Cherry Sea, l’osservatorio di Cherry Bit – società che sviluppa algoritmi di intelligenza
artificiale applicata al mondo del credito deteriorato – ha realizzato un’analisi sui dati relativi a tutti i fallimenti registrati nei 140 tribunali italiani dal 2010 a fine 2019.
L’analisi, in particolare, si è concentrata sui dati dei venti tribunali più attivi nel 2019, cioè quelli che hanno gestito il maggior numero di nuovi procedimenti, evidenziando come i tribunali di Milano e Roma abbiano preso in carico il 35% delle come delle 5.472 pratiche aperte nei dodici mesi.
Per offrire una stima della durata dei procedimenti, è stata utilizzata la metrica del Disposition Time (DT), già adottata dalla CEPEJ (Commissione europea per l’efficienza della giustizia), che può essere interpretata come il tempo necessario per smaltire i procedimenti pendenti alla fine di un dato anno. Applicando tale parametro al campione individuato, emerge come Torino, terzo tribunale più attivo del 2019 in Italia con 289 pratiche aperte, sia quello in grado di chiudere le pratiche pendenti nel minor tempo (2,8 anni); al fondo di questa classifica, invece, si piazza Bari, con 10,1 anni necessari per chiudere i procedimenti pendenti, nonostante “solo” 174 pratiche aperte nel 2019.
Negli ultimi 5 anni (2015-2019) la media dei Disposition Time dei venti tribunali in esame mostra un miglioramento complessivo costante del dato, passato dai 7,97 anni del 2015 ai 5,40 del 2019, evidenziando una tendenza cui fanno eccezione i soli tribunali di Catania e Cagliari, in cui nello stesso periodo si è assistito a un incremento del DT rispettivamente da 7,6 a 9,3 anni e da 5,5 a 6,3. Nello stesso arco di tempo, i tribunali con il DT medio migliore sono Torino, Bergamo e Milano, con un valore compreso tra i 4 e i 5 anni, mentre i tribunali con tempi più lunghi nello smaltire i pendenti sono Padova, Verona, Catania e Bari, con DT compreso tra i 7 e gli 11 anni.
Giovanni Bossi, founder di Cherry ha commentato
«La difficoltà a smaltire i fallimenti nei tribunali è un’emergenza cronica del nostro Paese, che oggi si trova a fare i conti con l’altra emergenza, quella sanitaria – commenta – Il rischio concreto è che la pandemia ponga un freno ulteriore allo smaltimento delle procedure, che già era sovraccaricato alla fine dello scorso anno. Velocizzare i tempi e rendere più
efficienti le procedure di recupero giudiziale è un obiettivo fondamentale per la ripartenza, per
rimettere in circolo nell’economia reale capitali e asset “congelati”. Si tratta di una partita
importante non solo per il mondo della finanza, ma anche per le imprese, sia quelle che hanno
difficoltà ad accedere al credito, sia quelle che, a causa della lentezza delle procedure fallimentari, faticano a recuperare i crediti, rischiando a loro volta il fallimento».
Cherry Sea, l’osservatorio di Cherry Bit – società che sviluppa algoritmi di intelligenza
artificiale applicata al mondo del credito deteriorato – ha realizzato un’analisi sui dati relativi a tutti i fallimenti registrati nei 140 tribunali italiani dal 2010 a fine 2019.
L’analisi, in particolare, si è concentrata sui dati dei venti tribunali più attivi nel 2019, cioè quelli che hanno gestito il maggior numero di nuovi procedimenti, evidenziando come i tribunali di Milano e Roma abbiano preso in carico il 35% delle come delle 5.472 pratiche aperte nei dodici mesi.
Per offrire una stima della durata dei procedimenti, è stata utilizzata la metrica del Disposition Time (DT), già adottata dalla CEPEJ (Commissione europea per l’efficienza della giustizia), che può essere interpretata come il tempo necessario per smaltire i procedimenti pendenti alla fine di un dato anno. Applicando tale parametro al campione individuato, emerge come Torino, terzo tribunale più attivo del 2019 in Italia con 289 pratiche aperte, sia quello in grado di chiudere le pratiche pendenti nel minor tempo (2,8 anni); al fondo di questa classifica, invece, si piazza Bari, con 10,1 anni necessari per chiudere i procedimenti pendenti, nonostante “solo” 174 pratiche aperte nel 2019.
Negli ultimi 5 anni (2015-2019) la media dei Disposition Time dei venti tribunali in esame mostra un miglioramento complessivo costante del dato, passato dai 7,97 anni del 2015 ai 5,40 del 2019, evidenziando una tendenza cui fanno eccezione i soli tribunali di Catania e Cagliari, in cui nello stesso periodo si è assistito a un incremento del DT rispettivamente da 7,6 a 9,3 anni e da 5,5 a 6,3. Nello stesso arco di tempo, i tribunali con il DT medio migliore sono Torino, Bergamo e Milano, con un valore compreso tra i 4 e i 5 anni, mentre i tribunali con tempi più lunghi nello smaltire i pendenti sono Padova, Verona, Catania e Bari, con DT compreso tra i 7 e gli 11 anni.
Giovanni Bossi, founder di Cherry ha commentato
«La difficoltà a smaltire i fallimenti nei tribunali è un’emergenza cronica del nostro Paese, che oggi si trova a fare i conti con l’altra emergenza, quella sanitaria – commenta – Il rischio concreto è che la pandemia ponga un freno ulteriore allo smaltimento delle procedure, che già era sovraccaricato alla fine dello scorso anno. Velocizzare i tempi e rendere più
efficienti le procedure di recupero giudiziale è un obiettivo fondamentale per la ripartenza, per
rimettere in circolo nell’economia reale capitali e asset “congelati”. Si tratta di una partita
importante non solo per il mondo della finanza, ma anche per le imprese, sia quelle che hanno
difficoltà ad accedere al credito, sia quelle che, a causa della lentezza delle procedure fallimentari, faticano a recuperare i crediti, rischiando a loro volta il fallimento».