I tempi sono maturi e non solo perché se ne parla sui giornali tutti i giorni, è la stessa Bce a incentivare la nuova ondata di fusioni e acquisizioni in epoca Covid-19 dopo il primo consolidamento nel 2007. Lo ricorda Goldman Sachs in un report dedicato al settore finanziario europeo dove gli analisti americani considerano 27 istituti e tutte le possibili combinazioni per valutare sinergie e costi di caso in caso.
Due dati emergono: le fusioni Italia-Francia risultano quelle più efficienti con gli istituti italiani più volpi che cacciatori, il cui valore e capacità di derisking degli anni viene apprezzato. Per questo la banca d’affari americana alza il target price a Banco Bpm e Unicredit proprio in ottica M&A. Le fusioni e acquisizioni degli istituti europei hanno raggiunto il picco nel 2007, ma si sono fermate dopo la crisi finanziaria globale. Quest’anno, invece, stiamo assistendo ad un cambiamento decisivo di posizione fra le authority come la Bce e i manager stessi degli istituti, sottolineano gli analisti. E poi sono già partiti due operazioni importanti, Intesa-Ubi e Caixa-Bankia. Le potenziali combinazioni ora abbondano sulla carta, nota Goldman Sachs.
Nel 2007 l’M&A ha toccato il picco di 145 miliardi di euro di fusioni completate, di cui oltre la metà delle transfrontaliere. Nel 2008 si sono verificate alcune operazioni, con un volume totale di 50 miliardi. Con l’inizio della crisi del debito sovrano europeo, il volume dei deal è diminuito ulteriormente, non superando i 20 miliardi di euro l’anno nel corso dell’ultimo decennio. Ma il 2020 ha cambiato tutto a causa del Covid-19. Francoforte ha anche avviato una consultazione pubblica sul consolidamento bancario europeo, che Goldman Sachs considera un importante passo avanti.
Se fino al 2008 M&A è servito da acceleratore di crescita attraverso il quale sono state aggiunte nuove aree geografiche e linee di prodotti, con la nascita dei gruppi sistemici (G-Sib), oggi il ciclo di fusioni in corso ha un altro obiettivo: razionalizzare a causa della pressione su ricavi e margini e del rialzo dei costi (tecnologia) abbinati al deterioramento della qualità del credito.
Nel valutare le potenziali combinazioni nella zona euro, per la banca d’affari americana sono importanti due fattori: la sovrapposizione geografica e la dimensione relativa delle banche. Queste ultime, infatti, determinano la portata delle economie di scala, che a loro volta definiscono potenziali sinergie di costo. Le combinazioni nazionali sono molto probabili su questa base. Tuttavia, aggiungono gli analisti, la fusione di una banca nazionale con una filiale di una banca estera, attiva in quel mercato, può essere un progetto altrettanto interessante. In teoria sarebbe una combinazione transfrontaliera, ma a livello pratico equivarrebbe effettivamente a un’operazione interna.
Il processo di assorbimento di una banca significativamente più piccola in un gruppo leader di mercato è quello che offre una sinergia significativa a livello potenziale con un rischio più basso data la semplicità dell’operazione. Delle 29 banche del nostro campione, 5 (ovvero 17%) non figurano come target adeguato in nessuna delle combinazioni in esame, mentre viene individuata almeno una combinazione per 24 banche (83%). Emergono come candidati-prede europee con una maggior probabilità di deal tra istituti italiani e uno spagnolo: Bper, Mps, Banco Bpm e Banco de Sabadell.
Il punto di partenza sono quindi 29 banche, per un totale di 406 potenziali combinazioni. La sovrapposizione geografica viene identificata come driver principale delle sinergie di costo e rappresenta anche una condizione preliminare per ulteriori analisi. Secondo gli analisti, la natura difensiva di questo ciclo di M&A richiede che la sovrapposizione geografica e quindi la possibilità di ridurre i costi, sia posta al centro dell’analisi.
Un altro punto rilevante sono le sinergie di costo: potenziali combinazioni che coinvolgono banche italiane e francesi porterebbero alle sinergie più elevate in Europa, secondo la ricerca. Nel concreto, le maggiori sinergie e sovrapposizioni emergono dall’incrocio fra due banche francesi, Bnp Paribas e Credit Agricole e quattro italiane, ovvero Mps, Bper, Banco Bpm e Unicredit. Sia che un gruppo transalpino faccia operazioni in Italia sia, unico caso, sia la realtà guidata dal ceo, Jean Pierre Mustier, ad agire come acquirente di istituti italiani più piccoli, le sinergie di costo attese sono calcolate attorno al 40%.
Sul fronte, invece, dei ricavi del nuovo gruppo combinato, vengono previste perdite di ricavi per sovrapposizione di attività in aree geografiche comuni fra il 2% e il 3%, con badwill attorno 4,2-4,4 miliardi di euro (6,8 miliardi Banco Bpm) che possono favorire fiscalmente le fusioni. Goldman Sachs quindi alza i target price delle banche italiane in ottica M&A: Banco Bpm passa da 1,7 a 1,85 euro, mentre il giudizio scende da buy a neutral, Unicredit resta buy ma il prezzo obiettivo sale da 11,8 a 12,3 euro, Bper è Buy e viene stabilito un target price di 2,2 euro, Mps resta neutral a 1,5 euro. Su base standalone, senza considerare l’opzione M&A, spiega Goldman Sachs, i titoli valgono 0,93 euro Mps (scambia a 0,2 volte il rapporto P/TBV al 2020), 1,88 euro Bper (0,23 volte), 1,58 euro Banco Bpm (0,25 volte) e 11,8 euro Unicredit (0,31 euro).
