Dalla Redazione

Enria: fino a 1400 miliardi di nuove sofferenze

In un intervista rilasciata al quotidiano tedesco Handelsblatt, Andrea Enria, presidente del consiglio di sorveglianza della BCE ha dichiarato che, a fronte di una ipotetica nuova ondata di contagio, con conseguenti misure di contenimento, i crediti in sofferenza potremmero arrivare a 1300 miliardi, un livello superiore a quanto registrato durante l’ultima crisi finanziaria.

A partire dal mese di luglio, la banca centrale ha esortato le banche ad analizzare più in dettaglio gli effetti che la straordinaria recessione scatenata dalla pandemia sta avendo sui loro valori patrimoniali. In particolare è stato richiesto di esaminare a fondo i portafogli di prestiti e capire quali clienti hanno concrete probabilità di sopravviere alla crisi. Effettuando questa analisi per tempo è possibile prevenire la crescita delle sofferenze per evitare che l’onda in arrivo diventi troppo grande.

Con riferimento al comportamento degli istituti vigilati, nell’intervista si parla di tre tipologie di comportamento:

  • alcune banche hanno già iniziato a rivalutare il rischio di fallimento dei loro clienti, 
  • altre , pur non rivalutando i singoli prestiti, stanno comunque costituendo un fondo rischi generale per il loro portafoglio prestiti a titolo precauzionale,
  • poi ci sono gli ottimisti che preferiscono non fare nulla finché non c’è una chiara indicazione che uno dei loro clienti stia per fallire.

Dalle risultanza delle indagini svolte finora emerge che se l’economia si evolve in linea con il scenario di base previsto dalla banca centrale, il sistema dovrebbe essere in grado di gestire l’ aumento dei crediti in sofferenza. Tuttavia esiste la possibilità che a causa degli effetti di una seconda odata di contagi si verifichi uno scenario peggiore, nel quale i flussi di nuove sofferenza potrebbero superare quelli registrati nell’ultima crisi e arrivare a circa 1400 miliardi. Queto avrebbe necessariamente delle cosneguenze sul capitale delle banche.

Con riferimento alla prospettiva di allentare le regole sui NPL per consentire alle banche di emettere più prestiti Enria ha dichiarato che non si tratta di una opzione percorribile: se le banche non attuano una opportuna pulizia dei bilanci, finiranno per occupare capitali e risorse umane per servire clienti che non ripagheranno i loro prestiti invece di occuparsi dei clienti più sani. Le regole introdotte dopo l’ultima crisi impongono agli intermediari finanziari di riconoscere e a lavorare prima sui crediti inesigibili e questo è molto importante nel contesto presente.

Quella che stiamo attraversando non è una tipica recessione, in cui l’attività economica prima diminuisce e poi riprende a crescere. E’ probabile che si tratti di un momento importante di discontinuità che porterà a cambiamenti strutturali, che trasformeranno le nostre economie. Alcuni settori non si riprenderanno da questa recessione per raggiungere gli stessi livelli di attività del passato. Altri settori , legati allo sviluppo della digitalizzazione e alle imprese verdi e sostenibili, assumeranno sempre maggiore importanza.

Se le banche continueranno a concentrarsi sul servizio a clienti non vitali in settori in declino, non saranno in grado di dare il loro pieno sostegno a questi settori orientati al futuro.

Per quanto riguarda l’ipotesi di una Bad Bank, Enria pensa si tratti di uno strumento potenzialmente utile, che in alcuni paesi ha funzionato bene e che, se impostate correttamente, non dovrebbero avere costi per i contribuenti.

Come ulteriore elemento di valutazione occorre riconoscere che nonostante nell’utima crisi il settore bancario abbia ricevuto stimoli pari al 13% del PIL dell’are euro, il processo di ristrutturazione è stato incompleto e insufficiente ci porta oggi ad avere delle banche con notevoli debolezze strutturali: eccesso di capacità produttiva, redditività limitata, costi eccessivi e in molti casi modelli di business non sostenibili.

Uno dei limiti di questo processo è stato lasciare che il processo fosse gestito interamente dagli stati membri, per cui in futuro sarà preferibile lavorare a livello europeo mirando a ottenere un mercato più integrato. Questo potrebbe portare anche ad un consolidamento del settore: finora le aggregazioni sono avvenute principalmente a livello nazionale perchè il modo più agevole di tagliare i costi era di eliminare le sovrapposizioni nelle reti di filiali. In futuro sarebbe auspicabile anche una diversificazione delle fonti di reddito e dei rischi che si può realizzare atrraverso fusioni transfrontaliere che renderebbero le banche più stabili.

Fino ad oggi gli ostacoli principali a questo tipo di aggregazioni riguardano la possibilità di spostare liberamente capitali e liquidità all’interno dell’area Euro e in particolare l’assenza di un sistema paneuropeo di protezione dei depositi, senza il quale i singoli Paesi preferiscono mantenere il capitale e la liquidità a livello nazionale, per proteggere i depositanti locali.

Dunque se governi europei non vogliono che il mercato bancario europeo rimanga nazionale e inefficiente, devono accettare la prospettiva che attraverso la concentrazione si arriv ad avere banche più grandi più forti, in grado di servire meglio le famiglie e le imprese europee. Alcuni settori di attività, cioè le attività del mercato dei capitali, sono convenienti solo se le banche possono realizzare economie di scala e questo è uno dei motivi per i quali in passato le banche europee hanno perso per anni quote di mercato.

 

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