Eterogeneo, di piccole dimensioni, con capitali ridotti, ma anche con un alto potenziale di crescita a supporto dell’economia reale. È questo il quadro del settore fintech in Italia che emerge dal rapporto di EY e Fintech District presentato oggi in occasione del primo Italian Insurtech Summit. L’innovazione in ambito finanziario sta conquistando sempre più la fiducia dei consumatori: sebbene gli italiani vedano ancora gli operatori tradizionali come primo punto di contatto – il 55% si rivolge prima alla banca o alla compagnia assicurativa tradizionale -, il tasso di adozione delle soluzioni fintech è in forte crescita: +51% nel 2019 secondo l’EY FinTech adoption index. Anche il numero delle fintech è in costante crescita: nel 2011 se ne contavano 11, per arrivare a 199 nel 2015. Nel 2020 se ne contano 345, per la maggior parte concentrate in Lombardia (169), caratterizzate da una forte presenza nel crowdfunding (71), seguito dalle startup che si occupano di data analytics, machine learning e artificial intelligence (35), da quelle che offrono pagamenti smart (34) e servizi di lending (30).
Il valore medio degli investimenti raccolti da ciascuna startup si attesta sui 700mila euro, con il 95% che arriva a una post-money valuation superiore a 1 milione di euro. In effetti gli investimenti sono in netto ritardo rispetto ad altri Paesi: nel 2019 l’Italia ha attirato solo il 2% del capitale totale investito in fintech in Europa, rispetto al 50% del Regno Unito e al 19% della Germania. Di recente, sottolinea l’analisi, il gap ha iniziato a ridursi: i finanziamenti alle startup fintech sono cresciuti a un Cagr di oltre il 60% dal 2016 al 2019, che ha registrato il record dei 261 milioni di euro. Quest’anno «l’ecosistema fintech italiano ha mostrato importanti segnali di resilienza, anche da un punto di vista di accesso a nuove fonti di finanziamento: in particolare, le principali attività di fundraising nell’arco dei primi 8 mesi del 2020 hanno raggiunto la cifra di 90 milioni di euro». Sebbene il trend sia positivo, i numeri continuano a mostrare un’alta concentrazione degli investimenti a favore di poche startup.
D’altra parte l’intero sistema economico nazionale ha da guadagnare dallo sviluppo dell’innovazione in ambito fintech e della coesistenza con gli attori tradizionali. A partire dalle Pmi che, secondo l’analisi EY-Fintech District, richiedono sempre più servizi flessibili ed efficienti da parte delle banche, facendo leva sull’offerta delle fintech, mentre cybersecurity e cyber insurance diventeranno sempre più prioritarie a causa delle sfide e delle criticità legate alla trasformazione digitale. Tra gli altri trend la compliance continuerà a svolgere un ruolo primario nei servizi finanziari trainando il comparto regtech e le wealthtech, abilitate dall’intelligenza artificiale, rivoluzioneranno il settore del Wealth & Asset Management.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Eterogeneo, di piccole dimensioni, con capitali ridotti, ma anche con un alto potenziale di crescita a supporto dell’economia reale. È questo il quadro del settore fintech in Italia che emerge dal rapporto di EY e Fintech District presentato oggi in occasione del primo Italian Insurtech Summit. L’innovazione in ambito finanziario sta conquistando sempre più la fiducia dei consumatori: sebbene gli italiani vedano ancora gli operatori tradizionali come primo punto di contatto – il 55% si rivolge prima alla banca o alla compagnia assicurativa tradizionale -, il tasso di adozione delle soluzioni fintech è in forte crescita: +51% nel 2019 secondo l’EY FinTech adoption index. Anche il numero delle fintech è in costante crescita: nel 2011 se ne contavano 11, per arrivare a 199 nel 2015. Nel 2020 se ne contano 345, per la maggior parte concentrate in Lombardia (169), caratterizzate da una forte presenza nel crowdfunding (71), seguito dalle startup che si occupano di data analytics, machine learning e artificial intelligence (35), da quelle che offrono pagamenti smart (34) e servizi di lending (30).
Il valore medio degli investimenti raccolti da ciascuna startup si attesta sui 700mila euro, con il 95% che arriva a una post-money valuation superiore a 1 milione di euro. In effetti gli investimenti sono in netto ritardo rispetto ad altri Paesi: nel 2019 l’Italia ha attirato solo il 2% del capitale totale investito in fintech in Europa, rispetto al 50% del Regno Unito e al 19% della Germania. Di recente, sottolinea l’analisi, il gap ha iniziato a ridursi: i finanziamenti alle startup fintech sono cresciuti a un Cagr di oltre il 60% dal 2016 al 2019, che ha registrato il record dei 261 milioni di euro. Quest’anno «l’ecosistema fintech italiano ha mostrato importanti segnali di resilienza, anche da un punto di vista di accesso a nuove fonti di finanziamento: in particolare, le principali attività di fundraising nell’arco dei primi 8 mesi del 2020 hanno raggiunto la cifra di 90 milioni di euro». Sebbene il trend sia positivo, i numeri continuano a mostrare un’alta concentrazione degli investimenti a favore di poche startup.
D’altra parte l’intero sistema economico nazionale ha da guadagnare dallo sviluppo dell’innovazione in ambito fintech e della coesistenza con gli attori tradizionali. A partire dalle Pmi che, secondo l’analisi EY-Fintech District, richiedono sempre più servizi flessibili ed efficienti da parte delle banche, facendo leva sull’offerta delle fintech, mentre cybersecurity e cyber insurance diventeranno sempre più prioritarie a causa delle sfide e delle criticità legate alla trasformazione digitale. Tra gli altri trend la compliance continuerà a svolgere un ruolo primario nei servizi finanziari trainando il comparto regtech e le wealthtech, abilitate dall’intelligenza artificiale, rivoluzioneranno il settore del Wealth & Asset Management.
Fonte: Il Sole 24 Ore