Autore: Elena Dal Maso
Fonte: Milano Finanza
I tempi sono maturi e non solo perché se ne parla sui giornali tutti i giorni, è la stessa Bce a incentivare la nuova ondata di fusioni e acquisizioni in epoca Covid-19 dopo il primo consolidamento nel 2007. Lo ricorda Goldman Sachs in un report dedicato al settore finanziario europeo dove gli analisti americani considerano 27 istituti e tutte le possibili combinazioni per valutare sinergie e costi di caso in caso.
Due dati emergono: le fusioni Italia-Francia risultano quelle più efficienti con gli istituti italiani più volpi che cacciatori, il cui valore e capacità di derisking degli anni viene apprezzato. Per questo la banca d’affari americana alza il target price a Banco Bpm e Unicredit proprio in ottica M&A. Le fusioni e acquisizioni degli istituti europei hanno raggiunto il picco nel 2007, ma si sono fermate dopo la crisi finanziaria globale. Quest’anno, invece, stiamo assistendo ad un cambiamento decisivo di posizione fra le authority come la Bce e i manager stessi degli istituti, sottolineano gli analisti. E poi sono già partiti due operazioni importanti, Intesa-Ubi e Caixa-Bankia. Le potenziali combinazioni ora abbondano sulla carta, nota Goldman Sachs.
Nel 2007 l’M&A ha toccato il picco di 145 miliardi di euro di fusioni completate, di cui oltre la metà delle transfrontaliere. Nel 2008 si sono verificate alcune operazioni, con un volume totale di 50 miliardi. Con l’inizio della crisi del debito sovrano europeo, il volume dei deal è diminuito ulteriormente, non superando i 20 miliardi di euro l’anno nel corso dell’ultimo decennio. Ma il 2020 ha cambiato tutto a causa del Covid-19. Francoforte ha anche avviato una consultazione pubblica sul consolidamento bancario europeo, che Goldman Sachs considera un importante passo avanti.
Se fino al 2008 M&A è servito da acceleratore di crescita attraverso il quale sono state aggiunte nuove aree geografiche e linee di prodotti, con la nascita dei gruppi sistemici (G-Sib), oggi il ciclo di fusioni in corso ha un altro obiettivo: razionalizzare a causa della pressione su ricavi e margini e del rialzo dei costi (tecnologia) abbinati al deterioramento della qualità del credito.
Nel valutare le potenziali combinazioni nella zona euro, per la banca d’affari americana sono importanti due fattori: la sovrapposizione geografica e la dimensione relativa delle banche. Queste ultime, infatti, determinano la portata delle economie di scala, che a loro volta definiscono potenziali sinergie di costo. Le combinazioni nazionali sono molto probabili su questa base. Tuttavia, aggiungono gli analisti, la fusione di una banca nazionale con una filiale di una banca estera, attiva in quel mercato, può essere un progetto altrettanto interessante. In teoria sarebbe una combinazione transfrontaliera, ma a livello pratico equivarrebbe effettivamente a un’operazione interna.
Il processo di assorbimento di una banca significativamente più piccola in un gruppo leader di mercato è quello che offre una sinergia significativa a livello potenziale con un rischio più basso data la semplicità dell’operazione. Delle 29 banche del nostro campione, 5 (ovvero 17%) non figurano come target adeguato in nessuna delle combinazioni in esame, mentre viene individuata almeno una combinazione per 24 banche (83%). Emergono come candidati-prede europee con una maggior probabilità di deal tra istituti italiani e uno spagnolo: Bper, Mps, Banco Bpm e Banco de Sabadell.
Il punto di partenza sono quindi 29 banche, per un totale di 406 potenziali combinazioni. La sovrapposizione geografica viene identificata come driver principale delle sinergie di costo e rappresenta anche una condizione preliminare per ulteriori analisi. Secondo gli analisti, la natura difensiva di questo ciclo di M&A richiede che la sovrapposizione geografica e quindi la possibilità di ridurre i costi, sia posta al centro dell’analisi.
Un altro punto rilevante sono le sinergie di costo: potenziali combinazioni che coinvolgono banche italiane e francesi porterebbero alle sinergie più elevate in Europa, secondo la ricerca. Nel concreto, le maggiori sinergie e sovrapposizioni emergono dall’incrocio fra due banche francesi, Bnp Paribas e Credit Agricole e quattro italiane, ovvero Mps, Bper, Banco Bpm e Unicredit. Sia che un gruppo transalpino faccia operazioni in Italia sia, unico caso, sia la realtà guidata dal ceo, Jean Pierre Mustier, ad agire come acquirente di istituti italiani più piccoli, le sinergie di costo attese sono calcolate attorno al 40%.
Sul fronte, invece, dei ricavi del nuovo gruppo combinato, vengono previste perdite di ricavi per sovrapposizione di attività in aree geografiche comuni fra il 2% e il 3%, con badwill attorno 4,2-4,4 miliardi di euro (6,8 miliardi Banco Bpm) che possono favorire fiscalmente le fusioni. Goldman Sachs quindi alza i target price delle banche italiane in ottica M&A: Banco Bpm passa da 1,7 a 1,85 euro, mentre il giudizio scende da buy a neutral, Unicredit resta buy ma il prezzo obiettivo sale da 11,8 a 12,3 euro, Bper è Buy e viene stabilito un target price di 2,2 euro, Mps resta neutral a 1,5 euro. Su base standalone, senza considerare l’opzione M&A, spiega Goldman Sachs, i titoli valgono 0,93 euro Mps (scambia a 0,2 volte il rapporto P/TBV al 2020), 1,88 euro Bper (0,23 volte), 1,58 euro Banco Bpm (0,25 volte) e 11,8 euro Unicredit (0,31 euro).
Autore: Elena Dal Maso
Fonte: Milano Finanza