendale.
A giugno 2020 in Europa abbiamo registrato un peggioramento di quelle che sono le performance dei pagamenti alla scadenza, soprattutto in Paesi come Irlanda (-17%), Romania (-7%) e Spagna (-3%) che necessitano di una attività di sollecito e gestione dei pagamenti completamente diversa.
Se ci concentriamo solo sull’Italia e consideriamo l’andamento dei pagamenti in ritardo oltre i 30 giorni, possiamo notare come negli ultimi anni avessimo registrato una stabilizzazione nel ritardo dei pagamenti attorno al 10%. Dal 3Q 2020 vi è stata una crescita del 21% nei ritardi gravi rispetto al 4Q 2019.
Lo studio di CRIBIS evidenzia che le regioni che hanno subito la variazione percentuale più elevata rispetto all’ultimo trimestre del 2019 sono la Valle d’Aosta (+40,4%), il Friuli-Venezia Giulia (+37,5%), il Veneto (+32,6%) e il Trentino – Alto Adige (+31,6%) che, nonostante questo, rimane la regione con meno ritardi gravi (6,7%) in assoluto. L’incremento dei ritardi oltre 30 giorni è invece più contenuto nelle regioni del Sud, che pur partono da un livello assoluto più elevato.
Rispetto al trimestre precedente, il Nord Est e il Nord Ovest del Paese hanno registrato l’incremento più elevato di ritardi gravi (rispettivamente 10,4% e 11,8%). Il Nord Est tuttavia si conferma ancora una volta l’area geografica più affidabile, con il 43% delle imprese che pagano alla scadenza, mentre al Sud e nelle Isole, dove le imprese puntuali sono solo il 22,6%, si evidenziano maggiori difficoltà.
Fin qui sono dati che potevamo tutti aspettarci, ma che rispetto a quanto è accaduto negli anni scorsi, devono farci interrogare su come possiamo reagire e gestire questa situazione.
È evidente come l’effetto del Covid abbia avuto ripercussioni soprattutto sulla liquidità delle imprese, tema centrale di grandissima attualità che è tornato a preoccupare. Il fatto che le imprese di Lodi (+55,7%), Asti (+53,8%), Pordenone (+50%) e Belluno (+50%) siano quelle che, a confronto con la fine del 2019, hanno registrato il maggior peggioramento nei pagamenti superiori ai 30 giorni, dimostrano quanto stretto sia il legame tra crisi del Covid e problemi di liquidità.
Credo che mai come nei primi mesi di quest’anno sia stato chiaro a tutti in Italia quanto la liquidità delle imprese fosse un tema cruciale che abbiamo sempre evidenziato come un indicatore del loro stato di salute.
Nel momento in cui la liquidità viene a mancare, i pagamenti rallentano e se rallentano per un soggetto, tutta la catena, a cascata, avrà delle ripercussioni.
C’è comunque un segnale positivo che noi vediamo nelle imprese, soprattutto in quelle più virtuose: un forte investimento nel proprio ecosistema di relazioni con clienti, fornitori, distributori e partner fondamentale per la vita e la sopravvivenza dell’azienda. In particolare, la maggiore “connessione” con i clienti è stata e sarà ancora di più nei prossimi mesi un asset che va curato e monitorato. Molte aziende hanno infatti aiutato i clienti allungando i termini durante il lockdown. Questo “patto” con i propri clienti e fornitori è probabilmente la chiave per superare la crisi, senza ovviamente abbassare la guardia su scaduto e insoluti.
Il factoring in questa situazione di difficoltà dell’economia e della finanza d’impresa assume ulteriormente un ruolo centrale nelle scelte di credito a breve per aumentare il circolante aziendale e migliorare anche il rating assegnato dalle banche che fanno utilizzo nella versione “pro soluto”.
La dimostrazione, se ce ne fosse stato bisogno sono i conti presenti al 30/09 delle banche e società di factoring più attive sul mercato: in un periodo di contrazione importante del fatturato cresce il turnover rispetto all’esercizio precedente 2019 con “delta positivi” anche del 20%.
Questo pone il mercato creditizio e le aziende che possono ricorrere allo strumento in una posizione di maggior attenzionamento offerto/proposto per migliorare, in una stagione difficile, il loro posizionamento competitivo e per migliorare la possibilità di tenuta dell’intero sistema banca/impresa.
I dati sui pagamenti delle imprese sono fondamentali per monitorare il loro stato di salute in un anno particolarmente difficile non solo per l’Italia, ma per il mondo intero.
