Lavori in corso tra Sia e Nexi per dare vita al gigante italiano dei pagamenti. Secondo diverse fonti finanziare la trattativa è in stato avanzato e mancherebbero solo alcune questioni da definire per arrivare alla firma di un “memorandum of understanding” tra le due società. Ma il diavolo si nasconde nei dettagli e non è la prima volta che l’accordo salta alle battute finali. Ieri si è svolto un consiglio di amministrazione di Nexi in cui si è fatto un punto sullo stato di avanzamento delle discussioni con Sia.
Nel frattempo la società controllata dalla Cassa depositi e prestiti ha rinegoziato con anticipo il contratto di fornitura con Unicredit, un accordo importante che rappresenta un quarto della redditività di Sia e che altrimenti sarebbe scaduto nel 2026. Lo scorso 5 agosto Unicredit e Sia avevano sottoscritto una lettera d’intenti per rivedere l’accordo ed estenderne la durata: Sia avrebbe concesso a Unicredit condizioni più favorevoli, ma manca da definire come e quando verranno pagate da Sia le commissioni in anticipo (le cosiddette “upfront fees”), prima di firmare il rinnovo fino al 2036.
Il contratto con Unicredit è dirimente per definire il concambio per la fusione tra i due gruppi e che dovrebbe portare Cdp a svolgere il ruolo di anchor investor, con una quota verosimilmente inferiore alla soglia per l’Opa obbligatoria nel colosso del fintech quotato che nascerà dall’operazione. Se quindi è stato fatto un importante passo avanti, ci sono ancora alcune questioni da risolvere sulla governance futura, anche se al momento non è in discussione l’attuale assetto di vertice: l’ad di Nexi Paolo Bertoluzzo guiderà anche la società che nascerà dalla fusione, ma sono previsti nuovi innesti di top manager provenienti da Sia a cominciare da suo ad Nicola Cordone.
Un’altra questione da definire è il ruolo di Poste nella governance. La società guidata da Matteo Del Fante ha un contratto con Sia e una quota indiretta pari al 17% (attraverso il veicolo Fsia, di cui possiede il 30%) in virtù della quale finora è stata rappresentata anche nel cda del gruppo guidato da Cordone. Solo che, in vista della fusione, Poste dovrebbe rinunciare ai suoi diritti di governance, perché potrebbero sorgere futuri conflitti con gli altri clienti di Nexi. Per questo Intesa Sanpaolo, che del gruppo dei pagamenti quotato insieme a Ubi ha l’11%, non è presente nel cda di Nexi.
Interpellate sulla questione e sull’accordo che darà vita all’operazione, Nexi, Poste, Sia e Unicredit hanno tutte preferito non commentare.
Fonte: Repubblica