Quello che “CRIBIS” in un suo studio ha registrato in questi mesi sono informazioni che confermano lo stato di difficoltà complessivo dell’economia e delle imprese, specialmente in alcuni settori.
In questo quadro economico e finanziario il factoring ritorna ad essere, come in tutte le fasi di crisi, uno strumento essenziale per preservare e incrementare la liquidità aziendale.
A giugno 2020 in Europa abbiamo registrato un peggioramento di quelle che sono le performance dei pagamenti alla scadenza, soprattutto in Paesi come Irlanda (-17%), Romania (-7%) e Spagna (-3%) che necessitano di una attività di sollecito e gestione dei pagamenti completamente diversa.
Se ci concentriamo solo sull’Italia e consideriamo l’andamento dei pagamenti in ritardo oltre i 30 giorni, possiamo notare come negli ultimi anni avessimo registrato una stabilizzazione nel ritardo dei pagamenti attorno al 10%. Dal 3Q 2020 vi è stata una crescita del 21% nei ritardi gravi rispetto al 4Q 2019.
Lo studio di CRIBIS evidenzia che le regioni che hanno subito la variazione percentuale più elevata rispetto all’ultimo trimestre del 2019 sono la Valle d’Aosta (+40,4%), il Friuli-Venezia Giulia (+37,5%), il Veneto (+32,6%) e il Trentino – Alto Adige (+31,6%) che, nonostante questo, rimane la regione con meno ritardi gravi (6,7%) in assoluto. L’incremento dei ritardi oltre 30 giorni è invece più contenuto nelle regioni del Sud, che pur partono da un livello assoluto più elevato.
Rispetto al trimestre precedente, il Nord Est e il Nord Ovest del Paese hanno registrato l’incremento più elevato di ritardi gravi (rispettivamente 10,4% e 11,8%). Il Nord Est tuttavia si conferma ancora una volta l’area geografica più affidabile, con il 43% delle imprese che pagano alla scadenza, mentre al Sud e nelle Isole, dove le imprese puntuali sono solo il 22,6%, si evidenziano maggiori difficoltà.
Fin qui sono dati che potevamo tutti aspettarci, ma che rispetto a quanto è accaduto negli anni scorsi, devono farci interrogare su come possiamo reagire e gestire questa situazione.
È evidente come l’effetto del Covid abbia avuto ripercussioni soprattutto sulla liquidità delle imprese, tema centrale di grandissima attualità che è tornato a preoccupare. Il fatto che le imprese di Lodi (+55,7%), Asti (+53,8%), Pordenone (+50%) e Belluno (+50%) siano quelle che, a confronto con la fine del 2019, hanno registrato il maggior peggioramento nei pagamenti superiori ai 30 giorni, dimostrano quanto stretto sia il legame tra crisi del Covid e problemi di liquidità.
Credo che mai come nei primi mesi di quest’anno sia stato chiaro a tutti in Italia quanto la liquidità delle imprese fosse un tema cruciale che abbiamo sempre evidenziato come un indicatore del loro stato di salute.
Nel momento in cui la liquidità viene a mancare, i pagamenti rallentano e se rallentano per un soggetto, tutta la catena, a cascata, avrà delle ripercussioni.
C’è comunque un segnale positivo che noi vediamo nelle imprese, soprattutto in quelle più virtuose: un forte investimento nel proprio ecosistema di relazioni con clienti, fornitori, distributori e partner fondamentale per la vita e la sopravvivenza dell’azienda. In particolare, la maggiore “connessione” con i clienti è stata e sarà ancora di più nei prossimi mesi un asset che va curato e monitorato. Molte aziende hanno infatti aiutato i clienti allungando i termini durante il lockdown. Questo “patto” con i propri clienti e fornitori è probabilmente la chiave per superare la crisi, senza ovviamente abbassare la guardia su scaduto e insoluti.
Il factoring in questa situazione di difficoltà dell’economia e della finanza d’impresa assume ulteriormente un ruolo centrale nelle scelte di credito a breve per aumentare il circolante aziendale e migliorare anche il rating assegnato dalle banche che fanno utilizzo nella versione “pro soluto”.
La dimostrazione, se ce ne fosse stato bisogno sono i conti presenti al 30/09 delle banche e società di factoring più attive sul mercato: in un periodo di contrazione importante del fatturato cresce il turnover rispetto all’esercizio precedente 2019 con “delta positivi” anche del 20%.
Questo pone il mercato creditizio e le aziende che possono ricorrere allo strumento in una posizione di maggior attenzionamento offerto/proposto per migliorare, in una stagione difficile, il loro posizionamento competitivo e per migliorare la possibilità di tenuta dell’intero sistema banca/impresa.